Gestione e archiviazione dei supporti audio e video

TC05 IASA

This is the Italiano web edition of IASA-TC 05, Gestione e archiviazione dei supporti audio e video. It is also available in other languages - please see IASA Special and Technical Publications 

Recommended citation style:
IASA Comitato Technico, Gestione e archiviazione dei supporti audio e video, edited by Dietrich Schüller and Albrecht Häfner. Italian translation, 2016. (= Standard, Pratiche raccomandate e Strategie, IASA-TC 05). www.iasa-web.org/tc05-it/gestione-e-archiviazione-dei-supporti-audio-e-v...

Table of contents:

Publication Information

Comitato Tecnico
Standard, Pratiche raccomandate e Strategie

Gestione e archiviazione dei supporti audio e video
IASA-TC 05

A cura di Dietrich Schüller e Albrecht Häfner

Autori contributori
George Boston, Kevin Bradley, Mike Casey, Stefano S. Cavaglieri, Jean-Marc
Fontaine, Lars Gaustad, Albrecht Häfner, Stig-Lennard Molneryd, Richard Ranft,
Dietrich Schüller, e Nadja Wallaszkovits

Autori ospiti
Friedrich Engel, Patrick Feaster e Sebastian Gabler

Rivisitazione a cura di IASA Technical Committee (TC)

Traduzione a cura di : Monica Rina Gherardelli, Margherita Sechi, Gabriele Di Matteo, e
Diego Trigilia.

Pubblicato dalla International Association of Sound and Audiovisual Archives
Handling and Storage of Audio and Video Carriers (IASA-TC 05)
A cura di Dietrich Schüller e Albrecht Häfner
1a Edizione 2014

Questa pubblicazione fornisce una guida per gli archivisti audiovisivi per un approccio professionale alla gestione e all’archiviazione dei supporti audio e video

Include riferimenti bibliografici e indice
ISBN 978-0-9930690-0-0
Copyright: International Association of Sound and Audiovisual Archives (IASA) 2014 Design di smallgoodthing, UK
Stampato da Bellsway Print, UK

La traduzione è proibita senza l'autorizzazione del comitato esecutivo di IASA
e può essere effettuata solo in conformità con le sue linee guida e politiche,
la traduzione delle linee guida per le pubblicazioni, le linee guida per
la traduzione di pubblicazioni IASA e il workflow per le traduzioni
(http://www.iasa-web.org/translation-publications-guidelines)

L'Associazione Internazionale degli Archivi Sonori e Audiovisivi
è una società a responsabilità limitata nel Regno Unito.
Indirizzo dell’ufficio registrato:
Kemp House 152, City Road, London EC1V 2NX

1 Introduzione

1.1 Dalla conservazione dei supporti alla tutela dei contenuti

Un sostanziale cambio di strategia nella conservazione dei supporti di memorizzazione audiovisivi ha avuto luogo già 25 anni fa. Fino a quel momento, la conservazione dei materiali audio e video aveva seguito il modello tradizionale, valido ancora oggi per gli archivi di documenti di testo e per i musei nel mondo: Salvaguardare gli oggetti in loro custodia.

Verso il 1990 gli archivisti di materiale audio cominciarono a realizzare che, seguire i modelli tradizionali di conservazione, non sarebbe stato sufficiente. Cominciava a mostrarsi – ed è questo il tema della presente pubblicazione - la vulnerabilità dei supporti audio e video. La maggior parte di essi è in pessimo stato di conservazione, se comparata alla grande maggioranza di documenti di testo. Inoltre, trattandosi di documenti che necessitano di apparecchiature per la loro riproduzione, la funzionalità e disponibilità delle relative macchine è importante tanto quanto l’integrità dei supporti.

Da quel momento, cominciò a risultare evidente che le tecnologie digitali e la velocità di sviluppo dell’innovazione tecnologica stavano portando alla creazione smisurata di nuovi formati, con un ciclo di vita ancora più breve. Questa realtà pose gli archivisti di fronte alla ulteriore sfida di conservare gli apparati necessari alla riproduzione dei diversi formati in condizioni di operabilità il più a lungo possibile.

Quanto detto determinò un cambio di paradigma: Salvaguardare il contenuto, non il supporto originale, divenne il nuovo mantra.

Questo obiettivo viene raggiunto trasferendo i contenuti da una piattaforma di preservazione ad un’altra. Per evitare una perdita dei dati, la copia dovrà essere effettuata in ambito digitale. I contenuti analogici devono, quindi, essere digitalizzati e convertiti in file. Questi verranno immagazzinati come un qualsiasi file informatico in archivi digitali adeguati.

Anche se in principio questo nuovo sistema di lavoro non fu accolto senza polemiche, fu largamente adottato per l’archiviazione dei materiali audio a partire dal 1990 e fu ben presto accolto anche dagli archivisti di materiali video. Contemporaneamente, vista la globale trasformazione nell’ambito della proiezione cinematografica dall’analogico al digitale e l’abbandono della produzione di film in analogico da parte dell’industria cinematografica, questo principio viene ormai adottato ampiamente anche nella conservazione delle pellicole.

1.2 Il ruolo di IASA

I membri di IASA sono stati tra i principali protagonisti di questo processo, e IASA come organizzazione ha sempre fornito una piattaforma di scambio a favore di questo sviluppo. Di conseguenza, questo nuovo principio è stato scelto come standard dal Comitato Tecnico di IASA ne “La Salvaguardia del Patrimonio Audio: Etica, Principi e Strategie di preservazione”, colloquialmente noto come IASA-TC 03. Questa pubblicazione è ora alla sua terza edizione ed è disponibile in otto lingue. Il messaggio, in sintesi, è:

La salvaguardia a lungo termine del materiale audio (e implicitamente anche di quello video) può essere ottenuta solamente convertendo i contenuti in file, e conservando questi file come ogni altro dato informatico

In seguito alla definizione di questo principio, nel 2004 IASA ha pubblicato IASA-TC 04, Produzione e Preservazione degli Oggetti Audio Digitali, e sta preparando IASA-TC 06, Produzione e Preservazione degli Oggetti Video Digitali.

Ulteriori informazioni sulle succitate pubblicazioni possono essere trovate visitando il sito web di IASA al link http://www.iasa-web.org/iasa-publications.

1.3 La ragion d’essere di questa pubblicazione

Perché la IASA pubblica ora questo documento, alla fine dell’era dei tradizionali supporti audiovisivi?
È vero che una parte considerevole delle collezioni mondiali di materiale audio video1 – tipicamente quelle possedute dalle televisioni e dagli archivi nazionali dei paesi benestanti – è già stata digitalizzata, o è sulla via di una digitalizzazione per la salvaguardia a lungo termine. Tuttavia, nonostante la nuova metodologia nella conservazione a lungo termine sia stata universalmente accettata dalla fine del XX secolo, una notevole parte del patrimonio audiovisivo risulta ancora conservata sui supporti originali. La ragione principale è da individuare nella mancanza di fondi. Manca inoltre un senso di urgenza nell’opera di completamento della digitalizzazione dei contenuti.

La finestra temporale in cui poter completare il processo di digitalizzazione prima che i macchinari in buono stato di manutenzione, necessari per la riproduzione dei formati tradizionali, non risultino essere più utilizzabili, si sta riducendo esponenzialmente. Oggi questa finestra sembra coprire un arco temporale che va dai 10 ai 15 anni2, il che rende imperativo creare le condizioni ottimali di archiviazione. Ciò è particolarmente importante per gli archivi situati in zone climaticamente calde e umide. Il proposito di questa pubblicazione è di assistere gli interessati nell’ottimizzazione delle condizioni di archiviazione nell’attesa che una seria opera di digitalizzazione possa essere finanziata e intrapresa.

Inoltre, il miglioramento delle aspettative di vita consente all’archivio di seguire le raccomandazioni contenute in IASA-TC 03 riguardo alla necessità di conservare gli originali nella maniera migliore anche dopo la digitalizzazione, nella speranza che l’evoluzione tecnologica permetta in futuro la creazione di copie più fedeli all’originale.

In nessun caso, comunque, queste linee guida devono essere intese come una soluzione definitiva. È pericoloso presumere che i sistemi di conservazione convenzionali (preservazione passiva) possano essere adottati per ottemperare ad una preservazione a lungo termine, ad esempio, di una collezione di supporti di diversa natura. Inevitabilmente, il deterioramento progredirebbe e in ultima analisi limiterebbe le possibilità di recuperare i materiali conservati. Una minaccia ancor più grande è rappresentata dalla crescente difficoltà a reperire macchinari di riproduzione funzionanti e pezzi di ricambio per mantenere le macchine operative. Per diversi formati su nastro, la scarsa disponibilità di apparati di riproduzione costituisce un problema reale. Prima o poi, anche il supporto meglio conservato diventerà irriproducibile. L’attuazione della preservazione attiva secondo i suggerimenti di IASA-TC 03 e IASA-TC 04 è dunque imperativa.


1.    Le collezioni mondiali di materiale audio video sono state approssimativamente stimate in 200 milioni di ore. Questa stima, in verità, include un certo numero di copie.
2.    In media, per i documenti conservati su supporti magnetici la finestra sembra ancora più ridotta, per i supporti meccanici e ottici è probabilmente più ampia

 

1.4 Contenuto, organizzazione, bibliografia e citazioni

TC 05 sviluppa le misure necessarie per ottimizzare le condizioni per la conservazione dell’integrità fisica e chimica dei supporti tradizionali, audio e video. Pone l’attenzione su quei supporti frutto dei sistemi di registrazione più diffusi presenti sul mercato, e che costituiscono il 99% (o più) di tutte le collezioni audio e video. Non si tratta di un manuale sui sistemi di registrazione audiovisivi. Per questa ragione, non si occupa dell’ampia varietà di dischi audio acetati, o di sistemi di registrazione raramente utilizzati come il filo magnetico e il nastro d’acciaio Philips-Miller, Selenophone, ecc., e dischi video meccanici come i TED (Television Electronic Disc). Vengono però sufficientemente approfonditi i principali sistemi di registrazione, allo scopo di assicurare una comprensione di base delle specifiche funzioni e caratteristiche dei supporti: come e perché la gestione e l’archiviazione possano influenzare negativamente o positivamente la loro integrità chimica e fisica, e quale influenza possano avere i processi di danneggiamento e/o deterioramento sul recupero del contenuto.

TC 05 non è un mero compendio di regole su cosa fare e non fare. Le misure ottimali di conservazione derivano sempre da un compromesso tra diversi parametri, spesso in contraddizione tra loro, imposti dalle caratteristiche individuali di una collezione in termini di condizioni climatiche, locali a disposizione, personale e situazione finanziaria. Non potrà essere dato nessun valido consiglio che possa valere univocamente per ogni differente situazione.

TC 05 spiega i principali problemi e offre una base d’azione partendo dalla quale ogni archivista possa prendere una decisione responsabile tenendo conto della propria specifica situazione. Dato che ogni valore indicato è frutto di un compromesso, sarà preferibile, ad esempio in relazione alle condizioni climatiche, considerare un intervallo di valori piuttosto che riferirsi ai precisi valori ivi proposti che rischiano di generare scelte erronee e compromettere il risultato finale. Questa è anche la ragione per cui TC 05 non fornisce un generale “codice di azione”, dato che difficilmente si adatterebbe alla diversità delle strutture, dei contenuti, dei compiti, delle condizioni finanziarie ed ambientali delle singole collezioni. Comunque, gli archivi sono fortemente incoraggiati a sviluppare e codificare, nei limiti dei propri vincoli fisici e chimici, le proprie regole di procedura3.

Questo insieme di linee guida è sostanzialmente diviso in due parti principali. La prima parte (Sezione 2), illustra i principali tipi di supporti audio e video, la loro composizione e i loro principi di registrazione, la stabilità fisica e chimica e il deterioramento causato da una loro normale riproduzione.

La seconda parte (Sezioni 3-5), consiglia le migliori pratiche di conservazione passiva attraverso un’attenta gestione e adeguate condizioni di archiviazione e trasporto.

Va sottolineato, infine, che il lavaggio e il restauro dei supporti non vengono trattati in questa pubblicazione. Questi aspetti riguardano il recupero del contenuto e sono approfonditi nel capitolo 5 del IASA-TC 04.

La bibliografia elenca libri e articoli, incluse informazioni di carattere elettronico, considerati i più significativi della letteratura sulla preservazione dell’audiovisivo. In generale, per le informazioni e i consigli contenuti in questa pubblicazione che si basino su una comune e indiscussa conoscenza, le fonti non sono specificamente citate. Vengono invece citate le fonti di ciò che nel tempo abbia portato a formulare nuove linee guida o a modificare in alcune parti le raccomandazioni già precedentemente formulate. Va inoltre  sottolineato che questo libro contiene anche informazioni di prima mano: osservazioni e valutazioni basate sulle esperienze che l’autore ha raccolto in decenni di lavoro.

Essendo dedicata alla gestione e archiviazione del materiale audio e video, in questa guida non si discuterà delle differenze e discrepanze tra le pubblicazioni relative alla composizione e/o al deterioramento dei materiali.

I riferimenti incrociati con il IASA-TC 04 si riferiscono alla seconda edizione (2009) di queste linee guida.


3. Il British Library National Sound Archive Code Principles può essere utile come esempio strutturale. In A- Ward 1990, appendice I.

1.5 Responsabilità

Questa è una pubblicazione della serie prodotta dal Comitato Tecnico di IASA: Standard, Pratiche raccomandate e Strategie.

Gli autori che hanno contribuito sono i seguenti membri del TC:

George Boston
Kevin Bradley
Mike Casey
Stefano S. Cavaglieri
Jean Marc Fontaine
Lars Gaustad
Albrecht Häfner
Stig-Lennard Molneryd
Richard Ranft
Dietrich Schüller
Nadja Wallaszkovits

e gli autori ospiti:

Friedrich Engel
Patrick Feaster
Sebastian Gabler

A meno di differenti citazioni: i disegni tecnici sono ad opera di Albrecht Häfner, le fotografie di Dietrich Schüller e Nadja Wallaszkovits.

Questa pubblicazione è stata revisionata dal Comitato Tecnico di IASA.

Questo testo è stato redatto e revisionato con estrema diligenza. Rappresenta la nostra attuale conoscenza in materia e la nostra comprensione odierna dei rischi. Nonostante ciò, la grande varietà dei materiali e di concreti fattori ambientali e gestionali, potrebbe richiedere soluzioni individuali, che potranno essere agevolate dall’uso di questo testo come linea guida generale. Molti aspetti che determinano la stabilità fisica e chimica dei supporti e dei loro componenti non sono stati compresi a fondo. Per questo motivo, né gli editori o gli autori o il Comitato Tecnico di IASA, né la stessa IASA come associazione potranno essere ritenuti responsabili per qualsivoglia danno o perdita che possa essere ascritto alle raccomandazioni o consigli contenuti in questo testo.

Gli editori sarebbero grati di ricevere segnalazioni di omissioni, errori, o nuovi sviluppi o esperienze che possano servire a gettare nuova luce sui consigli formulati nel testo.

La revisione della lingua inglese è stata curata da George Boston. Considerando che un gran numero di destinatari di questo testo non è di lingua madre inglese, è stata privilegiata una semplicità di linguaggio. Come gli altri IASA-TC, l’ortografia segue le regole dell’inglese britannico.

Pubblicazioni coautoriali come questa, che coinvolgano professionisti attivamente impegnati nelle loro proprie attività professionali, rappresentano una sfida. Di conseguenza, il completamento di queste linee guida ha richiesto un tempo maggiore del previsto. Gli editori gradirebbero esprimere la loro gratitudine a coloro che hanno contribuito alla compilazione di questo testo, il Comitato Tecnico per la revisione effettuata e il sostegno, gli editori IASA Bertram Lyons e Richard Ranft per la loro assistenza e per l’impegno profuso per tramutare questo manoscritto nelle edizioni web e di stampa, e, infine, lo IASA Board, i membri IASA ed altri lettori per la loro pazienza nell‘attesa del completamento di questo testo.

Dietrich Schüller
Albrecht Häfner
Settembre 2014

2 Tipologie di Supporti, Principi di Registrazione, Composizione, Stabilità Fisica e Chimica, Deterioramento da Riproduzione

2.1 Supporti meccanici

2.1.1 Principi di registrazione

I supporti meccanici costituiscono il più antico tipo di supporto comunemente utilizzato per la registrazione e la riproduzione del suono. Il primo vero sistema di registrazione è stato il cilindro fonografico, inventato da Thomas Edison nel 1877 4, perfezionato e commercializzato a partire dal 1888. Concepito inizialmente come uno strumento per ufficio atto alla registrazione della dettatura delle lettere, diventò famoso tra i ricercatori come strumento didattico per la registrazione delle lingue e musiche delle diverse etnie. I cilindri venivano anche utilizzati dalle industrie fonografiche per la musica pre-registrata. Questo formato, comunque, come prodotto commerciale ebbe minor successo del grammofono a disco e, benché venisse ancora utilizzato per le registrazioni, i cilindri replicati svanirono dal mercato verso la fine del 1920. I dischi meccanici si imposero sul mercato della musica pre-registrata dagli inizi del XX secolo fino agli anni ‘80, quando furono soppiantati dal Compact Disc.

