2.3.1 Il principio di registrazione

2.3.1 Il principio di registrazione. In questo caso non funziona come per i supporti fotografici, che lavorano mediante l’assorbimento di una certa quantità di luce. I dischi ottici si basano sulla creazione di tracce di dimensioni microscopiche che cambiano il riflesso di un raggio laser, permettendo in questa maniera il recupero del segnale registrato.

L’antenato dei dischi ottici è stato il Laser Vision Disc, che venne sviluppato per segnali video analogici verso la fine degli anni ’70. I parametri tecnologici e di formato, ma non la dimensione, furono soppiantati dal Compact Disc che fu immesso sul mercato nel 1982 per la distribuzione di massa di audio in formato digitale (CD-A, definito come Red book standard). Si scoprì presto che, oltre all’audio, i CD potevano essere un mezzo ideale per la diffusione dei dati in generale, come i testi, la grafica e i film, ciò che diede vita nel 1985 al CD di dati i (CD-ROM14, Yellow book standard). Nel 1987 seguì il CD interattivo (CD-I, Green book). Dal 1991 vennero sviluppati i CD registrabili (CD-Rs, Orange book standard) e quelli riscrivibili (CD-RW, sempre Orange book standard). Infine, nel 1993 fu definito un CD video standard (CD-V o VCD, White book standard), che ha avuto molto successo nell’Asia orientale.

Allo scopo di accrescere la capacità dei dischi ottici, soprattutto per renderli adatti all’archiviazione dei film, nel 1995 fu introdotto il DVD (Digital Versatile o Video Disc), utilizzando gli stessi principi di registrazione validi per i CD. Riducendo la lunghezza d’onda del laser e di conseguenza la dimensione della traccia, la capacità di archiviazione fu incrementata di un fattore di 7 per ogni strato del DVD. Dal 2005/2006, la capacità di archiviazione fu accresciuta ulteriormente per consentire ai dischi ottici di archiviare i segnali HDTV. Dei due formati in competizione, l’HD DVD e il disco Blu-ray (BD), il Blu-ray alla fine ebbe la meglio, mentre l’HD DVD venne sospeso. Il Blu-ray utilizza laser ad onda corta (“blu-violet-laser”), il che consente un miglioramento nella riduzione della rappresentazione del segnale e quindi un incremento della densità dei dati.

Infine, in questo contesto dovrebbero essere menzionati i dischi magneto-ottici (MOD). Utilizzati inizialmente in informatica per archiviare dati, hanno man mano perso la loro importanza in seguito al forte accrescimento della capacità di archiviazione dei dischi rigidi (HDD) ad un prezzo sempre inferiore. Nel mercato del consumo, comunque, hanno ottenuto la loro popolarità nella forma dei MiniDisc (MD) riscrivibili.

2.3.1.1 CD, DVD e BD (-ROM) replicati industrialmente. Questi dischi sono costituiti da un corpo trasparente in policarbonato, spesso 1.2 mm, replicati mediante stampaggio ad iniezione, utilizzando uno “Stamper” in metallo negativo. La superficie superiore del disco ha una traccia a spirale fatta di “pits” (i fori che costituiscono le zone stampate) e “lands” (gli spazi fra i fori che costituiscono le zone non stampate) di diverse lunghezze. La superficie “forata” è ricoperta da uno strato di alluminio riflettente, a sua volta ricoperto da una lacca protettiva. Questa superficie presenta anche l’etichetta che reca le informazioni sui contenuti. Un laser legge le informazioni contenute sulla superficie metallica: si concentra in modo tale da colpire le zone stampate e le zone non stampate che formano la traccia. La profondità dei fori è pari a ¼ della lunghezza d’onda del laser, ciò impone una modifica del riflesso del raggio laser mentre passa tra le zone stampate e quelle non stampate. I cambiamenti si rappresentano con l’1 mentre nessun cambiamento si rappresenta con lo 0.


Figura 15: La partizione di un CD-ROM; numeri in mm.


Figura 16: Struttura stratificata e principio di lettura di un CD-ROM.

I DVD hanno tracce più strette e lunghezze di pit/land ridotte rispetto ai CD: utilizzano un laser con una minore lunghezza d’onda. Lo strato base del disco è spesso 0.6 mm. Con i DVD a lato singolo, un secondo strato di carbonato vuoto è incollato allo strato che trasporta le informazioni. Con i dischi a lato doppio, è presente un ulteriore strato che contiene le informazioni. Inoltre, è possibile aggiungere un livello aggiuntivo semi-trasparente (doppio strato) ad ogni lato del disco. Questo consente di avere due strati leggibili per ogni lato, quadruplicando quasi la capacità di archiviazione.


Figura 17: Strutture stratificate dei DVD.

