2.1.1.3 Dischi microsolco (“LP” “Vinili”)

Dalla fine del 1940 in poi fu utilizzato un nuovo materiale per la duplicazione dei dischi: venne introdotto un co-polimero di cloruro di polivinile (PVC) e acetato di polivinile (PVA) per due nuovi e differenti formati. La casa discografica RCA lanciò un disco da sette pollici (17 cm) che girava a 45 1/min con una durata media di tre minuti per parte, un’evoluzione del vecchio formato del disco in gommalacca. La casa discografica Columbia realizzò l’LP da dieci pollici (25 cm), seguito più tardi dal dodici pollici (30 cm), ciascuno dei quali girava ad una velocità di 33⅓ 1/min. I tempi medi di riproduzione sono rispettivamente di 15 e 25 minuti per lato. Questo nuovo materiale, con la sua struttura quasi amorfa, consentì una migliore rappresentazione meccanica del segnale, permettendo solchi più stretti, velocità più basse e, quindi, la possibilità di una riproduzione più lunga in termini di tempo. La struttura amorfa di questa plastica produceva minori disturbi di superficie rispetto ai dischi in gommalacca.

Il co-polimero PVC/PVA, colloquialmente definito vinile, è chimicamente molto stabile. Fatta eccezione per alcuni rari dischi della prima fase di produzione, solitamente un disco in vinile è chimicamente in buono stato. Il materiale è relativamente morbido, però, e quindi vulnerabile ai danni da graffi o abrasioni.

Agli inizi della produzione di dischi a microsolco, un esiguo numero fu prodotto mediante stampaggio ad iniezione utilizzando lo stirene (o stirolo). Questi dischi possono essere identificati per il peso esiguo e per avere una superficie relativamente opaca rispetto a quella lucida dei vinili. Nella riproduzione, hanno un più alto livello di fruscio della superficie rispetto agli altri vinili. Su questo tipo di LP non sono stati osservati particolari problemi di stabilità.