Nella registrazione del supporto meccanico, il suono, che è una funzione della variazione della pressione dell’aria, è tradotto nei movimenti di una puntina e inciso sulla superficie di un mezzo rotante. Questo fu originariamente ottenuto con metodi puramente meccanici: il suono veniva catturato da una tromba acustica e muoveva una membrana che chiudeva la parte finale della tromba stessa. La membrana era collegata direttamente o tramite leve ad una puntina tagliente, che incideva i movimenti della membrana sulla superficie di un cilindro di cera o di un disco rotanti. La riproduzione del suono invertiva il processo: una puntina viene mossa dai solchi modulati e fa muovere la membrana, le cui vibrazioni vengono amplificate dalla tromba.

Dalla metà del 1920 questo processo acustico meccanico fu sostituito da un sistema elettromagnetico in cui il suono veniva trasformato attraverso un microfono in un segnale elettrico che muoveva una puntina guidata elettricamente. La riproduzione del suono fu inoltre migliorata da sistemi di fonorilevazione elettrici, i cui segnali amplificati sono convertiti in movimenti meccanici da una membrana in un altoparlante o in auricolari. Recentemente è stata sviluppata la riproduzione ottica senza contatto di supporti meccanici, ma nonostante ciò, e per diverse ragioni, non ha avuto un ampio riscontro. (Per il recupero del segnale dai supporti meccanici si rimanda al IASA-TC 04, sezioni 5.2 e 5.3).


4. Questo primo “fonografo a carta stagnola” del 1877-78, che registrava imprimendo dei segni su una carta stagnola temporaneamente arrotolata intorno ad un cilindro, si distingue chiaramente dal successivo “fonografo” che registrava incidendo un solco permanente su un supporto a forma cilindrica.

2.1.1.1 Cilindri

Per i cilindri, il solco viene prodotto in modo elicoidale attorno al corpo del cilindro stesso. La modulazione del segnale del suono viene incisa verticalmente (“hill and dale”).


Figura 1: Il principio di registrazione e riproduzione dei cilindri.

Esistono cilindri istantanei e cilindri duplicati. La duplicazione dei cilindri fu possibile attraverso un processo di copiatura dai master, che consentiva di creare un numero limitato di copie. Un altro procedimento fu la copiatura da un negativo galvanoplastico, un tubo di rame con sulla sua parte interna il solco invertito. Questi negativi venivano utilizzati per produrre calchi in cera o per creare tubi positivi di celluloide (nitrato di cellulosa) sotto vapore ad alta pressione. Il tubo di celluloide veniva poi stabilizzato inserendo un nucleo di gesso o di altri materiali.


Figura 2: Cilindri duplicati: cera (a sinistra), celluloide (al centro) e cera “Pathé”.


Figura 3: Cilindri auto registrati: cera, intaccata dalla muffa (a sinistra) e “Edison Concert” (a destra)

Le varie componenti delle cere utilizzate per i cilindri sono chimicamente abbastanza stabili, se conservate correttamente. La cera, comunque, è sensibile alla proliferazione dei funghi, ed essendo i cilindri nella stragrande maggioranza dei casi stati conservati inadeguatamente nel passato, la micosi da fungo è molto frequente. I funghi intaccano aggressivamente la superficie dei cilindri e sembra che puntino alla cera come alla loro primaria fonte di nutrimento. Inoltre, il processo di digestione si accompagna alla secrezione di acidi ed enzimi, che danneggiano ulteriormente la materia dei cilindri. La rimozione completa e definitiva non è possibile. La prevenzione di una ulteriore proliferazione dei funghi è, quindi, di fondamentale importanza. Anche la degenerazione chimica può verificarsi nelle medesime condizioni che favoriscono la proliferazione dei funghi. Tipicamente questa assume la forma di “infiorescenza”, che può essere scambiata per muffa, ma sembra sia dovuta ad una concreta separazione dei materiali costituenti del sapone metallico.

I cilindri di celluloide patiscono la fragilità della loro superficie fatta di nitrato di cellulosa, ma un deterioramento nocivo come quello che si verifica nelle pellicole a base di nitrato non è stato ancora sperimentato. Meccanicamente, tutti i cilindri in cera ed i nuclei in gesso dei cilindri di celluloide sono estremamente fragili.

2.1.1.2 Dischi macrosolco (dischi per grammofono)

2.1.1.2 Dischi macrosolco (dischi per grammofono). Emile Berliner inventò il grammofono nel 1887. Il solco è sistemato a spirale sulla superficie di un disco. Generalmente la modulazione dei solchi si sviluppa in orizzontale, a differenza dei cilindri su cui è verticale. Solo alcuni formati di disco (Pathé, Edison) hanno i solchi in verticale. Il grande vantaggio della forma del disco, a parte la facilità di conservazione (sistemazione in magazzino), consiste nel fatto che i negativi galvanoplastici possano essere ottenuti facilmente e utilizzati per la duplicazione mediante stampa a pressione. Dato che il numero delle stampe è limitato, il primo negativo di metallo (“padre”) serve solo come master per un positivo di metallo (“madre”), che viene utilizzato per produrre un numero illimitato di stampi metallici (“figli”), che vengono a loro volta utilizzati negli strumenti a pressione per la duplicazione dei dischi. Questo metodo, stabilito all’inizio del XX secolo, viene ancora utilizzato per i dischi a microsolco (“vinili”), e per la produzione di CD, DVD e BD duplicati.


Figura 4: Principio di registrazione dei dischi macro- e microsolco.

2.1.1.2.1 Dischi macrosolco duplicati. La maggior parte dei dischi macrosolco – i cosiddetti dischi in gommalacca – sono costituiti da polveri minerali tenute insieme con sostanze leganti, che originariamente contenevano resina di gommalacca. Questi materiali sono in genere chimicamente stabili, se conservati in condizioni di clima secco. Essi sono, nonostante ciò, fragili: quando cadono, si rompono. Oltre a questi, sono esistiti altri tipi di dischi in quantità molto più esigue che impiegavano differenti materiali. Questi erano spesso molto meno stabili, per esempio i dischi Edison Diamond, estremamente sensibili all’umidità5.

2.1.1.2.2 I dischi “istantanei” sono stati i supporti registrabili più diffusi nelle stazioni radiofoniche, prima dell’avvento dei nastri magnetici. I dischi venivano utilizzati per registrare e riprodurre i segnali senza la necessità di ricorrere al processo elettrochimico di galvanoplastica. Le loro superfici sono sufficientemente morbide da poter incidere i solchi e allo stesso tempo talmente solide da consentire un certo numero di riproduzioni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di registrazioni uniche. Se non riconoscibili nella loro evidenza, quasi tutti questi dischi sono identificabili dalle loro etichette scritte a mano o stampate.

Esistono dischi omogenei fatti di un solo materiale componente come alluminio, zinco, PVC o gelatina, come anche i dischi laminati, composti da un substrato e da un rivestimento in superficie costituito da differenti materiali che vengono incisi con la registrazione.

2.1.1.2.2.1 I dischi acetati. I tipi di dischi istantanei più diffusi sono quelli laminati: “lacche” o “acetati”. Il rivestimento in lacca, che consiste principalmente in nitrato di cellulosa, di solito plastificato con olio di ricino o con olio di canfora, contiene le informazioni. Il substrato su cui poggia lo strato che contiene le informazioni del disco è generalmente in metallo (es: alluminio o zinco); alcuni sono di vetro, cartone o carta.

I dischi acetati sono facilmente riconoscibili, essendo il materiale di base normalmente visibile tra gli strati di lacca esterni, come anche all’interno del foro centrale o sul bordo del disco (IASA-TC 04, 5.2.2.5).

Il nitrato di cellulosa è soggetto ad una costante decomposizione, reagendo con il vapore acqueo o con l’ossigeno. Questo processo produce acidi, che a causa di queste reazioni idrolitiche agiscono come catalizzatori. Temperature e livelli di umidità elevati possono accelerare ulteriormente queste reazioni. La graduale decomposizione, insieme alla perdita del plastificante, causano un progressivo infragilimento e contrazione della lacca.

Essendo il rivestimento in lacca unito ad un substrato non soggetto a contrazione, le tensioni interne si risolvono nella spaccatura del rivestimento in lacca, determinando così la perdita dello strato che contiene l’informazione sonora. L’instabilità meccanica delle basi in cartone spesso produce superfici irregolari o incrinate, mentre la fragilità delle basi in vetro spesso determina la rottura dei dischi.


Figura 5: Acetati su base metallica nel processo di deterioramento 1990 – 2001.


Figura 6: Acetati su base di cartone nel processo di deterioramento. (Stig-Lennard Molneryd)

Le tensioni interne sono difficili da rilevare. Quindi, i dischi acetati non dovrebbero essere esposti a tensioni meccaniche o termiche. Dato che la loro aspettativa di vita è imprevedibile, le registrazioni su questi dischi dovrebbero essere immediatamente trasferite su file digitali prima che vadano persi.

2.1.1.2.2.2 Altri dischi istantanei. Oltre ai dischi laccati, tutti gli altri dischi istantanei, al di là della loro specifica composizione, dovrebbero essere considerati ad alto rischio.


5. Per maggiori dettagli relativi ai primi dischi macrosolco, vedi St-Laurent 1996

2.1.1.3 Dischi microsolco (“LP” “Vinili”)

Dalla fine del 1940 in poi fu utilizzato un nuovo materiale per la duplicazione dei dischi: venne introdotto un co-polimero di cloruro di polivinile (PVC) e acetato di polivinile (PVA) per due nuovi e differenti formati. La casa discografica RCA lanciò un disco da sette pollici (17 cm) che girava a 45 1/min con una durata media di tre minuti per parte, un’evoluzione del vecchio formato del disco in gommalacca. La casa discografica Columbia realizzò l’LP da dieci pollici (25 cm), seguito più tardi dal dodici pollici (30 cm), ciascuno dei quali girava ad una velocità di 33⅓ 1/min. I tempi medi di riproduzione sono rispettivamente di 15 e 25 minuti per lato. Questo nuovo materiale, con la sua struttura quasi amorfa, consentì una migliore rappresentazione meccanica del segnale, permettendo solchi più stretti, velocità più basse e, quindi, la possibilità di una riproduzione più lunga in termini di tempo. La struttura amorfa di questa plastica produceva minori disturbi di superficie rispetto ai dischi in gommalacca.

Il co-polimero PVC/PVA, colloquialmente definito vinile, è chimicamente molto stabile. Fatta eccezione per alcuni rari dischi della prima fase di produzione, solitamente un disco in vinile è chimicamente in buono stato. Il materiale è relativamente morbido, però, e quindi vulnerabile ai danni da graffi o abrasioni.

Agli inizi della produzione di dischi a microsolco, un esiguo numero fu prodotto mediante stampaggio ad iniezione utilizzando lo stirene (o stirolo). Questi dischi possono essere identificati per il peso esiguo e per avere una superficie relativamente opaca rispetto a quella lucida dei vinili. Nella riproduzione, hanno un più alto livello di fruscio della superficie rispetto agli altri vinili. Su questo tipo di LP non sono stati osservati particolari problemi di stabilità.

2.1.2 Deterioramento da riproduzione

2.1.2.1 Suscettibilità generale. In tutti i formati meccanici, la riproduzione meccanica può in parte causare il deterioramento dei solchi. In particolar modo, i cilindri e i dischi macrosolco riprodotti con i dispositivi originali sono stati spesso danneggiati dall’elevata inerzia e dalle eccessive forze di trascinamento dei vecchi meccanismi di riproduzione. Le forme inappropriate delle puntine, l’inadeguatezza dei materiali e la scarsa funzionalità dei vecchi apparati si aggiungono ai danni materiali sopra descritti. I dischi microsolco soffrono anche della riproduzione per mezzo di apparati di bassa qualità o non adeguatamente allineati. Come risultato, la maggior parte delle registrazioni meccaniche conservate non ha mantenuto la forma del solco e la qualità del suono originali. Una scelta accurata di apparati calibrati, unita a buone conoscenze operative, però, consente la riproduzione di tutti i supporti meccanici senza ulteriore rischio di deterioramento6.

I cilindri, i primi dischi in gommalacca e tutti i dischi istantanei devono essere affidati a personale specializzato. I dischi in gommalacca dal 1930 circa in poi e i dischi microsolco possono essere riversati da uno staff qualificato adeguatamente preparato.

2.1.2.2 Allineamento e manutenzione degli apparati. Il braccio del giradischi necessita di un attento allineamento dei seguenti parametri:

  • Lunghezza effettiva del braccio del giradischi per minimizzare l’inevitabile errore dell’angolo di tracciamento tangenziale (TTA);
  • Corretto settaggio della forza d’appoggio;
  • Adeguata compensazione della forza centripeta (“anti-skate”);
  • Corretto aggiustamento dell’altezza del braccio (parallelo al disco durante la riproduzione), che assicura il corretto angolo di tracciamento verticale (VTA), (vedi IASA-TC04, 5.2.4, 5.3.4).

Per i bracci tangenziali, l’allineamento è condizionato dalla posizione della puntina e dalla forza di appoggio.

La manutenzione comprende:

  • Frequente ed accurata pulizia della puntina.
  • Occasionale pulizia del piatto e della cinghia di trasmissione.
  • Bracci tangenziali: occasionale pulizia dei binari guida.
  • Cuscinetti del piatto: occasionale lubrificazione con olio non acido a bassa viscosità.

Per la pulizia dei componenti in gomma e in plastica, può essere utilizzata solo l’acqua distillata con un delicato detergente.

Le macchine moderne per la riproduzione dei cilindri devono essere allineate e manutenute in stretta conformità alle istruzioni e ai consigli del loro costruttore.

La conservazione di diari per ogni parte dell’equipaggiamento e l’attenta documentazione di tutto il lavoro di allineamento e manutenzione sono imperativi.


6.    Persino i cilindri in cera non risentono di un basso numero di riproduzioni, se effettuate da esperti utilizzando un equipaggiamento di buona qualità, moderno e con puntine ben selezionate. La riproduzione ottica di supporti meccanici è stata sperimentata dai tecnici per decine di anni. Uno dei maggiori argomenti a favore – evitare il deterioramento del solco mediante la riproduzione meccanica – è, comunque, di valore esclusivamente teorico. Per la riproduzione ottica ed i suoi potenziali vedi IASA-TC04, 5.2.4.14)

2.1.3 Strategie di accesso alle collezioni di supporti meccanici

Data la loro tendenza al deterioramento da riproduzione, per ridurre al minimo la riproduzione dei supporti meccanici devono essere adottate alcune strategie. In epoca pre-digitale, il materiale d’archivio delle emittenti radiotelevisive e delle biblioteche nazionali veniva normalmente conservato in due copie per ciascun documento, una per il riutilizzo ed una “intoccabile” per la conservazione. Registrazioni uniche su cilindri o dischi istantanei sono state riversate su nastri magnetici di cui sono state conservate due copie – anche in questo caso, una per la conservazione e l’altra per la riproduzione. Queste strategie devono essere perseguite ed applicate fintanto che non si renda possibile la digitalizzazione per una preservazione a lungo termine. (IASA-TC 04) In alcune collezioni non ancora completamente digitalizzate, la richiesta di riutilizzo dei supporti viene spesso usata come incentivo a rendere prioritario il completamento dell’opera di digitalizzazione di quel materiale.

2.2 Supporti magnetici

Le registrazioni magnetiche sono state inventate nel XIX secolo. I dispositivi per la registrazione che utilizzavano filo di ferro o nastro di acciaio, furono utilizzati poco rispetto ai cilindri e ai grammofoni. Questa tecnologia ha cominciato ad essere utilizzata su larga scala con lo sviluppo del nastro magnetico nella sua forma moderna a partire dal 1930.

2.2.1 Principi di registrazione

Un supporto magnetico si muove sopra una testina di registrazione elettromagnetica. La testina produce un campo magnetico che varia a seconda del segnale che riceve dal registratore. Questa informazione magnetica viene “congelata” all’interno del supporto magnetico mentre oltrepassa la testina di registrazione. I segnali registrati possono essere recuperati facendo scorrere il supporto sopra la testina di riproduzione (qualche volta identica alla testina di registrazione) che cattura il campo magnetico per riconvertirlo in segnale elettrico. Con i nastri di registrazione audio analogici la testina è statica. I segnali video analogici, come anche i segnali audio e video digitali, richiedono una larghezza di banda decisamente più alta, rispetto al segnale audio analogico. Questo lo si ottiene incrementando considerevolmente la velocità di registrazione. Questo incremento di velocità però non può essere ottenuto facendo girare più velocemente il nastro, perché richiederebbe una quantità di nastro eccessiva. Il problema viene generalmente risolto mediante una testina rotante che scrive su tutta la larghezza del nastro ad alta velocità, mentre la velocità lineare del nastro è molto più lenta.