I dischi Blu-ray (BD) replicati industrialmente consistono di due corpi laminati in policarbonato di differente spessore. Il più in basso e sottile porta la traccia pit-land sulla propria superficie superiore ricoperta da uno strato riflettente. La traccia è più stretta di quelle dei DVD o dei CD. Il corpo superiore, più spesso in policarbonato, presenta l’etichetta sulla superficie. A differenza dei DVD, non esistono dischi a doppio lato, ma sono disponibili i BD a doppio strato.


Figura 18: Struttura stratificata di un disco Blu-ray.


Figura 19: Punti di messa a fuoco di CD, DVD e BD.

2.3.1.2 Dischi ottici registrabili (“Dye Discs”, CD-Rs, DVD-Rs, BD-Rs). Lo strato che contiene le  informazioni consiste in un solco sulla superficie superiore del corpo in policarbonato contenente uno strato di colorante organico. La registrazione avviene mediante l’utilizzo di un laser con una capacità energetica decisamente maggiore rispetto a quella del laser di lettura, che scalda (“brucia”) il pigmento. Mediante questo processo, viene creata una sequenza di punti bruciati e non. Il passaggio tra le aree bruciate e non, viene riconosciuto dal laser di lettura proprio come avviene per il riconoscimento dei pits e lands dei dischi ROM replicati. Gli strati riflettenti sono in oro, argento, o in lega d’argento.


Figura 20: Stampaggio ad iniezione di pits e lands (a sinistra) contro i loro equivalenti bruciati (al centro e a destra) nei CD-Rs (Jean-Marc Fontaine).

2.3.1.3 Dischi ottici riscrivibili (CD-RW, DVD-RW, BD-RW). Lo strato delle informazioni è composto da una lega di metallo a cambiamento di fase. La registrazione avviene mediante un lettore laser che surriscaldando lo strato in lega di metallo in un punto preciso, lo induce ad un cambiamento di fase che passa da cristallina ad amorfa e viceversa, controllato dall’elevata temperatura del laser di scrittura. Gli strati dielettrici su entrambi i lati della superficie in lega di metallo causano un rapido raffreddamento; i punti riscaldati mantengono il cambiamento di fase dopo il raffreddamento. I punti dello strato amorfi riflettono la luce del laser di lettura con una intensità inferiore rispetto alle aree cristalline consentendo il riconoscimento del passaggio tra i due stati. I dati possono essere cancellati e riscritti per un numero limitato di volte (fino a 1000 volte).

2.3.1.4 Dischi magneto-ottici (MOD o Magneto-optical disc). Lo strato di informazioni è magnetico mentre i processi di registrazione e di lettura sono ottici. La registrazione si ottiene mediante il riscaldamento dello strato magnetico di informazioni con un raggio laser oltre il suo punto di Curie (3.2.1.5), che consente un ri-orientamento magnetico applicando un campo magnetico molto basso. Il processo di riproduzione utilizza l’effetto Kerr (vedi anche 2.2.1), mediante il quale l’orientamento magnetico dello strato di informazioni produce differenti angoli di riflesso del laser di lettura. In realtà i supporti magnetici, per la gestione e l’archiviazione dei dischi magneto-ottici, vengono raggruppati assieme ai dischi ottici veri e propri, data la loro struttura molto simile.

I dischi magneto-ottici (più comunemente chiamati dischi) venivano utilizzati in ambito professionale per il back-up e il trasferimento dei dati negli anni ’90.

Ne esistevano di differenti dimensioni (90 e 130 mm) e di diverse capacità di archiviazione, ed erano contenuti in una cassetta in modo da proteggerli da danneggiamenti meccanici e/o da agenti esterni. Con lo sviluppo dei dischi rigidi (HDD, 2.2.2) e l’accrescimento delle loro capacità di archiviazione ad un prezzo sempre inferiore, i dischi magneto-ottici hanno perso man mano la loro importanza.

2.3.1.5 MiniDisc (MD). Il MiniDisc fu introdotto nel 1992 come sostituto della cassetta analogica. Ebbe una grande popolarità per oltre un decennio, per poi scomparire negli anni 2000. Fu prodotto in due versioni: come disco magneto-ottico (2.3.1.4) per la registrazione, e come disco replicato per contenuti pre-registrati, tecnicamente simile ad un CD-ROM. I MiniDisc misurano 2.5 pollici (64 mm) di diametro e sono conservati in una cassetta, cosa che li rende relativamente resistenti ai danneggiamenti meccanici e agli agenti esterni. Per la loro riproduzione, vedi IASA-TC 04, 5.6.10.


14. Per la terminologia della classificazione dei dischi ottici, questa pubblicazione segue i recenti sviluppi: in origine i CD non destinati all’audio vennero chiamati CD-ROM (ROM= Read Only Memory). Con l’avvento dei CD registrabili e riscrivibili, questa terminologia divenne incompatibile. In recenti pubblicazioni i dischi ottici vengono suddivisi in –ROM (duplicato), -R (registrabili) e –RW o –RAM (riscrivibili). Tutte e tre le tipologie possono contenere audio, video o general data.