2.2.2 Dischi rigidi (Hard Disk drives – HDD)

I dischi rigidi (generalmente chiamati hard disk drives o HDDs) sono stati sviluppati a partire dalla metà degli anni ’50 come strumenti di archiviazione informatica. Il prototipo dell’odierno disco rigido fu il “Winchester” sviluppato nel 1973. Dalla metà degli anni ’80, lo sviluppo tecnologico ha portato ad un progressivo miglioramento dell’efficienza con una diminuzione dei costi, ciò che ha reso l’HDD il principale spazio di archiviazione, sia per i computer ad uso privato che per i sistemi di archiviazione di massa. Questo sviluppo ha portato anche ad un calo nell’utilizzo dei dischi ottici registrabili come dispositivi di archiviazione dopo la grande popolarità che questi stessi dischi hanno avuto tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000.

2.2.2.1 Principi di registrazione e componenti. Il disco rigido consiste di uno o più piatti o dischi rotanti, di solito in alluminio, vetro o ceramica, ricoperti di un sottile (10-20 nm) strato ferromagnetico,  montati su un perno. Quando vengono utilizzati, gli attuali dischi girano ad una velocità che va tra i 4,200 e i 15,000 1/min. Una testina magnetica ( di solito una, talvolta numerose ) per ciascun piatto, scrive e legge le informazioni dello strato magnetico.

La testina viene montata su un braccio motorizzato, che consente un facile accesso ad ogni parte del disco. Per consentire la maggiore prossimità al disco possibile, ed evitare il danneggiamento dello strato magnetico, la testina magnetica è stata progettata con una forma aerodinamica che le consenta di muoversi su di un cuscino pneumatico che la mantiene in aria (o in altri gas) lontana dalla superficie. La testina “vola” ad una distanza di frazioni di nanometro (poche molecole di gas di profondità) dalla superficie del disco in modo da assicurare la lettura di segnali con lunghezza d’onda corta. Questa distanza è importante per evitare pericolosi incidenti causati dall’impatto della testina sulla superficie del disco. Gli HDD, quindi, non devono essere esposti a shock meccanici durante le operazioni.

Fino a tempi recenti, la registrazione longitudinale, comparabile con la registrazione su nastri magnetici convenzionali, era lo standard. Dal 2005, è stata introdotta la registrazione perpendicolare che consente una densità di dati tre volte superiore o più rispetto alla registrazione longitudinale convenzionale.

I piatti in origine ruotavano in aria, ma nei dischi moderni sono anche inseriti in una atmosfera di elio. Il disco è sigillato, in modo da proteggerlo dall’intrusione di particelle di polvere. Anche la temperatura costituisce un fattore critico: i produttori stimano in 40-55°C la massima temperatura perché il disco possa operare in sicurezza.

2.2.2.2 Dimensioni del disco. Oggi, le dimensioni più diffuse del disco rigido sono 3.5 e 2.5 pollici. I dischi più piccoli, sviluppati per computer portatili ultraleggeri, stanno scomparendo, pur non essendo ancora obsoleti, e sono stati sostituiti da dischi a stato solido (SSD).

2.2.2.3 Aspettativa di vita. L’aspettativa di vita (LE Life Expectancy) dei dischi rigidi è spesso indicata come “Mean Time Between (to) Failure” (MTBF o MTTF) (Tempo medio fra i guasti) che per i prodotti più recenti è stimata essere tra 1 e 1.5 milioni di ore. Comunque, tali cifre sono estrapolate da test di laboratorio e nulla dicono sulla reale aspettativa di vita di un dato supporto. Un sistema più realistico di misurazione del grado di deperimento di un disco è l’AFR o Tasso di Fallimento Annualizzato, che determina la probabilità del deperimento stesso, espressa come percentuale dei dischi risultati guasti o difettosi considerati tra un largo numero di unità e messi in relazione alla loro vita media. I valori standard rilevati risultano inferiori al 10% per i primi cinque anni. Tuttavia, nessuno di questi valori consente una significativa previsione della attuale aspettativa di vita di un dato disco singolo. Gli avvisi di pre-guasto segnalati con la tecnica SMART sono, però, fortemente indicativi di possibili guasti futuri se adeguatamente monitorati.

Un fattore chiave è dato dall’effettiva vita commerciale di un disco rigido residente in ambiente server, più precisamente dal suo stato di efficienza inteso in termini economici. Normalmente, i dischi rigidi vengono utilizzati per un periodo di tempo che va dai tre ai sette anni.

I dibattiti sullo stoccaggio degli HDD per periodi più lunghi (diversi decenni) non hanno portato a nessun risultato conclusivo.

Per sintetizzare, un singolo disco rigido è un supporto dati per sua natura inaffidabile. Conservare (o archiviare) più copie di ciascun file in un sistema di archiviazione di massa ben gestito, costituito da numerosi dischi rigidi con protocolli di autocontrollo e autoriparazione, rappresenta un metodo di archiviazione a lungo termine efficiente e sicuro (IASA-TC0 4.6.3.14-21)