È importante comprendere che, per recuperare il segnale di un nastro nella maniera ottimale, è essenziale un contatto ravvicinato nastro-testina, che è una delle ragioni per mantenere i nastri, le macchine, così come anche gli spazi di stoccaggio e di manipolazione puliti (vedi 3.5.1 e la figura 25).

Per le specifiche della registrazione su disco rigido, vedi 2.2.2.

Utilizzando l’effetto Kerr, le informazioni magnetiche possono essere lette anche otticamente. Questo principio viene utilizzato per i supporti magneto-ottici. Viene anche utilizzato nel processo di recupero dei nastri di back-up dei computer ad alta densità. La lettura dei nastri audio registrati convenzionalmente utilizzando questo principio non si è sviluppata oltre uno stadio sperimentale.

2.2.1.1 Nastri magnetici

2.2.1.1 Nastri magnetici. Nella sua forma presente, la registrazione su nastro magnetico si è sviluppata a partire dal 1930 ad opera della AEG Telefunken ed introdotta in ambito professionale nel 1936. Fu subito utilizzata ampiamente dalla radio tedesca. A causa della seconda guerra mondiale, però, il suo utilizzo fu circoscritto alla Germania. Dopo la guerra approdò negli USA da cui venne diffusa in tutto il mondo. Tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘50 l’utilizzo di questa tecnologia di registrazione si concentrava principalmente nelle emittenti radiotelevisive e nelle industrie discografiche. Dagli inizi degli anni ‘50 in poi, però, si svilupparono i registratori portatili da casa che funzionavano ad una velocità più bassa e impiegavano il formato a 2 e 4 piste per ridurre il costo dei nastri magnetici.

Questo avvenne a spese della qualità di registrazione. Inoltre, nel corso del 1950, divenne disponibile l’equipaggiamento portatile a transistor per la registrazione, rendendo possibile la registrazione del suono ovunque nel mondo. Questo portò alla nascita esponenziale di collezioni di documenti sonori, in particolare nel campo della documentazione culturale, linguistica, antropologica ed etno-musicologica. Negli anni ’60 si svilupparono i formati in cassetta. Tra questi, la compact cassette divenne il formato dominante sul mercato, e viene ancora utilizzata.

Oltre al nastro magnetico, negli anni ’40 negli USA si svilupparono le registrazioni a filo magnetico. Ottennero una certa popolarità anche in Europa negli anni ’50 e ’60.


Figura 7: Principio di registrazione del nastro audio magnetico. In simili registrazioni “lineari”, la velocità di registrazione è la stessa della velocità del nastro.

Negli anni ’80, dopo numerosi esperimenti, fu introdotta la registrazione audio digitale su nastro magnetico. Tutti questi nuovi formati professionali e semi-professionali sono ora obsoleti. Nel 1987 fu messa sul mercato la R-DAT (Rotary head Digital Audio Tape), un formato su cassetta per la registrazione digitale, che ottenne una certa popolarità negli ambiti professionali e semi-professionali. Dal 2005 circa, comunque, anche questo formato è diventato obsoleto. Oggi tutti i formati audio magnetici specifici sono in pratica superati. La registrazione audio, la post produzione e l’archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico) con i suoi specifici supporti e formati. 

Dal 1956 in poi, il nastro magnetico fu anche utilizzato per le registrazioni video e furono sviluppati molti formati professionali su bobina che vennero utilizzati fino alla fine degli anni ’70. Furono seguiti da formati in cassetta, analogici e digitali. Per le registrazioni amatoriali casalinghe, i primi formati su bobina aperta furono disponibili a partire dal 1970 circa e, verso il 1980, le cassette in formato casalingo ebbero una vasta diffusione. Di questi, il formato VHS è sopravvissuto fino a tempi recenti. Per le piccole telecamere portatili (handy-cams), divenne popolare un sistema di cassette 8mm (Video8, VideoHi8), che ha continuato ad essere utilizzato fino agli inizi degli anni 2000. I formati casalinghi digitali furono introdotti nel 1996. Il formato Mini DV ha dominato il mercato delle telecamere portatili dagli inizi del 2000, ma è poi diventato obsoleto, superato dai sistemi di registrazione ottici, su hard disk, e su memorie a stato solido (flash card). Per gli ultimi formati rimanenti di nastri video professionali è ora in corso il medesimo sviluppo.


Figura 8: Principio della registrazione video magnetica. La grande larghezza di banda dei segnali video richiede una alta velocità di registrazione, che si ottiene facendo ruotare velocemente la testina che scrive delle tracce video ristrette sopra un nastro che si muove ad una velocità lineare molto più bassa. Questo principio di registrazione a scansione elicoidale viene utilizzato anche per i formati digitali video e R-DAT.

Quindi, nella stessa maniera della registrazione audio si è sviluppata anche quella video. Formati specifici video proprietari sono stati rimpiazzati dal formato digitale su file. Registrazione, post produzione e archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico), così com’è accaduto per i formati audio.

Alcuni formati di cassette video sono stati utilizzati esclusivamente per la registrazione audio (IASA-TC 04, 5.5.7).

Oltre a specifici formati audio e video, i supporti magnetici rappresentano il più importante mezzo di memorizzazione dati nel mondo IT. Il nastro magnetico svolge un ruolo molto importante come mezzo di backup dei computer, e gli hard disk (HDD) si sono sviluppati copiosamente nell’applicazione sia in ambito professionale che non. Questi tipi di supporto sono diventati la spina dorsale dell’archiviazione professionale digitale audio e video. Mentre questa pubblicazione si concentra sui (tradizionali) nastri audio e video, i principi base descritti valgono anche per i supporti informatici magnetici.

2.2.1.1.1. Componenti dei nastri magnetici e loro stabilità

Il nastro magnetico si compone di due strati principali: la pellicola di base e lo strato magnetico. In aggiunta, molti nastri sono rivestiti sulla parte posteriore per migliorare le proprietà di avvolgimento e per ridurre le cariche elettrostatiche.


Figura 9: Strati fisici del nastro magnetico.


Figura 10: Sezione dei diversi nastri audio magnetici. Il rivestimento posteriore può essere trovato anche sui nastri LP e DP (Friedrich Engel)

2.2.1.1.1.1. Materiali del film di base. Con lo sviluppo dei nastri magnetici, sono stati utilizzati i seguenti materiali: carta, acetilcellulosa (CA), cloruro polivinilico (PVC), poliestere (polietilene tereftalato, PET o PE), come anche polietilene naftalato (PEN).

L’acetilcellulosa venne utilizzata dalla metà degli anni ’30 fino a svanire verso gli inizi degli anni ’70. Questi nastri possono essere identificati esponendoli ad una fonte luminosa: tranne alcune eccezioni, risulteranno traslucidi.

Esistono due processi di deterioramento della CA. Uno è l’idrolisi, ampiamente conosciuta e ben documentata negli studi per la conservazione della pellicola come “sindrome acetica (vinegar syndrome) “ (3.1.1.1). L’altro processo di deterioramento consiste nella perdita del plastificante: i nastri intaccati diventano fragili.

I nastri audio in CA, generalmente, sono molto meno soggetti a questo processo di deterioramento rispetto alle pellicole in CA. La sindrome acetica sembra per certi versi rappresentare un problema generale, ma si verifica meno di frequente nei nastri audio. Mentre l’idrolisi è chiaramente legata ad alti livelli di umidità relativa, che richiede infatti uno stoccaggio ad un basso livello di umidità, in contrasto con la precedente letteratura (ad es: FIAF, 1.3, 11.2.4, 11.2.11.3) che raccomandava livelli medi di RH per prevenire la perdita di plastificante. Questa raccomandazione non viene confermata dalla più recente letteratura in materia7.

I nastri audio in CA soffrono di varie deformazioni geometriche. Partendo dalla necessità di un contatto ravvicinato tra il nastro e la testina per recuperare un segnale ottimale, diremo che tali deformazioni impediscono un simile contatto. Generalmente non può essere applicata una tensione più alta del nastro per migliorare il contatto nastro-testina, dato che i nastri si rompono a causa della aumentata fragilità.

Bisognerebbe osservare che gravi casi dei due tipi di deterioramento - idrolisi e infragilimento – si verificano soprattutto sui nastri prodotti in Germania nei primi anni ’40, e, in maniera più diffusa, sui nastri della Germania dell’Est e dell’Unione Sovietica, prodotti negli anni ‘60.

Figure 11 e 12: Tipico nastro infragilito in CA prima e dopo il condizionamento (riavvolto sulla bobina). Il nastro scivolato dal nucleo può essere salvato con l’aiuto di un “Wickelretter” (vedi 3.4.2.1 e la figura 24).

Numerosi altri nastri in CA ne sono affetti. Andrebbe osservato, comunque, che alcuni nastri in CA provenienti da altre linee produttive sono ancora in ottime condizioni di flessibilità e riproducibilità.

Un rassicurante effetto collaterale dei nastri in CA è che si rompono senza allungarsi (a differenza dei nastri in PET, vedi sotto). Questo normalmente consente di ricongiungere i pezzi del nastro senza alcuna perdita del segnale registrato.

I nastri in PVC furono prodotti soprattutto in Germania tra il 1944 e il 1972 e fino ad ora non hanno patito nessun processo di deterioramento chimico sistematico. Non essendo andati incontro ad una perdita di plastificante, mantengono la loro flessibilità. A causa del loro comportamento elettrostatico, comunque, la loro capacità di avvolgimento non è ottimale.

Essendo la maggior parte dei nastri in PVC stati prodotti in Germania, l’identificazione dei nastri professionali è semplificata dalla presenza dell’ etichetta sul retro. I nastri non professionali destinati alla grande distribuzione possono essere identificati dall’etichetta in testa se ancora presente. Significativa per tutti i nastri in PVC è la loro soffice plasticità, caratteristica che risulta ancora più pregevole se paragonati ai nastri in CA o simili ad essi.

Fatta eccezione per i primi esperimenti di registrazioni magnetiche in Germania negli anni ’30 e per un uso occasionale dopo la seconda guerra mondiale, furono prodotti solo pochi nastri a base di carta verso la fine degli anni ’40 negli USA.

I nastri in PET hanno gradualmente sostituito i nastri in CA e PVC a partire dagli anni ’50 in avanti. Da quel momento, sono stati utilizzati per qualsiasi tipo di nastro magnetico. Meccanicamente è abbastanza robusto, e fino a questo momento non è stato osservato nessun deterioramento chimico sistematico delle pellicole in PET8. A differenza dei nastri in CA, il PET si estende (si allunga o “si sfilaccia”) prima di rompersi, rendendo impossibile ogni speranza di recupero del segnale. Ciò richiede l’utilizzo di macchine di riproduzione di alta precisione e un ottimale riavvolgimento del nastro, soprattutto quando si tratta di riprodurre nastri sottili.

Lo spessore delle pellicole varia da 30 μm per i nastri audio standard a 6 μm per nastri di cassette audio e video. Le basi più sottili realizzate in CA e PVC sono per bobine aperte a doppia durata (15 μm spessore), mentre basi più sottili sono possibili con PET e PEN. Il PEN viene utilizzato per i nastri video digitali e per nastri di backup per computer.

Per ottenere un legame stabile con gli strati del pigmento e con il rivestimento posteriore, le pellicole di base sono ricoperte da sottili strati (frazioni di μm) di primer (strato di base) che viene applicato dal fabbricante stesso o durante l’applicazione dello strato magnetico.  

2.2.1.1.1.2  Pigmenti magnetici. Il primo vero pigmento magnetico utilizzato negli anni ’30 era di ferro carbonile. Venne subito rimpiazzato però da un ossido ferroso (γFe2O3), che venne utilizzato per tutti i nastri magnetici su bobina aperta, le cassette compatte del tipo IEC I ed il primo formato video (2 pollici Quadruplex). γFe2O3 è di colore ruggine e chimicamente stabile. A causa della misura dei suoi magneti basilari, però, la sua capacità di registrare l’aumentata densità di dati dovuta alla riduzione della velocità di registrazione e della larghezza del nastro risultò limitata. Per consentire lo sviluppo di nastri più piccoli capaci di gestire la larghezza di banda dei segnali video, dagli inizi degli anni ’70 venne utilizzato il diossido di cromo (CrO2). Questo rese possibile una maggiore densità di dati, una minore velocità di registrazione e nastri più stretti. Il diossido di cromo ed i suoi sostituti (cobalto stimolato Fe3O4) sono di colore grigio scuro e sono stati utilizzati principalmente per la registrazione di video analogici e per le cassette compatte del tipo IEC II. Fino a questo momento non sono state rilevate particolari criticità relative ad una instabilità chimica. Dalla metà degli anni ’70, furono prodotte le cassette a doppio strato: uno strato di ossido di ferro venne coperto con un sottile strato di CrO2. Standardizzate come tipo IEC III, queste cassette hanno migliorato il rapporto segnale-disturbo (S/N).

L’ultimo pigmento magnetico è composto di pure particelle di ferro (MP). Viene utilizzato per formati video digitali, R-DAT e cassette compatte del tipo IEC IV. A causa della sua natura chimica è potenzialmente soggetto all’ossidazione. Dopo i problemi di ossidazione delle cassette di prima produzione, sono stati sviluppati alcuni metodi per prevenire l’ossidazione. Nonostante ciò, nel medio e lungo periodo, i nastri MP così come gli ME (nastri con uno strato magnetico prodotto mediante evaporazione sottovuoto) possono considerarsi potenzialmente a rischio. I nastri MP sono di un colore simile ai nastri in cromo, però con un riflesso metallico sulla superficie.

2.2.1.1.1.2.1 Stabilità delle informazioni magnetiche. Un fattore costituente della stabilità dell’informazione magnetica è la coercitività9. Nel corso del loro sviluppo, sono stati impiegati i pigmenti magnetici con la più alta coercitività. La coercitività del ferro carbonile misura intorno ai 150 Oersted; la media dei nastri γFe2O3 è misurata tra 300 e 400 Oe; i nastri CrO2 sono tipicamente tra 600 e 700 Oe; gli MP e ME oltre i 1500 Oe. Per le cassette per la registrazione dei dati la coercitività può essere sopra 2500 Oe10.

Oltre ai campi magnetici esterni, le temperature superiori al punto di Curie (3-2-1-5) e l’azione magnetostrittiva possono destabilizzare l’orientamento magnetico.

La magnetostrizione consiste nel disorientamento dell’allineamento magnetico mediante impatti meccanici. Comunque, fatta eccezione per i primi nastri Fe3O4, questo effetto è insignificante. La magnetostrizione viene impiegata positivamente per la cancellazione dei segnali indesiderati stampati sul nastro magnetico (IASA-TC04, 5.4.13).  

Contrariamente alle paure più diffuse, le informazioni magnetiche non svaniscono con il tempo. Se prodotti, conservati e manipolati correttamente i nastri magnetici non perderanno le loro proprietà magnetiche per periodi storicamente rilevanti.

2.2.1.1.1.3  Leganti per pigmenti. I pigmenti magnetici sono polveri che hanno bisogno di essere legate tra loro e fissate sul nastro. Agli albori della produzione dei nastri a tale scopo veniva utilizzato l’acetato di cellulosa, subito seguito dai polimeri di poliuretano. I vecchi leganti in CA sono responsabili della perdita di pigmenti secchi e sono, quindi, considerati a rischio, così come generalmente i nastri in CA. La maggior parte dei nastri degli ultimi anni ’50 e degli anni ’60 non ha mostrato seri problemi di deterioramento dei leganti. I nastri degli anni ’70 e ’80, però, soffrono frequentemente di una instabilità degli strati pigmentosi. Questa instabilità si manifesta con una trasformazione degli strati pigmentosi in un sedimento colloso – generalmente noto come nastro appiccicoso o sindrome da nastro colloso (2.2.1.1.2).

2.2.1.1.1.4  Lubrificanti. I rivestimenti magnetici contengono anche lubrificanti, generalmente acidi grassi ed esteri, per ridurre al minimo la frizione tra il nastro e le testine. Il rivestimento agisce come una spugna che distribuisce il lubrificante attraverso i pori. La quantità di lubrificante è maggiore per il video rispetto all’audio a causa della maggiore velocità di scrittura e lettura. I pori e, quindi, la adeguata distribuzione del lubrificante, sono determinati dalla calandratura in fase di produzione. Alcuni lubrificanti hanno la tendenza a trasudare e cristallizzare sulla superficie del nastro, in particolar modo l’acido stearico ad una temperatura inferiore agli 8° C. Questo causa il blocco delle testine di riproduzione. Il lubrificante in eccesso può essere rimosso meccanicamente, con l’aiuto di elevate temperature. La ri-lubrificazione, come menzionato in numerosi siti web e pubblicazioni, deve essere considerata con molta cautela, essendo impossibile limitare i lubrificanti aggiunti anche per piccole quantità attualmente necessarie. Il lubrificante in eccesso diventa difficile da rimuovere dalle guide del nastro, dalle testine e dal capstan e potrebbe interferire successivamente con altri nastri riprodotti sulle stesse macchine (Schüller 2014).  

2.2.1.1.1.5 Lo strato protettivo posteriore ebbe origine in Germania per migliorare la capacità di gestire in sicurezza i nastri su nuclei senza flangia negli studi radiofonici. Lo strato protettivo posteriore assicura un confezionamento teso e sicuro del nastro senza rischi di svolgimento del nastro stesso. Dagli anni ‘70 in poi, lo strato protettivo posteriore venne applicato più diffusamente per i nastri audio e video, generalmente aggiungendo nero di carbonio per migliorare la conduttività utile a rimuovere cariche elettrostatiche che, insieme alla leggera ruvidità della superficie, migliora le proprietà di avvolgimento.


7. Molti autori, comunque, riferiscono che la riproduzione dei nastri più fragili può essere migliorata mediante la conservazione per un certo periodo in condizioni di alta umidità: il vapore temporaneamente compensa la perdita di plastificante. Recentemente sono stati sviluppati alcuni processi per rendere riproducibili i nastri fragili, ricostituendo l’elasticità in maniera permanente mediante la sostituzione del plastificante (Oesterreichische Akademie der Wissenschaften 2012, Wallaszkovits et al. 2014.

8. Un dibattito del 1990 su una teorica previsione di deterioramento, non ha trovato riscontro nella realtà.

9. La coercitività è la proprietà di un dato pigmento magnetico di resistere ai cambiamenti dell’orientamento magnetico o (ri)orientamento (cancellazione). Viene definita dal livello del campo magnetico necessario per il (ri-) orientamento, espresso in Oersted (Oe - una unità di forza del campo magnetico pari a 79.58 ampere per metro). Maggiore è la coercitività, maggiore sarà la resistenza delle informazioni magnetiche al (ri)-orientamento (o cancellazione) causato da campi magnetici esterni.

10. Nella registrazione audio analogica questi differenti valori di coercitività sono stati la ragione più importante per la necessità di adeguare la polarizzazione per i vari tipi di nastri.

2.2.1.1.2 I cosiddetti nastri appiccicosi o sindrome da nastro colloso (Sticky Shed Syndrome)

Dalla metà degli anni ’70 in poi, si sono verificati spesso casi di nastri collosi e di perdita di pigmento. Questi nastri spesso durante la riproduzione stridono a causa della frizione dovuta ai pigmenti collosi e alle particelle leganti depositate sulle guide dei nastri e sulle testine audio e video. Ciò blocca le testine e porta ad una significativa perdita delle alte frequenze (audio), o ad una completa interruzione del segnale (video).

L’idrolisi dei leganti dei pigmenti è stata la spiegazione più frequente di questi problemi. Essendo questo tipo di idrolisi parzialmente reversibile, questi nastri generalmente possono essere rimessi a nuovo per la riproduzione esponendoli ad una bassa umidità ed elevate temperature (o una combinazione delle due: per dettagli vedi IASA-TC04, 5.4.3.4).

Recenti ricerche11, però, rivelano che la collosità dei nastri può dipendere da numerose altre ragioni: trasudamento del primer, eccedenza di agenti di dispersione, trasudamento di lubrificante, e, infine, una dispersione variabile di indurente. Fatta eccezione per l’ultimo caso citato, che è irrisolvibile, può essere applicato un trattamento simile a quello dell’idrolisi dei leganti: elevate temperature12 associate ad una pulizia meccanica. Questo consentirà di produrre nastri riproducibili per una durata tale da consentire il trasferimento delle informazioni in essi contenute.


11. Schüller 2014.

12. Le temperature impiegate in tali processi variano tra i 60°C (solo per l’audio) e i 40°C. Dato che le elevate temperature possono distorcere i nastri meccanicamente, problema particolarmente serio per i nastri video, e possono avere anche una influenza negativa sulla vita futura
del nastro, attualmente si suggerisce di utilizzare le più basse temperature possibili, che siano tuttavia ancora efficaci.

2.2.1.1.3 Processo produttivo e integrità individuale di un dato nastro come fattori di stabilità

Mentre la composizione chimica costituisce una base indispensabile, il processo produttivo è considerato di importanza ancora maggiore per la stabilità del nastro: la velocità del rivestimento, la giusta dispersione dei componenti, temperatura e pressione delle calandre sono solo alcuni dei fattori che determinano la stabilità degli strati pigmentosi. Questo può portare ad una differente prestazione tra lotti dello stesso tipo di nastro, talvolta anche tra nastri appartenenti allo stesso lotto. Inoltre, l’integrità fisica della superficie del nastro gioca un ruolo importante. Apparati di riproduzione mal revisionati possono graffiare la superficie del nastro e creare accessi per agenti destabilizzanti, come l’umidità.

Le analisi chimiche risultano, quindi, di scarso valore per valutare la qualità e predire l’aspettativa di vita futura dei nastri. Inoltre: dato che la composizione e produzione dei nastri variano significativamente, i risultati della ricerca e le raccomandazioni valide per un tipo di nastro, o anche solo per un particolare lotto di nastri, non possono essere estesi anche ad altri tipi, per non parlare di tutti i nastri. In questo senso, considerare genericamente valide affermazioni e/o raccomandazioni prese da pubblicazioni basate su un campione di nastri in numero limitato e spesso non ben identificato, è altamente sconsigliabile (Schüller 2014).


Figura 13: Perdita di pigmento: deterioramento chimico o produzione mediocre.

 


Figura 14: Raro caso di perdita totale di pigmento. In questo caso si tratta generalmente di un problema di produzione

2.2.1.1.4 Deterioramento da riproduzione

A differenza dei supporti meccanici, i nastri magnetici moderni e ben conservati possono essere riprodotti centinaia di volte senza perdita di qualità quantificabile. Una condizione di base è la buona manutenzione dell’apparecchiatura di riproduzione di più recente generazione, che consente una accurata gestione dei supporti. Le macchine più datate o mal revisionate possono danneggiare gravemente, se non distruggere, un nastro in fase di riproduzione.

2.2.1.1.4.1  Allineamento e manutenzione dell’apparecchiatura (solo per la riproduzione). I lettori di nastri magnetici necessitano di un accurato allineamento dei seguenti parametri:

  • Posizione verticale, azimut, e angolo di avvolgimento della testina di riproduzione (tutte le volte che gli aggiustamenti della testina sono modificati per compensare gli errori di allineamento della testina di registrazione, è imperativo che la testina sia riallineata al suo corretto settaggio immediatamente dopo che la riproduzione è stata completata);
  • Posizione verticale delle guide del nastro, per assicurare un trasporto orizzontale del nastro ed evitare posizioni asimmetriche nelle bobine sui nuclei aperti;
  • Calibratura della tensione del nastro nella modalità di riproduzione e avvolgimento, soprattutto se devono essere riprodotti nastri in acetato di cellulosa sottili (non professionali) o fragili;
  • Calibratura degli amplificatori di riproduzione tenendo conto dello standard di velocità e di equalizzazione (la calibrazione è testina-dipendente, per cui cambiare il blocco della testina per i differenti formati di traccia richiederà la ricalibratura degli amplificatori di riproduzione, o amplificatori che possano adattarsi a differenti pre-settaggi).

La manutenzione comprende:

  • La pulizia delle testine e del percorso del nastro (la frequenza della pulizia dipende dalla abrasività dei nastri in uso. Tutte le superfici del percorso del nastro devono essere mantenute in condizioni perfette per evitare l’abrasione della superficie del nastro (2.2.1.1.3) così come per evitare irregolari fluttuazioni di velocità e per garantire un contatto morbido tra la testina e il nastro);
  • Frequente (giornaliera) smagnetizzazione delle testine e delle guide del nastro (3.7.2.1.1);
  • Controllo completo dell’allineamento e ricalibratura ogni 50-100 ore del tempo di riproduzione (non di scorrimento).

Il mantenimento di diari per ciascuna apparecchiatura e una accurata documentazione di tutto il lavoro di allineamento e manutenzione sono imperativi (IASA-TC04, 5.4.).

2.2.1.1.5 Strategia di accesso alle collezioni di nastri magnetici

Benché, contrariamente ai supporti meccanici, i nastri magnetici possono essere riprodotti numerose volte senza alcun significativo deterioramento della registrazione, purché venga utilizzato un equipaggiamento moderno e ben manutenuto, esiste statisticamente un rischio di danneggiamento dei nastri dovuto ad un imprevisto malfunzionamento degli apparecchi di riproduzione. In particolar modo, i sottili nastri su bobine aperte e tutti i formati di cassetta (LP, DP e TP) sono oggetto di questi rari ed imprevedibili eventi dannosi. Nell’era analogica, questo ha portato ad una strategia di copiatura dei nastri originali vulnerabili su nastri più solidi da studio e a produrre copie per l’ascolto delle registrazioni maggiormente richieste. Che siano stati allestiti archivi digitali o no, questa strategia è ancora valida nell’era digitale, dato che anche le prime registrazioni audio e video digitali sono estremamente vulnerabili. CD e DVD hanno dimostrato di essere i supporti ideali per le copie di consultazione (ma non per i master o per le copie destinate alla conservazione). Come per le collezioni di supporti meccanici, una richiesta di accesso al materiale può rappresentare un incentivo ad accelerarne il processo di digitalizzazione.

2.2.2 Dischi rigidi (Hard Disk drives – HDD)

I dischi rigidi (generalmente chiamati hard disk drives o HDDs) sono stati sviluppati a partire dalla metà degli anni ’50 come strumenti di archiviazione informatica. Il prototipo dell’odierno disco rigido fu il “Winchester” sviluppato nel 1973. Dalla metà degli anni ’80, lo sviluppo tecnologico ha portato ad un progressivo miglioramento dell’efficienza con una diminuzione dei costi, ciò che ha reso l’HDD il principale spazio di archiviazione, sia per i computer ad uso privato che per i sistemi di archiviazione di massa. Questo sviluppo ha portato anche ad un calo nell’utilizzo dei dischi ottici registrabili come dispositivi di archiviazione dopo la grande popolarità che questi stessi dischi hanno avuto tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000.

2.2.2.1 Principi di registrazione e componenti. Il disco rigido consiste di uno o più piatti o dischi rotanti, di solito in alluminio, vetro o ceramica, ricoperti di un sottile (10-20 nm) strato ferromagnetico,  montati su un perno. Quando vengono utilizzati, gli attuali dischi girano ad una velocità che va tra i 4,200 e i 15,000 1/min. Una testina magnetica ( di solito una, talvolta numerose ) per ciascun piatto, scrive e legge le informazioni dello strato magnetico.

La testina viene montata su un braccio motorizzato, che consente un facile accesso ad ogni parte del disco. Per consentire la maggiore prossimità al disco possibile, ed evitare il danneggiamento dello strato magnetico, la testina magnetica è stata progettata con una forma aerodinamica che le consenta di muoversi su di un cuscino pneumatico che la mantiene in aria (o in altri gas) lontana dalla superficie. La testina “vola” ad una distanza di frazioni di nanometro (poche molecole di gas di profondità) dalla superficie del disco in modo da assicurare la lettura di segnali con lunghezza d’onda corta. Questa distanza è importante per evitare pericolosi incidenti causati dall’impatto della testina sulla superficie del disco. Gli HDD, quindi, non devono essere esposti a shock meccanici durante le operazioni.

Fino a tempi recenti, la registrazione longitudinale, comparabile con la registrazione su nastri magnetici convenzionali, era lo standard. Dal 2005, è stata introdotta la registrazione perpendicolare che consente una densità di dati tre volte superiore o più rispetto alla registrazione longitudinale convenzionale.

I piatti in origine ruotavano in aria, ma nei dischi moderni sono anche inseriti in una atmosfera di elio. Il disco è sigillato, in modo da proteggerlo dall’intrusione di particelle di polvere. Anche la temperatura costituisce un fattore critico: i produttori stimano in 40-55°C la massima temperatura perché il disco possa operare in sicurezza.

2.2.2.2 Dimensioni del disco. Oggi, le dimensioni più diffuse del disco rigido sono 3.5 e 2.5 pollici. I dischi più piccoli, sviluppati per computer portatili ultraleggeri, stanno scomparendo, pur non essendo ancora obsoleti, e sono stati sostituiti da dischi a stato solido (SSD).

2.2.2.3 Aspettativa di vita. L’aspettativa di vita (LE Life Expectancy) dei dischi rigidi è spesso indicata come “Mean Time Between (to) Failure” (MTBF o MTTF) (Tempo medio fra i guasti) che per i prodotti più recenti è stimata essere tra 1 e 1.5 milioni di ore. Comunque, tali cifre sono estrapolate da test di laboratorio e nulla dicono sulla reale aspettativa di vita di un dato supporto. Un sistema più realistico di misurazione del grado di deperimento di un disco è l’AFR o Tasso di Fallimento Annualizzato, che determina la probabilità del deperimento stesso, espressa come percentuale dei dischi risultati guasti o difettosi considerati tra un largo numero di unità e messi in relazione alla loro vita media. I valori standard rilevati risultano inferiori al 10% per i primi cinque anni. Tuttavia, nessuno di questi valori consente una significativa previsione della attuale aspettativa di vita di un dato disco singolo. Gli avvisi di pre-guasto segnalati con la tecnica SMART sono, però, fortemente indicativi di possibili guasti futuri se adeguatamente monitorati.

Un fattore chiave è dato dall’effettiva vita commerciale di un disco rigido residente in ambiente server, più precisamente dal suo stato di efficienza inteso in termini economici. Normalmente, i dischi rigidi vengono utilizzati per un periodo di tempo che va dai tre ai sette anni.

I dibattiti sullo stoccaggio degli HDD per periodi più lunghi (diversi decenni) non hanno portato a nessun risultato conclusivo.

Per sintetizzare, un singolo disco rigido è un supporto dati per sua natura inaffidabile. Conservare (o archiviare) più copie di ciascun file in un sistema di archiviazione di massa ben gestito, costituito da numerosi dischi rigidi con protocolli di autocontrollo e autoriparazione, rappresenta un metodo di archiviazione a lungo termine efficiente e sicuro (IASA-TC0 4.6.3.14-21)

2.2.3 Supporti magneto-ottici (MODs)

Mentre le informazioni vengono archiviate magneticamente, la registrazione ed il processo di lettura sono ottici. Data la loro architettura molto simile a quella dei dischi ottici, i MODs vengono approfonditi nel paragrafo 2.3.1.4.

2.3 Supporti ottici

I supporti ottici rappresentano la prima formulazione dei supporti audiovisivi. Sono stati utilizzati per la rappresentazione delle immagini analogiche per più di 170 anni. Per l’archiviazione dei segnali audio e video, però, si annoverano tra i gruppi di supporti più recenti. Nonostante siano stati sviluppati formati in nastro ottico, questi non hanno mai avuto presa sul mercato. Questa è la ragione per cui i supporti ottici audio e video si limitano ai formati su disco 13.


13. Scrittura di disc vs. disk; questa pubblicazione segue l’ortografia dello IASA-TC 04, seconda edizione: dove tutti i dischi analogici ed ottici vengono trascritto come discs; i dischi magnetici invece come disk.

2.3.1 Il principio di registrazione

2.3.1 Il principio di registrazione. In questo caso non funziona come per i supporti fotografici, che lavorano mediante l’assorbimento di una certa quantità di luce. I dischi ottici si basano sulla creazione di tracce di dimensioni microscopiche che cambiano il riflesso di un raggio laser, permettendo in questa maniera il recupero del segnale registrato.

L’antenato dei dischi ottici è stato il Laser Vision Disc, che venne sviluppato per segnali video analogici verso la fine degli anni ’70. I parametri tecnologici e di formato, ma non la dimensione, furono soppiantati dal Compact Disc che fu immesso sul mercato nel 1982 per la distribuzione di massa di audio in formato digitale (CD-A, definito come Red book standard). Si scoprì presto che, oltre all’audio, i CD potevano essere un mezzo ideale per la diffusione dei dati in generale, come i testi, la grafica e i film, ciò che diede vita nel 1985 al CD di dati i (CD-ROM14, Yellow book standard). Nel 1987 seguì il CD interattivo (CD-I, Green book). Dal 1991 vennero sviluppati i CD registrabili (CD-Rs, Orange book standard) e quelli riscrivibili (CD-RW, sempre Orange book standard). Infine, nel 1993 fu definito un CD video standard (CD-V o VCD, White book standard), che ha avuto molto successo nell’Asia orientale.

Allo scopo di accrescere la capacità dei dischi ottici, soprattutto per renderli adatti all’archiviazione dei film, nel 1995 fu introdotto il DVD (Digital Versatile o Video Disc), utilizzando gli stessi principi di registrazione validi per i CD. Riducendo la lunghezza d’onda del laser e di conseguenza la dimensione della traccia, la capacità di archiviazione fu incrementata di un fattore di 7 per ogni strato del DVD. Dal 2005/2006, la capacità di archiviazione fu accresciuta ulteriormente per consentire ai dischi ottici di archiviare i segnali HDTV. Dei due formati in competizione, l’HD DVD e il disco Blu-ray (BD), il Blu-ray alla fine ebbe la meglio, mentre l’HD DVD venne sospeso. Il Blu-ray utilizza laser ad onda corta (“blu-violet-laser”), il che consente un miglioramento nella riduzione della rappresentazione del segnale e quindi un incremento della densità dei dati.

Infine, in questo contesto dovrebbero essere menzionati i dischi magneto-ottici (MOD). Utilizzati inizialmente in informatica per archiviare dati, hanno man mano perso la loro importanza in seguito al forte accrescimento della capacità di archiviazione dei dischi rigidi (HDD) ad un prezzo sempre inferiore. Nel mercato del consumo, comunque, hanno ottenuto la loro popolarità nella forma dei MiniDisc (MD) riscrivibili.

2.3.1.1 CD, DVD e BD (-ROM) replicati industrialmente. Questi dischi sono costituiti da un corpo trasparente in policarbonato, spesso 1.2 mm, replicati mediante stampaggio ad iniezione, utilizzando uno “Stamper” in metallo negativo. La superficie superiore del disco ha una traccia a spirale fatta di “pits” (i fori che costituiscono le zone stampate) e “lands” (gli spazi fra i fori che costituiscono le zone non stampate) di diverse lunghezze. La superficie “forata” è ricoperta da uno strato di alluminio riflettente, a sua volta ricoperto da una lacca protettiva. Questa superficie presenta anche l’etichetta che reca le informazioni sui contenuti. Un laser legge le informazioni contenute sulla superficie metallica: si concentra in modo tale da colpire le zone stampate e le zone non stampate che formano la traccia. La profondità dei fori è pari a ¼ della lunghezza d’onda del laser, ciò impone una modifica del riflesso del raggio laser mentre passa tra le zone stampate e quelle non stampate. I cambiamenti si rappresentano con l’1 mentre nessun cambiamento si rappresenta con lo 0.


Figura 15: La partizione di un CD-ROM; numeri in mm.


Figura 16: Struttura stratificata e principio di lettura di un CD-ROM.

I DVD hanno tracce più strette e lunghezze di pit/land ridotte rispetto ai CD: utilizzano un laser con una minore lunghezza d’onda. Lo strato base del disco è spesso 0.6 mm. Con i DVD a lato singolo, un secondo strato di carbonato vuoto è incollato allo strato che trasporta le informazioni. Con i dischi a lato doppio, è presente un ulteriore strato che contiene le informazioni. Inoltre, è possibile aggiungere un livello aggiuntivo semi-trasparente (doppio strato) ad ogni lato del disco. Questo consente di avere due strati leggibili per ogni lato, quadruplicando quasi la capacità di archiviazione.


Figura 17: Strutture stratificate dei DVD.

I dischi Blu-ray (BD) replicati industrialmente consistono di due corpi laminati in policarbonato di differente spessore. Il più in basso e sottile porta la traccia pit-land sulla propria superficie superiore ricoperta da uno strato riflettente. La traccia è più stretta di quelle dei DVD o dei CD. Il corpo superiore, più spesso in policarbonato, presenta l’etichetta sulla superficie. A differenza dei DVD, non esistono dischi a doppio lato, ma sono disponibili i BD a doppio strato.


Figura 18: Struttura stratificata di un disco Blu-ray.


Figura 19: Punti di messa a fuoco di CD, DVD e BD.

2.3.1.2 Dischi ottici registrabili (“Dye Discs”, CD-Rs, DVD-Rs, BD-Rs). Lo strato che contiene le  informazioni consiste in un solco sulla superficie superiore del corpo in policarbonato contenente uno strato di colorante organico. La registrazione avviene mediante l’utilizzo di un laser con una capacità energetica decisamente maggiore rispetto a quella del laser di lettura, che scalda (“brucia”) il pigmento. Mediante questo processo, viene creata una sequenza di punti bruciati e non. Il passaggio tra le aree bruciate e non, viene riconosciuto dal laser di lettura proprio come avviene per il riconoscimento dei pits e lands dei dischi ROM replicati. Gli strati riflettenti sono in oro, argento, o in lega d’argento.


Figura 20: Stampaggio ad iniezione di pits e lands (a sinistra) contro i loro equivalenti bruciati (al centro e a destra) nei CD-Rs (Jean-Marc Fontaine).

2.3.1.3 Dischi ottici riscrivibili (CD-RW, DVD-RW, BD-RW). Lo strato delle informazioni è composto da una lega di metallo a cambiamento di fase. La registrazione avviene mediante un lettore laser che surriscaldando lo strato in lega di metallo in un punto preciso, lo induce ad un cambiamento di fase che passa da cristallina ad amorfa e viceversa, controllato dall’elevata temperatura del laser di scrittura. Gli strati dielettrici su entrambi i lati della superficie in lega di metallo causano un rapido raffreddamento; i punti riscaldati mantengono il cambiamento di fase dopo il raffreddamento. I punti dello strato amorfi riflettono la luce del laser di lettura con una intensità inferiore rispetto alle aree cristalline consentendo il riconoscimento del passaggio tra i due stati. I dati possono essere cancellati e riscritti per un numero limitato di volte (fino a 1000 volte).

2.3.1.4 Dischi magneto-ottici (MOD o Magneto-optical disc). Lo strato di informazioni è magnetico mentre i processi di registrazione e di lettura sono ottici. La registrazione si ottiene mediante il riscaldamento dello strato magnetico di informazioni con un raggio laser oltre il suo punto di Curie (3.2.1.5), che consente un ri-orientamento magnetico applicando un campo magnetico molto basso. Il processo di riproduzione utilizza l’effetto Kerr (vedi anche 2.2.1), mediante il quale l’orientamento magnetico dello strato di informazioni produce differenti angoli di riflesso del laser di lettura. In realtà i supporti magnetici, per la gestione e l’archiviazione dei dischi magneto-ottici, vengono raggruppati assieme ai dischi ottici veri e propri, data la loro struttura molto simile.

I dischi magneto-ottici (più comunemente chiamati dischi) venivano utilizzati in ambito professionale per il back-up e il trasferimento dei dati negli anni ’90.

Ne esistevano di differenti dimensioni (90 e 130 mm) e di diverse capacità di archiviazione, ed erano contenuti in una cassetta in modo da proteggerli da danneggiamenti meccanici e/o da agenti esterni. Con lo sviluppo dei dischi rigidi (HDD, 2.2.2) e l’accrescimento delle loro capacità di archiviazione ad un prezzo sempre inferiore, i dischi magneto-ottici hanno perso man mano la loro importanza.

2.3.1.5 MiniDisc (MD). Il MiniDisc fu introdotto nel 1992 come sostituto della cassetta analogica. Ebbe una grande popolarità per oltre un decennio, per poi scomparire negli anni 2000. Fu prodotto in due versioni: come disco magneto-ottico (2.3.1.4) per la registrazione, e come disco replicato per contenuti pre-registrati, tecnicamente simile ad un CD-ROM. I MiniDisc misurano 2.5 pollici (64 mm) di diametro e sono conservati in una cassetta, cosa che li rende relativamente resistenti ai danneggiamenti meccanici e agli agenti esterni. Per la loro riproduzione, vedi IASA-TC 04, 5.6.10.


14. Per la terminologia della classificazione dei dischi ottici, questa pubblicazione segue i recenti sviluppi: in origine i CD non destinati all’audio vennero chiamati CD-ROM (ROM= Read Only Memory). Con l’avvento dei CD registrabili e riscrivibili, questa terminologia divenne incompatibile. In recenti pubblicazioni i dischi ottici vengono suddivisi in –ROM (duplicato), -R (registrabili) e –RW o –RAM (riscrivibili). Tutte e tre le tipologie possono contenere audio, video o general data.

2.3.2 I componenti dei dischi ottici e la loro stabilità

Il policarbonato utilizzato per i corpi dei dischi ottici è un polimero trasparente con un basso fattore di espansione termica. È resistente alla deformazione da calore e resiste fino a 130°C di temperatura. I primi dischi, specialmente i dischi LV, sono qualche volta soggetti a screpolature, ciò rende il polimero opaco ed illeggibile. Per l’esperienza accumulata fin dalla nascita dei CD nel 1982, si può prevedere che i moderni dischi in policarbonato potranno godere di una buona stabilità per molti decenni.

A parte l’oro, tutti i metalli utilizzati per gli strati riflettenti, sono soggetti all’ossidazione. Questa è la ragione per cui lo strato di lacca protettiva dei CD gioca un ruolo importante. Deve essere resistente all’infiltrazione di umidità, una funzione che spesso non fu assolta perfettamente nei primi CD. Gli strati riflettenti ossidati, particolarmente quelli in alluminio, resero i dischi ottici illeggibili.

Non si conosce quale sia la stabilità della sostanza adesiva che tiene unite le due parti in policarbonato dei DVD e dei BD.

La stabilità dello strato colorante utilizzato nei CD, DVD e BD registrabili costituisce un dato estremamente incerto. Esistono tre differenti tipi di pigmenti che vengono utilizzati: cianina, ftalocianina e azo. Tutte le tinte sono sensibili alla luce, soprattutto ai raggi uv: un’esposizione di un disco registrabile alla luce del giorno può renderlo illeggibile in un paio di settimane. Altro fattore di incertezza è il calo della quantità di tinta utilizzata per i dischi creati per girare ad alte velocità di registrazione.

L’aspettativa di vita delle tinte è di solito stimata essere tra 5 e 100 anni, informazione che può risultare abbastanza utile. La stabilità degli strati semi trasparenti di DVD-Rs e BD è sconosciuta. Infine, la stabilità dei dischi riscrivibili è anch’essa sconosciuta, e la loro potenziale aspettativa di vita se comparata ai dye discs non è chiara.

2.3.3 Deterioramento da riproduzione

Per i dischi ottici non esiste un (misurabile) deterioramento dovuto alla riproduzione.

2.3.4 Allineamento e manutenzione delle apparecchiature

I lettori di dischi ottici sono prodotti in serie e non sono aggiustabili (prodotti usa e getta), ciò rappresenta parte del problema spiegato di seguito (2.3.5). La manutenzione si limita ad una occasionale pulizia delle lenti con l’aiuto di un disco di pulizia, e del vassoio di caricamento.

2.3.5 La qualità di registrazione come fattore costitutivo dell’aspettativa di vita dei dischi ottici registrabili

I dischi ottici registrabili (CD-Rs, DVD-Rs, BD-Rs) sono diventati molto popolari come mezzi per la registrazione di audio, video e dati. Così come per molti altri supporti digitali, la loro affidabilità dipende da un sofisticato sistema di correzione d’errore che permette la completa ricostruzione dell’informazione anche quando piccole parti del supporto sono diventate illeggibili per danni o deterioramento causati dall’invecchiamento. La capacità di correzione è limitata, quindi la qualità della registrazione diventa un importante fattore che condiziona l’aspettativa di vita. Una registrazione perfetta, sostanzialmente priva di errori permette una maggiore capacità di correzione per compensare gli effetti della gestione del supporto e del suo invecchiamento, aumentando così l’aspettativa di vita.

Se però i dischi ottici iniziano la loro vita con un tasso di errore molto alto, rimane una esigua capacità di correzione degli eventuali nuovi errori. La vita di questi dischi sarà più breve. Di conseguenza, IASA ha definito una serie di raccomandazioni per una soglia massima di accettazione degli errori per i dischi ottici, allo scopo di rendere massima la loro aspettativa di vita, qualunque essa possa essere (IASA-TC04, 8.1.9).

Un grave problema nella masterizzazione dei dischi ottici registrabili è l’interazione tra i dischi vergini e i masterizzatori. Non è stato definito alcuno standard, e i processi di aggiustamento automatico non sempre funzionano correttamente. Alcuni test hanno dimostrato che una scelta casuale di combinazioni tra dischi vergini e masterizzatori produce il 50% di risultati accettabili e il restante 50% di risultati sfavorevoli. Di conseguenza, per masterizzare in modo affidabile i dischi ottici registrabili sarebbero necessari ulteriori test sulle varie combinazioni possibili, controlli di ogni singolo disco prodotto e successivi controlli periodici ad intervalli regolari. Essendo i test molto dispendiosi sotto il profilo delle risorse umane ed economiche, per un uso professionale nell’archiviazione di dati vengono utilizzati sistemi di stoccaggio molto più affidabili ed economici dei dischi ottici registrabili15.


15. J.M.Fontaine, 2000.

2.3.6 Formati e dimensioni

I dischi Laser Vision analogici vennero prodotti nelle dimensioni di 300 e 200 mm, principalmente a lato doppio, in effetti due dischi incollati insieme back-to-back. Per la famiglia dei dischi digitali, i diametri sono di 120 mm per tutti i tipi di dischi tranne che per alcuni CD e BD che sono invece disponibili con un diametro di 80 mm. 

2.4 Supporti allo stato solido

Le memorie allo stato solido (solid state) sono dispositivi di archiviazione a circuito elettronico senza parti mobili. Questi supporti sono stati sviluppati dagli anni ’50 utilizzando varie tecnologie. Di particolare interesse nel contesto di questa pubblicazione sono le cosiddette flash-card, sviluppate sin dagli anni ’90. Come supporti di dati rimovibili esistono in vari formati (SD e molti altri), come le cosiddette chiavette USB. Con una accresciuta capacità di archiviazione e un importante calo del prezzo, sono diventati popolari come dispositivi rimovibili e, più recentemente, come sostituti degli HDD nei notebook portatili.

2.4.1 Principio di registrazione e stabilità. Le memorie flash appartengono al gruppo delle memorie allo stato solido non volatili cioè che conservano le loro informazioni senza bisogno di alimentazione. Le cellule di memoria sono costituite da transistor capaci di conservare le informazioni per molti anni. Mentre la capacità di lettura risulta generalmente illimitata, è stato calcolato che in scrittura/cancellazione possano arrivare a compiere da un minimo di diverse migliaia fino ad un milione di cicli. Data la loro relativa resistenza agli shock meccanici e ad una vasta gamma di temperature, in origine vennero impiegate in ambito militare.

Riguardo alla loro aspettativa di vita, non esistono ancora stime realistiche. Si tratta di un dato però di scarso interesse fintanto che i prezzi saranno significativamente più alti di quelli degli HDD. Questo li rende ancora poco interessanti per una archiviazione a lungo termine. Nonostante, generalmente, le memorie flash abbiano dimostrato la loro solidità per l’archiviazione a breve termine, soprattutto per conservare registrazioni anche in condizioni avverse, è imperativo non affidarsi ad un unico supporto ed è necessario alla prima opportunità copiare i contenuti su un'altra piattaforma di archiviazione in attesa di poter attuarne il trasferimento su un sistema di archiviazione digitale sicuro. 

3 Conservazione Passiva : Fattori Ambientali, Trattamento e Stoccaggio

3.1 Acqua/umidità
3.2 Temperatura
3.3 Condizioni climatiche dell’archivio
3.4 Deformazione meccanica
3.5 Polvere, corpi estranei, inquinamento dell’aria
3.6 Luce, radiazioni ultraviolette e raggi x
3.7 Campi magnetici parassiti

Ogni sezione copre i vari tipi di supporto (meccanico, magnetico, ottico e solido)

 

3.1 Acqua/umidità

L’acqua è il più grande nemico naturale di tutti i supporti audiovisivi in quanto influenza direttamente e indirettamente la stabilità del supporto a livello chimico. Questo avviene tramite idrolisi e tramite l’ossidazione di vari componenti del supporto, oltre che per la dissoluzione di alcuni materiali che compongono il supporto.

3.1.1 Idrolisi. L’idrolisi è una reazione chimica che ha come protagonista l’acqua, che è onnipresente sotto forma di umidità nell’aria. Alcuni polimeri sono inclini all’idrolisi. Gli ioni acidi e metallici assumono il ruolo di catalizzatori di questo tipo di processo. La reazione muta le originali proprietà chimiche e fisiche del polimero, e spesso produce un sottoprodotto che agisce da auto-catalizzatore, potenziando così il processo distruttivo. Alcuni processi idrolitici sono parzialmente reversibili, altri invece no.

3.1.1.1 Sindrome acetica. La cosiddetta e ben nota sindrome acetica (vinegar syndrome) è un deterioramento dei polimeri per effetto dell’idrolisi. Questo processo, che deteriora l’acetato di cellulosa in maniera irreparabile, è stato osservato per la prima volta verso la fine degli anni quaranta. Tuttavia ha iniziato a verificarsi più frequentemente dagli anni ottanta, in particolare negli archivi di nastri che si trovano in zone con clima tropicale. L’acido acetico è una delle sostanze prodotte dall’idrolisi dell’acetato di cellulosa, che agisce da auto-catalizzatore, accelerando così la reazione chimica. A causa del suo odore, è diventato noto come sindrome acetica. Con l’avanzamento di questo processo, i nastri affetti dalla sindrome acetica perdono la loro struttura e diventano irriproducibili.

I nastri magnetici audio a base di acetato di cellulosa sono particolarmente a rischio a causa delle proprietà catalitiche del metallo, presente sotto forma di ossido di ferro nel pigmento magnetico. Anche le audiocassette in acetato di cellulosa ne possono essere affette, ma grazie alla loro massa subcritica non arrivano al livello disastroso delle pellicole. A parte l’odore, le strisce reattive per la misurazione dell’acidità aiutano nel monitorare questo processo. L’idrolisi dell’acetato di cellulosa è un processo non reversibile.

3.1.1.2 Degrado del legante dei pigmenti. Anche alcuni leganti usati nei moderni nastri magnetici (2.2.1.1.2.) sono inclini all’idrolisi, e a causa di questo processo i nastri diventano appiccicosi. Dato che i sintomi di questo tipo di idrolisi sono reversibili fino a un certo punto, esponendo tali nastri ad una bassa umidità o ad alte temperature, o una combinazione delle due, i supporti possono essere restaurati in modo da poterli ancora riprodurre. Per dettagli vedi IASA – TC04, 5.4.3.3. Tuttavia, recenti ricerche hanno rivelato che l’idrolisi del legante è solo una delle varie cause della così detta sticky shed syndrome, anche conosciuta come sindrome del nastro colloso (2.2.1.1.2).

3.1.2 Contatto diretto con l’acqua. Il contatto diretto con l’acqua rappresenta un pericolo solo per alcuni tipi di dischi istantanei, come quelli a base di gelatina, cartone, etc. e per gli hard disk. Per gli altri supporti l’acqua non è di per sé nociva purché il contatto sia breve. Subito dopo il contatto con l’acqua i supporti dovranno essere puliti e asciugati completamente. In effetti, quando si preparano i dischi in vinile o in gommalacca per essere riprodotti, è consigliato pulirli con acqua demineralizzata utilizzando una speciale macchina lavadischi (IASA – TC 04, 5.2.3, 5.3.3).

Il problema principale che si presenta quando i supporti entrano in contatto con un flusso d’acqua è la sfida logistica del pulire e asciugare i supporti contaminati, in modo particolare le cassette a nastro magnetico. Un altro problema è rappresentato dalla separazione dei supporti dai materiali in carta o cartoncino, come per esempio le copertine degli LP, che occorre asciugare prima che si formi la muffa. In alcuni casi, la liofilizzazione sottovuoto (vacuum freeze drying), tecnica sviluppata con successo al fine di salvare materiali a base di carta, come libri, ecc., potrebbe essere l’unica possibilità per salvaguardare i materiali in carta e cartoncino che accompagnano i supporti audiovisivi. L’applicabilità ai supporti audiovisivi, specialmente per i nastri magnetici, tutt’ora non è stata sufficientemente studiata (per la prevenzione vedi 4.2).

3.1.3 Ossidazione. L’ossidazione è un’altra reazione chimica innescata dall’acqua. È una potenziale minaccia per i pigmenti magnetici costituiti da particelle di metallo puro non-inossidabile utilizzati soprattutto per le cassette IEC IV, per R-DAT e per la maggior parte dei formati video digitali (2.2.1.1.1.2.). L’ossidazione colpisce anche gli strati riflettenti dei dischi ottici, tranne quelli in oro.

3.1.4. Effetti sulle dimensioni. L’umidità ha effetti anche sulle dimensioni dei materiali usati come componenti dei supporti audio-video. Per quanto riguarda i nastri in acetato di cellulosa, il coefficiente di espansione dovuto all’umidità è stimato essere 15 volte maggiore di quello dei nastri a base di poliestere16. Un cambiamento notevole delle dimensioni deve essere preso in considerazione anche per vari altri materiali usati nei dischi istantanei, come il cartoncino, la gelatina e la lacca.

3.1.5. Effetti indiretti tramite il biodegrado. L’acqua causa il biodegrado, nello specifico la muffa (la crescita di funghi), che si verifica in seguito all’esposizione prolungata a umidità relativamente alte (UR o HR) del 70% o più. Nel mondo sono presenti ovunque muffe di vario tipo che hanno effetti su quasi tutti i tipi di supporti audiovisivi. La muffa “mangia” la superficie dei supporti analogici meccanici, e questo porta ad un eccessivo rumore di superficie (problema particolare dei cilindri in cera). La muffa cresce sugli strati di pigmento dei nastri magnetici, e rende la riproduzione spesso difficile o addirittura in alcuni casi impossibile. La muffa colpisce anche i CD, rendendoli irriproducibili. La prevenzione chimica della muffa deve essere considerata un’ultima spiaggia. Interazioni chimiche sfavorevoli, in particolare con le varietà di leganti di pigmento magnetico esistenti, non possono mai essere del tutto escluse. Il trattamento chimico può inoltre anche mettere a rischio la salute del personale dell’archivio.

A causa del potenziale effetto negativo che la muffa può avere sui supporti, sia direttamente che indirettamente, essa deve essere prevenuta mantenendo i nastri in luoghi a bassa umidità relativa. Qualsiasi contatto con l’acqua, anche se di principio ammissibile, deve essere ridotto al minimo.

3.1.6 Interrelazione fra umidità e temperatura. Si noti che l’umidità relativa e la temperatura sono collegate fra loro (per maggiori dettagli vedi 3.2.3).


16. FIAF 1986, 11.1.1.2.

3.2 Temperatura

3.2.1 Effetti fisici

3.2.1.1 Effetti sulle dimensioni. La temperatura ha effetti sulle dimensioni dei materiali: generalmente, i supporti si espandono quando la temperatura aumenta e si restringono quando diminuisce. Questo vale anche per i nastri. I supporti in poliestere hanno il più basso coefficiente di dilatazione termica, mentre quelli in acetato di cellulosa hanno un coefficiente 3 volte più alto.

Nei nastri di acetato di cellulosa e quelli di PVC la temperatura porta ad allentare i nastri se la temperatura si alza e a restringerli se si abbassa. Nelle pellicole a base di PET, tuttavia, si presenta un’anomalia: queste pellicole sono pre-tensionate, e ciò causa un aumento del coefficiente di dilatazione termica dello spessore significativamente superiore rispetto a quello della lunghezza. Per cui i nastri avvolti a base di PET si “gonfiano” con le temperature alte (ogni strato di nastro si ispessisce) e questo fenomeno non viene compensato da un allungamento. Ciò aumenta la tensione del nastro. Al contrario, quando la temperatura scende, i nastri in PET si allentano.

A causa di questo effetto, per i nastri in PVC e in acetato di cellulosa, quando cambiano le condizioni climatiche dello stoccaggio, sono da prevedere dei criteri di rilassamento diversi da quelli previsti per i nastri in PET (3.2.4).

I mutamenti delle dimensioni sono particolarmente pericolosi per i dischi acetati. Il substrato di metallo o di vetro ha un coefficiente di dilatazione termica diverso da quello del fragile rivestimento di acetato. Perciò un cambio della temperatura potrebbe scatenare delle crepe nello strato acetato.

A causa di questi svantaggi e potenziali minacce, in particolare per quanto riguarda i nastri e i dischi acetati, la stabilità della temperatura è più importante del valore assoluto che viene scelto (vedi 3.3).

3.2.1.2 Effetti irreversibili sui polimeri. Le elevate temperature hanno un effetto irreversibile su alcuni polimeri che vengono usati come componenti dei supporti audiovisivi. Se vengono riscaldati oltre certe temperature, le loro proprietà mutano e non possono essere ripristinate riabbassando nuovamente la temperatura. Le soglie della temperatura variano molto a seconda del tipo di materiale, ma si può dire che le temperature fino a 35°C non hanno effetti immediati irreversibili, né portano ad un deterioramento dei supporti audiovisivi correntemente in uso.

3.2.1.3 Materiali termoplastici. Questo gruppo di polimeri si ammorbidisce con le alte temperature. Questi polimeri vengono usati nella produzione di contenitori, custodie di cassette, etc. Qualora tali materiali fossero inavvertitamente esposti ad alte temperature (anche solo alla luce del sole) essi potrebbero deformarsi irreversibilmente. Questa è anche una minaccia per i dischi in vinile.

3.2.1.4 L'effetto copia (Print-through). La temperatura influenza l’effetto copia sui nastri magnetici: l’aumento dell’effetto copia nel tempo è più alto quando la temperatura è più elevata, e più basso quando la temperatura è più bassa.

3.2.1.5 Punto di Curie. La stabilità magnetica (coercitività) dipende dalla temperatura e viene persa quando si raggiunge o si supera il punto di Curie. Il punto di Curie più basso è di 128°C e vale per il CrO2, cioè nei pigmenti magnetici più diffusi, mentre il punto di Curie del ferro e dell’ossido di ferro è oltre i 300°C. Tuttavia, questo fenomeno viene sfruttato in maniera positiva nelle registrazioni magneto-ottiche (2.3.1.4).

3.2.1.6 Gamma di temperature. Al fine di allungarne la durata di conservazione, il materiale fotografico viene spesso conservato a temperature sotto il punto di congelamento. Per quanto riguarda i nastri magnetici la conservazione al freddo è sconsigliata perché alcuni lubrificanti, anche se non tutti, trasudano a temperature sotto gli 8°C (2.2.1.1.1.4). Come limite massimo di temperatura, non si dovrebbero superare i 35°C (3.2.1.2). Entro questa gamma la temperatura ha effetti solo sulle dimensioni fisiche dei supporti e sulla velocità dei processi chimici.

3.2.2 Effetti chimici indiretti. La temperatura determina la velocità dei processi chimici e perciò anche l’invecchiamento e il deterioramento dei supporti. Tenendo presente i limiti definiti in 3.2.1.6, si può dire che, come regola generale, la velocità dei processi chimici raddoppia quando la temperatura aumenta di 10°C, o al contrario la velocità dell’invecchiamento viene rallentata del 50% quando la temperatura si abbassa di 10°C. Si ottiene così un raddoppio della durata di conservazione dei supporti.

3.2.3 Interrelazione fra umidità e temperatura. La temperatura determina la quantità assoluta di acqua che l’aria può contenere sotto forma di gas (vapore acqueo). Più alta è la temperatura più grande è la quantità di vapore che l’aria può contenere, mentre a temperature più basse il contenuto è inferiore. Se un ambiente viene raffreddato senza deumidificare l’aria allo stesso tempo, l’umidità relativa sale finché non si raggiunge il 100% di UR. A questa temperatura, chiamata punto di condensazione, il vapore acqueo in eccesso si condensa sotto forma di acqua sulle superfici più fredde (vedi figura 30). Perciò l’aria condizionata deve tenere sotto controllo entrambi i parametri simultaneamente (vedi 4.3). La maggior parte degli impianti di aria condizionata usati comunemente non deumidifica l’aria a sufficienza, e così facendo alza inavvertitamente l’umidità relativa. In questo modo, i supporti sono più a rischio, vanificando i benefici arrecati dalla temperatura più bassa.

3.2.4 Cambiamenti di temperatura/umidità. Come già accennato al punto 3.2.1.1, i cambiamenti di temperatura/umidità possono essere più pericolosi di valori stabili non ottimali. Cambiamenti di temperatura, ma anche di umidità, provocano mutazioni delle dimensioni e ciò causa una tensione inutile nei supporti. I più a rischio sono i dischi di vari materiali (per esempio, i dischi acetati, e anche i nastri magnetici, in particolare quelli con formati ad alta densità a scansione elicoidale). Un altro pericolo è costituito dalla possibilità che si formi della condensa quando i supporti freddi vengono spostati in un ambiente caldo.

Di conseguenza, gli ambienti di stoccaggio permanenti dovrebbero essere progettati in modo da subire minimi cambiamenti di temperatura e umidità. Durante il trasporto, i supporti dovrebbero essere protetti utilizzando una logistica corretta e dei contenitori adeguati (vedi 4.8). I cambiamenti di lunga durata dei parametri climatici richiedono periodi di ‘acclimatamento a fasi’. Per tutti i materiali, tranne i dischi in acetato, il gradiente di temperatura non dovrebbe eccedere i 3°C e il gradiente dell’umidità relativa non dovrebbe eccedere il 5% nell’arco di 24 ore. Inoltre, per rimediare ai mutamenti di tensione causati da cambiamenti di temperatura (3.2.1.1), i nastri devono essere riavvolti: è necessario prestare particolare attenzione ai supporti in acetato di cellulosa e PVC quando si spostano in luoghi di stoccaggio più freddi, e ai nastri in PET e PEN in luoghi di stoccaggio più caldi. I dischi in acetato sono a rischio in entrambi i casi per via della possibile formazione di crepe dovuta alla differenza tra i coefficienti di espansione del rivestimento e del substrato. Perciò, tali spostamenti dovrebbero essere ridotti al minimo e dovrebbero essere accompagnati da lunghi periodi di ‘acclimatamento a fasi’ della durata di vari giorni.

Il pericolo di condensazione quando supporti freddi vengono trasportati in ambienti più caldi non deve essere sottovalutato. È auspicabile una corretta e sufficiente esposizione all’aria finché la temperatura del supporto non si sia stabilizzata.

3.3 Conclusioni riguardo la scelta delle condizioni climatiche dell’archivio

Sulla base di quanto detto finora, risulta chiaro che la scelta delle condizioni di stoccaggio è determinata principalmente da due principi in conflitto fra loro: mantenere bassa l’umidità e la temperatura (al fine di ritardare il deterioramento chimico), ed evitare i cambiamenti climatici (al fine di prevenire la condensazione e per ridurre al minimo la tensione meccanica, soprattutto per i nastri e i dischi in acetato).

I valori massimi e minimi da mantenere sono:

Umidità Valore massimo assoluto per lunghi periodi di esposizione 60% UR
Minimo 25% UR
Temperatura Valore massimo assoluto 35°C
Minimo 8°C per nastri magnetici

Come già spiegato, precisi valori tra questi massimi e minimi non hanno nessun effetto positivo o negativo a breve termine. Tuttavia, a medio e lungo termine essi determinano la durata di conservazione dei supporti. Comunque sia, la cosa più importante è la stabilità delle condizioni climatiche prescelte (3.2.1.1, 3.2.3 e 3.2.4).

Per quanto riguarda lo stoccaggio, sono stati definiti i seguenti modelli:

Gamma di umidità Media 40-50% UR
Bassa 25-35% UR
Variabilitài Stretta ± 3%UR
Massima± 5%UR
Temperatura
(valori medi)
Ambienteii ~20°C
Freddo Fra 8 e12°C
Variabilitàiii Stretta± 1°C
Massima± 3°C

i. Sono concesse delle variazioni in prossimità dei valori medi purché siano deviazioni poco frequenti e annuali.
ii. Questo valore medio relativo alla temperatura dell’ambiente riflette la situazione delle zone con clima mite e non è necessariamente obbligatorio per i paesi tropicali. In questi paesi, potrebbe essere prudente scegliere un valore medio più alto (ad esempio 25°C) e invece investire ciò che si risparmia di energia in una deumidificazione efficiente. Questo migliorerebbe anche il benessere del personale dell’archivio, che generalmente potrebbe trovare inaccettabili le condizioni di lavoro nei paesi del primo mondo.
iii. Sono concesse delle variazioni purché siano deviazioni poco frequenti (annuali).

Nota bene: Le gamme di temperatura/umidità e la variabilità non devono essere sommate. Il valore medio
prescelto deve essere mantenuto entro la variabilità concessa.

Condizioni di archivio consigliate

Collezioni Umidità Variabilità Temperatura Variabilità
Archivio di lavoro:
- Nastri usati frequentemente
- Supporti meccanici e ottici (tranne
i dischi acetati)
Bassa
Media
 Stretta Massima Ambiente
Ambiente
Stretta Massima
Preservation storage
- Raccolte di nastri
- Supporti meccanici e ottici (tranne
i dischi acetati)
Bassa
Da Media a bassa
Stretta Massima Freddo
Da ambiente
a freddo
Stretta Massima
Archivio di lavoro e di
conservazione per dischi acetati
Media Stretta Ambiente Stretta

Le condizioni climatiche degli studi di riproduzione e dei laboratori devono essere le stesse di quelle dello stoccaggio, o perlomeno molto simili. Quando è possibile, l’uso dei supporti (ad esempio nelle ispezioni di routine) conservati al freddo e a bassa umidità deve svolgersi in loco. Altrimenti, i supporti devono essere adeguatamente acclimatati.

La scelta di certi valori di umidità e temperatura è sempre un compromesso tra l’accessibilità, il comfort e la salute degli operatori da un lato, e i costi dall’altro. Si noti inoltre che anche i valori più bassi possibili non prevengono, ma ritardano solamente il deterioramento. Perciò, gli archivi devono scegliere i parametri che sono in grado di mantenere 24 ore al giorno per tutti i giorni dell’anno. Purché si rimanga entro le gamme delineate, la stabilità è più importante dei valori assoluti di temperatura e umidità.

3.4 Deformazione meccanica

La deformazione meccanica è un rischio enorme che riguarda tutti i tipi di supporto audiovisivi.

3.4.1 Supporti meccanici

È necessario prestare particolare attenzione quando i supporti fragili (cilindri, dischi in gommalacca) vengono maneggiati o trasportati. Bisogna avere estrema cura quando i cilindri vengono montati su un apparecchio di riproduzione provvisto di mandrini. Quando i cilindri vengono montati con una pressione troppo alta, delle crepe invisibili potrebbero causarne l’esplosione. Inoltre, è sconsigliato riporre i cilindri su degli scaffali mobili. Il modo migliore per proteggerli durante il trasporto è imballarli stretti e riporli dentro a dei contenitori in grado di assorbire eventuali colpi.

Tutti i supporti meccanici tendono a subire danni sulla loro superficie, e questi causano difetti udibili (click, crackle, fruscii etc.). Inoltre, l’informazione contenuta nei solchi è particolarmente a rischio quando si usano dispositivi meccanici regolati male oppure quando si utilizzano puntine inadatte. In entrambi i casi i danni causati sono considerevoli (IASA-TC04, 5.2 E 5.3).

A causa di questa predisposizione ai danni fisici che caratterizza i supporti meccanici, è necessario che chi li maneggia abbia doti manuali e una formazione speciale.

3.4.2 Supporti magnetici

3.4.2.1 Nastri magnetici. L’integrità meccanica dei nastri magnetici è un fattore che spesso viene sottovalutato quando si pensa alla loro conservazione. Al fine di ridurre la tensione, in particolare nel caso dei fragili nastri in acetato di cellulosa e per tutti i tipi di nastri sottili, il trattamento dei nastri deve essere ottimizzato usando apparecchi di ultima generazione per la riproduzione. Tali apparecchi applicano una minore tensione sul nastro mentre forniscono lo stesso contatto ravvicinato fra nastro e testina, e permettono il riavvolgimento a velocità relativamente basse (metodo “library wind”).

La cosa più importante è conservare tutti i nastri su bobine e cassette riavvolti in maniera piatta e uniforme, poiché qualsiasi nastro riavvolto “a scalini” causerà l’arricciamento dei bordi del nastro stesso. Generalmente, uno dei due bordi del nastro viene usato come riferimento quando si guida il nastro nella macchina di riproduzione, specialmente in quelle a testina rotante. I bordi deformati fanno muovere il nastro in verticale, e questo causa vari difetti durante la riproduzione, come l’oscillazione del bilanciamento stereo nell’audio, o un tremolio a causa di problemi di tracking nel caso delle registrazioni video. Un avvolgimento piatto si può ottenere facilmente mandando il nastro avanti fino alla fine, e poi riavvolgendolo completamente in una sola volta a velocità ridotta. Le macchine che non sono in grado di produrre un avvolgimento piatto devono essere revisionate o sostituite. Tuttavia, alcuni nastri potrebbero comunque rifiutare un avvolgimento piatto anche a velocità ridotte. In questi casi, il nastro deve essere riprodotto ad alta velocità per ottenere un avvolgimento piatto.


Figura 21: nastro riavvolto prima della sua fine. Il gradino evidenziato causerà una deformazione in questo punto del nastro. Per assicurare un avvolgimento piatto, cassette e nastri devono essere riavvolti per tutta la loro lunghezza.


Figura 22: Un avvolgimento irregolare causa la def
ormazione dei bordi del nastro.

Figura 23: “Windowing”. Un intervento manuale potrebbe essere necessario per ottenere un avvolgimento piatto senza danneggiare il nastro con lo sfregamento causato dallo scivolamento del nastro.

Le flange di plastica e le bobine di metallo devono essere completamente piatte per evitare di toccare il nastro mentre lo si riproduce e in particolare durante l’avvolgimento rapido. Inoltre, le guide del nastro devono essere regolate per assicurarsi che questo sia avvolto al centro della bobina, evitando così di comprimerlo verso una delle due flange. Le fessure nelle bobine, usate per fissare la parte iniziale del nastro, hanno spesso causato delle deformazioni permanenti dopo molti anni in archivio. Le bobine deformate devono essere sostituite, preferibilmente con delle bobine senza fessure. I segni lasciati da queste fessure possono essere rimossi posizionando diversamente la parte iniziale del nastro nella fessura della bobina. Tuttavia sarebbe necessario un riposizionamento regolare per evitare nuove deformazioni.

L’uso di nuclei senza flange ha inizio con l’originale “Magnetophon” tedesco negli anni ’30, dopodiché si è continuato ad usarli negli studi e nelle radio dell’Europa continentale e dell’Est. Il loro uso prevede l’impiego di nastri con il retro opacizzato, di macchine con un adeguato controllo della tensione esercitata sul nastro in tutte le operazioni, e soprattutto bisogna maneggiarli in maniera attenta ed esperta. Questi nastri sono avvolti liberamente, e vengono conservati sui loro nuclei, fissati al centro del contenitore.

Tuttavia, può succedere che il tutto si rompa, a causa della pressione esercitata sul nucleo oppure a causa di un avvolgimento allentato (vedi figura 11). Il ripristino dell’avvolgimento del nastro richiede abilità manuale e pazienza. Dei dispositivi speciali, chiamati “Wickelretter”, sono dotati di nuclei con dei cardini divisi in sezioni che possono essere spostati verso l’interno del nastro riavvolto e poi rispostati verso l’esterno per tenere il nastro mentre viene lentamente riavvolto su una nuova bobina.


Figura 24: “Wickelretter”. Un dispositivo che assiste nel salvataggio di nastri che si sono separati dal nucleo.

Quando i nastri in acetato di cellulosa diventano fragili, spesso tendono ad “uscire” dal pacco compatto piatto durante l’avvolgimento rapido. Dunque è una saggia precauzione avvolgerli su una bobina.

Per quanto riguarda le cassette, il processo di caricamento e scaricamento costituisce uno stress notevole sul nastro, e dopo decine di volte che si compiono queste azioni il nastro perde notevoli quantità di dati. Inoltre, dei meccanismi mal funzionanti potrebbero far inceppare o danneggiare il nastro, se non distruggerlo completamente. Di conseguenza, le cassette devono essere caricate e scaricate solamente nelle parti non registrate, all’inizio o alla fine del nastro. In questo modo, i nastri che si inceppano possono essere recuperati tagliando via la parte danneggiata ed evitando così di perdere materiale registrato. Perciò, quando si registra un programma su una cassetta, è bene lasciare uno spazio vuoto sufficientemente grande all’inizio e alla fine del nastro, in modo da poterlo usare quando la si carica.

Le testine e le guide del nastro devono essere pulite regolarmente (almeno una volta al giorno) usando strumenti adeguati per evitare di danneggiare le testine o le guide stesse. Tali danni graffierebbero la superficie dei nastri, e questo metterebbe a rischio la loro stabilità chimica (2.2.1.1.3).

3.4.2.2 Hard disk. Generalmente, gli hard disk non dovrebbero subire scosse o urti a causa dei loro componenti mobili. Inoltre, si deve notare che è più probabile che i danni dovuti agli urti avvengano quando l’hard disk è operativo, di quando non lo è, ovvero quando la testina è riposta al sicuro ed è lontana dalla superficie del disco rigido. I registratori provvisti di hard disk devono sempre essere maneggiati con estrema cura, particolarmente durante la registrazione e la riproduzione.

3.4.3 Dischi ottici

I dischi ottici devono essere protetti da danni meccanici o graffi. I graffi sulla superficie leggibile ostruiranno e/o devieranno il raggio laser, mentre uno strato protettivo danneggiato nei CD o nei BD metterà a rischio l’integrità chimica dello strato riflettente. È possibile scrivere sullo strato protettivo (il lato con l’etichetta) e comunque usando speciali pennarelli per CD. Non si devono usare i pennarelli normali perché i solventi contenuti in essi potrebbero dissolvere lo strato protettivo. Se si scrive sui CD usando matite a punte dure oppure penne biro si potrebbero alterare i dati. Si deve evitare di piegare i dischi ottici, poiché questo potrebbe spaccare lo strato riflettente. Di conseguenza, quando si stacca un disco ottico dal morsetto che lo tiene al centro, questo va fatto con due mani: una per aprire il meccanismo che lo tiene e l’altra per rimuovere il disco.

3.4.4 Supporti a stato solido

L’esperienza ci insegna che i supporti a stato solido hanno una certa resistenza contro gli urti, ad esempio quando cadono a terra. Tuttavia, si deve tenere a mente che a causa della loro struttura microscopica, alcuni traumi (come ad esempio quando si piega una chiavetta di memoria in tasca) potrebbero causare la loro distruzione.

3.5 Polvere, corpi estranei, inquinamento (dell’aria) e parassiti

3.5.1 Effetti. La polvere e i corpi estranei hanno numerosi effetti sui supporti audio/video: nei supporti meccanici causano deviazioni della puntina e il risultato sono dei difetti udibili (click). Nei nastri magnetici, la polvere e i corpi estranei possono ostruire la testina e impedire il contatto ravvicinato fra la testina e il nastro. Questo comporta per l’audio una perdita delle alte frequenze, e nel video una rapida interruzione del segnale. Nei dischi ottici, il laser viene ostruito, il che può portare a errori impossibili da correggere, fino alla perdita completa dell’audio.


Figura 25: Proporzione tra corpi estranei di diversa dimensione che ostruiscono il contatto ravvicinato fra la testina e il nastro.

3.5.2 Origine e prevenzione. La polvere inquinante più diffusa è quella minerale. Questo è un problema tipico dei paesi aridi. Gli archivi in tali siti devono essere attrezzati di porte e finestre a tenuta stagna, e potrebbero essere più sicuri aggiungendo camere di compensazione agli ingressi. Un altro genere di inquinante negli ambienti urbani è costituito dalle particelle di tessuto. Perciò i pavimenti di moquette, così diffusi negli uffici degli anni settanta, devono essere assolutamente vietati nell’intero archivio di audiovisivi. I pavimenti dovrebbero essere di cemento laccato oppure coperto o sigillato con materiali chimicamente inerti, oppure di pietra non abrasiva. Il pavimento dovrebbe essere di un colore che permetta di vedere la polvere in modo che non si mimetizzi. Il modo migliore per prevenire l’accumulo di polvere è di usare dei filtri nell’aria condizionata. Inoltre, una pressione leggermente più alta negli archivi e nei laboratori impedisce alla polvere di penetrare nelle zone delicate spingendo l’aria verso l’esterno dell’edificio.

Ridurre la polvere negli archivi e negli ambienti in cui si maneggiano i supporti è una misura generale, ma la protezione dei singoli supporti deve essere in linea con le considerazioni espresse al punto 4.7. Persino con buone condizioni generali, il rischio residuo dell’intrusione della polvere deve essere ridotto al minimo facendo sì che il tempo che i supporti passano al di fuori dei propri contenitori sia il più breve possibile. Gli LP dovrebbero essere conservati con le aperture della copertina esterna ed interna in posizioni diverse. In assenza di un disco, il vassoio di caricamento dei lettori di dischi ottici deve essere tenuto chiuso per prevenire depositi di polvere che contaminerebbero i dischi.

Le impronte digitali peggiorano i problemi causati dalla polvere, poiché fanno da colla per la polvere e alimentano i funghi e la muffa. È assolutamente vietato toccare le superfici riproducibili a mani nude; si consiglia fermamente l’uso di guanti privi di pelucchi. È richiesta un’attenzione particolare quando si rimuovono i dischi analogici dalle loro copertine e quando vi si reinseriscono, poiché bisogna evitare di toccare la parte incisa. Anche capovolgere i dischi richiede abilità manuale e addestramento.



Figure 26 e 27: Come tenere in mano un disco senza toccare la parte incisa.

Il cibo e le bevande, in particolare le bibite zuccherose, sono una minaccia enorme per tutti i supporti, in particolare per le cassette a nastro magnetico. Perciò è assolutamente vietato bere e mangiare in tutte le stanze dove si conservano o si maneggiano supporti audio/video.

Nel caso dei nastri magnetici, ci sono anche dei problemi che provengono da dentro il nastro stesso: abrasioni a secco (soprattutto con i vecchi nastri in acetato di cellulosa), trasudazioni di lubrificanti e strisciate provenienti da nastri idrolizzati costituiscono enormi ostruzioni alla riproduzione dei nastri. Tali nastri necessitano un trattamento e una pulizia prima di essere riprodotti (IASA-TC 04, 5.4.3).

3.5.3 Inquinamento dell’aria. L’aria inquinata da emissioni industriali gassose può rovinare i supporti in vari modi. Ci sono indicatori che lasciano intendere che l’inquinamento eccessivo prodotto dagli scarichi industriali possa avere un effetto dannoso sulle condizioni dei nastri magnetici17. Si potrebbe ritenere d’altra parte che un ambiente impostato secondo standard moderni e rispettoso della salute dell’uomo, nell’immediato non sarebbe dannoso per i supporti audiovisivi. In caso di vicinanza di un archivio a una zona industriale, comunque, sarebbe saggio prevedere un adeguato sistema di filtraggio dell’aria. Per di più, l’esposizione di materiali alle esalazioni derivanti da ristrutturazioni come tinteggiature o collanti deve essere seriamente tenuta in conto e devono essere prese misure appropriate per evitare esposizioni (prolungate) a simili emissioni. Infine, occorre tenere presente i residui che il fumo del tabacco lascia sulle superfici dei supporti e degli apparecchi, e sulle lenti dei lettori dei dischi ottici. Questa è un’altra ragione, oltre al rischio di incendio, per bandire il fumo, specialmente in vista dei moderni formati ad alta densità di dati.

3.5.4 Parassiti. Le regioni tropicali, in particolare, subiscono la presenza di numerosi tipi di insetti e parassiti difficili da tenere lontani da laboratori e archivi. Generalmente, i più danneggiati sono i materiali cartacei abbinati a supporti audiovisivi, come le copertine degli LP e i testi annessi. Esiste anche l’attitudine di termiti e altri piccoli insetti di insinuarsi nelle audiocassette. Non c’è un sistema di prevenzione specifico, se non quello di tenere laboratori e archivi il più sigillati possibile. Bisogna considerare che sistemi di prevenzione di tipo chimico possono interagire con i supporti. La fumigazione, generalmente applicata negli archivi cartacei tropicali per combattere i parassiti della carta, è sconsigliabile perché non si conoscono ancora le possibili interazioni con i componenti dei supporti, specialmente quelli dei nastri magnetici.


17. Nastri video professionali della stessa partita furono immagazzinati alle stesse condizioni di temperatura/UR negli archivi della TV austriaca di Vienna e Lintz. I nastri di Lintz, una città industriale con considerevoli problemi di inquinamento dell’aria, subirono seri danni al legante dei pigmenti, i nastri di Vienna no. Benché il fenomeno sia stato indagato a fondo, non si è trovata una spiegazione soddisfacente.

3.6 Luce, radiazioni ultraviolette (UV), raggi X

3.6.1 La luce e le radiazioni ultraviolette provocano numerosi effetti dannosi sui supporti audiovisivi. Molti polimeri, ad es. PVC, si deteriorano con una esposizione alla luce prolungata o permanente. L’azione della luce è estremamente pericolosa per la vita dei dischi ottici registrabili (dye disc). Esperimenti hanno dimostrato che l’esposizione di tali dischi alla luce diurna – in special modo alla luce diretta del sole – li può rendere illeggibili entro poche settimane18. Non è stato dimostrato ciò che brevi esposizioni alla luce, in un arco di tempo di anni, possono causare ai dischi conservati nei loro contenitori in spazi d’archivio non bui. È bene comunque evitare qualsiasi esposizione inutile alla luce di tutti i supporti audio e video, e prestare particolare attenzione affinché sia impedita la luce diretta del sole, che provocherebbe anche un aumento della temperatura oltre i limiti di sicurezza.

Numerosi archivi di audiovisivi hanno installato sistemi di illuminazione a bassa emissione UV nei loro ambienti di stoccaggio. Questa è una saggia precauzione soprattutto negli archivi molto frequentati, dove le luci sono tenute accese a lungo o permanentemente.

3.6.2 Raggi X, gli stessi emessi dalle apparecchiature aeroportuali, a differenza che per le pellicole non sviluppate, non hanno alcun effetto sui supporti audio o video. Esperimenti hanno dimostrato che dosi altissime e letali, usate per decontaminare oggetti da batteri quali le spore di antrace, non danneggiano i segnali registrati. Non è noto, comunque, se e con quale entità un simile procedimento può influenzare l’aspettativa di vita futura dei materiali ad esso sottoposti.


18. Kunej 2001.

3.7 I campi magnetici parassiti

I campi magnetici parassiti sono il nemico naturale delle registrazioni magnetiche. La possibilità di deteriorarsi fino alla cancellazione completa dei segnali registrati magneticamente dipende dalla coercitività magnetica del materiale, cioè dalla resistenza di un dato materiale orientato magneticamente a riorientarsi. Ciò dipende anche dal tipo di rappresentazione del segnale o forma d’onda, soggetta a sensibilità variabile di cancellazioni parziali. La rappresentazione del segnale più vulnerabile è quella audio di tipo analogico. Questo succede anche alla traccia audio analogica dei nastri video. L’audio FM, tutti i video e tutte le rappresentazioni del segnale digitale sono più resistenti a distorsioni causate da campi magnetici. Di conseguenza, le soglie possibili di un campo magnetico sono date dalla rappresentazione del segnale audio.

3.7.1 Soglie dei campi magnetici

Per i pigmenti di ossido di ferro di media coercitività, come quelli usati specificamente per le registrazioni audio analogiche su bobina aperta (coercitività intorno ai 400 Oe), il massimo della tollerabilità stabilito è:

  5 Oe (= 400 A/m) AC (in corrente alternata)
25 Oe (=2000 A/m) DC (in corrente continua)

Queste soglie sono state stabilite al 50% di quei livelli per cui le influenze dei campi magnetici sui nastri pre-registrati sono diventate misurabili. I nastri metallici e al cromo hanno una coercitività maggiore.

 

3.7.2 Fonti di campi magnetici parassiti

I campi AC sono solitamente prodotti da motori a corrente alternata e da trasformatori. Le linee a corrente alternata non presentano campi esterni significanti finché i conduttori sono vicini (come accade normalmente). I campi DC sono irradiati da magneti permanenti. Contrariamente a quanto si teme, il campo magnetico sulla terra è troppo debole per influenzare la registrazione magnetica.

3.7.2.1 I pericoli tipici negli archivi audiovisivi. Le fonti di campi magnetici parassiti più pericolose generalmente presenti negli archivi audiovisivi sono i microfoni elettromagnetici, gli auricolari elettromagnetici, gli altoparlanti e gli strumenti a bobina mobile (misuratori di livello). Poiché la forza del campo decade notevolmente con la distanza, persino i campi più forti prodotti da questi dispositivi sono, a una distanza di 15 cm dai nastri registrati, molto al di sotto della suddetta soglia DC. Infine, gli smagnetizzatori, così come si usano per cancellare nastri audio e video analogici, hanno un campo magnetico estremamente forte e non devono essere usati dove si conservano o maneggiano nastri registrati. Quando si separano tali congegni dagli ambienti di gestione e stoccaggio, bisogna ricordarsi che le normali pareti non ostacolano i campi magnetici. Per i rischi associati al trasporto vedere il paragrafo 4.8.

3.7.2.1.1 Smagnetizzazione degli apparecchi di riproduzione. Al fine di prevenire danneggiamenti ai nastri registrati, tutte le guide metalliche e le testine devono essere smagnetizzate a intervalli regolari (quotidianamente, o almeno ogni 10 ore). I campi magnetici DC riducono il rapporto S/N e possono aumentare le distorsioni non lineari. Per evitare magnetizzazioni inavvertite, cacciaviti magnetici e altri attrezzi non devono essere usati nella manutenzione di apparecchi per la riproduzione di nastri magnetici. Anche i blocchi delle testine devono essere cambiati solo quando le macchine sono spente.

3.7.2.2 Rischi generali. Armadi con porte a chiusura magnetica e lavagne con adesivi magnetici devono essere evitati assolutamente poiché il minimo contatto imprevisto col nastro magnetico sarebbe dannoso. La forza del campo magnetico dei blocchi elettromagnetici delle porte tagliafuoco dovrebbe essere controllata. I motori elettrici che guidano scaffalature mobili e nastri trasportatori dovrebbero essere controllati, tanto quanto gli aspirapolvere usati nelle aree di deposito. Saldature elettriche non devono aver luogo in presenza di supporti magnetici: bisogna mantenere una distanza di almeno un metro. È consigliabile anche controllare la zona nelle immediate vicinanze dell’area di stoccaggio, poiché le mura non proteggono dai campi magnetici parassiti. Trasformatori e motori di ascensori potrebbero essere installati adiacenti alle parti esterne delle mura o trovarsi in un edificio confinante, nascosti alla vista, e generare campi magnetici. Per il trasporto dei nastri magnetici vedere 4.8.3.

3.7.2.3 Scaffalature metalliche. Contrariamente alle tante paure degli anni ’50, le scaffalature metalliche normalmente non sono pericolose per archiviare le registrazioni magnetiche. Bisogna aver cura nell’impedire che, se cade un fulmine, gli scaffali divengano inavvertitamente conduttori di corrente (3.7.2.4.1). In ogni caso la messa a terra delle scaffalature metalliche, come ampiamente richiesto dalle regole generali per la sicurezza, dovrebbe essere seriamente affrontata con degli specialisti. È molto improbabile che scaffali metallici rivelino un campo magnetico permanente. Se accade, probabilmente è dovuto all’uso di magneti durante la fabbricazione19.

3.7.2.4 Impulsi elettromagnetici (EMP o Electromagnetic pulses) sono brevissime e isolate scariche di radiazioni elettromagnetiche a banda larga molto forti. Benché il campo elettromagnetico di un EMP duri un tempo brevissimo, può essere molto potente e danneggiare il supporto dati in due modi: i supporti magnetici possono riorientarsi e quindi cancellarsi, mentre i supporti a stato solido possono essere distrutti dall’alto voltaggio indotto dal campo magnetico. Oltre al supporto dati, gli EMP artificiali particolarmente forti sono preoccupanti per il loro potenziale distruttivo nei confronti di hardware elettronici, installazioni elettriche e, originando incendi, interi edifici. Poiché i campi elettromagnetici si propagano alla velocità della luce, è impossibile prevenirli.

Ci sono diverse forme di EMP, naturali e artificiali, cioè prodotti dall’uomo. Nella preservazione degli audiovisivi, solo tre forme sono di particolare interesse: i fulmini, altre scariche elettrostatiche e gli EMP frutto di un’esplosione nucleare.

3.7.2.4.1 Fulmini. Benché non si sappia di danni provocati dai fulmini, non è detto che in qualche caso non sia accaduto e nessuno se ne sia accorto. Il campo magnetico emesso da un parafulmine o in generale da un conduttore colpito da un fulmine dipende dalla intensità della corrente generata dalla scarica e dalla distanza dal conduttore. I fulmini in zone dal clima temperato hanno una corrente media di circa 25-30 kA20 mentre nelle regioni tropicali si sono registrate scariche fino a 400 kA. Mentre per una corrente di 60 kA è sufficiente una distanza di 5 metri per ridurre il campo alla soglia di 25 Oe, la distanza necessaria per una scarica tropicale di 400 kA, affinché il campo magnetico generato dal fulmine rimanga entro la soglia sopra citata, dovrebbe essere di 33 metri. In un impianto parafulmine progettato correttamente, comunque, la scarica è deviata verso numerosi conduttori verticali separati, ciò permette di ripartire una parte della corrente totale su ciascun conduttore. Questo, in pratica, riduce la distanza di sicurezza richiesta fra il conduttore del fulmine e il supporto magnetico. Tutto deve essere fatto per impedire che le scaffalature metalliche, o le parti idrauliche, o il riscaldamento centrale, ecc., vengano a contatto con l’impianto del parafulmine in caso di scarica (3.7.2.3). Il progetto della protezione dai fulmini dovrebbe attenersi alla norma IEC 1024-1.

I rischi collegati alla scarica dei fulmini sono generalmente sottostimati quando si argomenta a proposito di conservazione degli audiovisivi, ma dovrebbe ricevere la dovuta attenzione quando si revisiona la sicurezza degli archivi o quando si progettano nuove costruzioni.

3.7.2.4.2 Altre scariche elettrostatiche (ESD o electrostatic discharges). Un materiale isolante si può caricare elettrostaticamente con l’energia statica. Per esempio, il corpo umano può caricarsi fino a 30 kV dopo aver camminato su un tappeto ben isolato, specialmente con un’umidità relativa molto bassa. Quando si toccano oggetti conduttori, la scarica avviene attraverso una piccola scintilla che crea un EMP molto breve, ma forte, che può danneggiare o addirittura distruggere i componenti elettronici sensibili: un’altra ragione, in aggiunta alla protezione dalla polvere, per cui bandire i tappeti dagli archivi di audiovisivi.

I dischi e i nastri magnetici caricati elettrostaticamente, prevalentemente quelli fatti in PVC, durante la riproduzione generano delle scariche elettrostatiche che diventano udibili come schiocchi, sia nel segnale audio in uscita dall’apparecchio, che a livello acustico nell’ambiente. Tali scariche non danneggiano i supporti, ma il fastidio e i difetti che provocano alla riproduzione devono essere evitati scaricando i supporti prima o durante la riproduzione.

3.7.2.4.3 EMP artificiali. Per la protezione degli audiovisivi, l’EMP artificiale più rilevante sarebbe quello prodotto da un’arma nucleare (NEMP). L’intensità del suo campo magnetico dipenderebbe da vari fattori (la forza della detonazione, la progettazione dell’arma, la quota dell’esplosione), probabilmente forte abbastanza da cancellare le registrazioni magnetiche non schermate, ma anche indirettamente pericolosa perché capace di distruggere hardware elettronici, installazioni elettriche e generare incendi provocati dall’alto voltaggio indotto nei conduttori metallici.

3.7.2.4.4 Protezione contro gli EMP. Sebbene, teoricamente, gli archivi di audiovisivi possano essere danneggiati considerevolmente dai NEMP, la possibilità che ciò accada è comunque molto bassa. Una protezione contro gli EMP per le apparecchiature e i supporti magnetici può essere fornita con l’utilizzo di una gabbia di Faraday e usando appropriati circuiti di protezione (separazione galvanica, limitatore di sovratensione) su tutte le linee di corrente. Edifici e singoli ambienti possono essere protetti coprendoli interamente da una rete metallica con messa a terra.

Generalmente, più alta è la frequenza delle radiazioni elettromagnetiche, più piccola deve essere la maglia della rete metallica. Poiché teoricamente lo spettro degli impulsi è indefinito, una schermatura efficace richiederà un pannello di metallo completamente sigillato, altamente conduttivo, per esempio di rame, che assicuri una buona messa a terra.

3.7.2.5 L’effetto copia (Print-through) è una copiatura accidentale del segnale che si crea quando un nastro è avvolto su se stesso. Il fenomeno avviene per una trasmissione irregolare di coercitività lungo le particelle di un dato nastro: mentre le particole ad alta coercitività resistono al riorientamento provocato dal campo magnetico di una superficie adiacente, una piccola percentuale di particelle a bassa coercitività è vulnerabile al riorientamento. L’effetto copia avviene immediatamente dopo la registrazione, al riavvolgimento della bobina, e aumenta logaritmicamente col tempo21. A parte la generale predisposizione di determinate superfici magnetiche, l’intensità dell’effetto copia dipende anche dallo spessore del nastro22. La temperatura aumenta vertiginosamente il fenomeno, che è anche favorito dalla presenza di un basso campo magnetico esterno.

Con il sistema internazionale di avvolgimento con l’ossido rivolto dalla parte del nucleo, l’effetto copia è più forte sulla parte esterna del nastro recante il segnale, che su quella interna.  Quando i nastri sono archiviati avvolti intorno alla bobina debitrice, l’anomalo pre-eco è più forte del meno fastidioso post-eco. Pertanto lo stoccaggio “avvolto in coda” ha ottenuto una vasta popolarità. Con il modello di stoccaggio tedesco con l’ossido orientato contrariamente al nucleo (B-wind) sono valide le affermazioni opposte.

Poiché l’effetto copia è provocato da particelle instabili a bassa coercitività, può essere eliminato in larghissima misura avvolgendo il nastro in modalità veloce diverse volte prima di riprodurlo. Ciò sfrutta gli effetti magnetoscrittivi sulle particelle a bassa coercitività23.

Per ridurre l’effetto copia per le successive riproduzioni, i nastri riprodotti dovrebbero essere portati a temperatura di immagazzinamento e poi riavvolti diverse volte per mantenere l’iniziale livello di effetto copia al minimo.

Bisogna ricordare che qualsiasi mancanza nel ridurre l’effetto copia prima della riproduzione trasferirà questo disturbo sulla nuova registrazione.


Figura 28: interferenze reciproche di spire magnetiche adiacenti


Figura 29: Pre- e post-eco


19. Misurazioni sistematiche di scaffalature metalliche hanno mostrato campi DC permanenti da 1 Oe. Sarebbe consigliabile quel livello come massimo ammissibile quando si ordinano scaffalature in acciaio, e misurarlo alla consegna.

20. In Austria, per esempio, i colpi di fulmine in media non superano i 30 kA. Comunque, i parafulmini sono indicati per sopportare una scarica da 60 kA.

21. Il suo aumento nella prima unità è lo stesso delle successive dieci e poi cento unità (o altre serie esponenziali).

22. A causa del suo rapporto lunghezza d’onda-spessore del nastro e a causa dell’ottimale percezione del segnale nella frequenza medio-bassa intorno ai 1000 Hz, i disturbi individuali dipendono dalla velocità di registrazione. Comunque, l’effetto copia è notevolmente più fastidioso a una registrazione di 38 cm/s su nastro standard che ad es. su cassetta analogica con la sua bassa velocità di 4.76 cm/s.

23. Per la maggior parte dei nastri, un effetto copia creato in 224 giorni può essere ridotto sotto il livello di 24 ore avvolgendo velocemente il nastro tre volte (Schüller 1980).

3.8 Pulizia dei supporti

Pulizia dei supporti 24. Allo scopo di evitare gli effetti descritti al punto 3.5, i supporti devono essere puliti per togliere tutti i corpi estranei, i residui e gli elementi del deterioramento chimico. Per principio tutti i supporti destinati a un archivio devono essere puliti prima di entrare nell’area di stoccaggio. Ciò è particolarmente importante sia per le collezioni sporche/polverose provenienti da zone climatiche aride, sia per supporti o intere collezioni colpite da funghi. Prima del trasferimento, i supporti devono essere controllati ancora per la presenza di polvere, sporcizia e altre materie estranee e devono essere puliti in modo appropriato.

Per tutti i supporti (con alcune eccezioni) dovrebbe essere osservato il seguente ordine di misure:

Pulizia ad aria compressa. È disponibile in bombole pressurizzate per un uso saltuario. Per un uso più frequente si dovrebbe provvedere con un piccolo compressore con filtro appropriato.

Rimozione meccanica delicata. Per i supporti meccanici, spazzole con setole più morbide del materiale da pulire dovrebbero essere disponibili per la rimozione attenta di corpi estranei leggeri. Per i nastri, si dovrebbero usare materiali morbidi che non lasciano residui, ad esempio in (Pellon) pile, che può anche essere montato nel percorso che segue il nastro. Per i nastri delle cassette, sono in commercio apparecchi di pulizia. Con i dischi ottici invece bisogna usare una grande attenzione, poiché la pulizia può provocare graffi irreparabili.

I dischi meccanici dovrebbero essere puliti con un movimento che segue il solco. I dischi ottici dovrebbero essere puliti con un movimento radiale o di traverso alla traccia del segnale.

Misure di sicurezza per la salute devono essere osservate quando si puliscono funghi da supporti infestati e dai loro contenitori. Tale pulizia deve essere eseguita in scarico chimico o sotto un aspiratore o all’aria aperta, e l’operatore deve indossare un dispositivo di protezione per l’apparato respiratorio.

Acqua distillata. Per la maggior parte dei supporti audio e video una breve esposizione all’acqua è permessa. L’eccezione riguarda qualche disco istantaneo fatto di gelatina, di cartone e in materiali simili solubili in acqua. Per migliorare il risultato del lavaggio si possono aggiungere agenti umidificanti. Sono in commercio macchine fatte apposta per lavare i dischi. È fondamentale che i dischi siano scrupolosamente asciugati dopo il contatto con l’acqua.

Solventi chimici. Il loro uso è l’ultimo stadio per pulire dai supporti quei residui resistenti ai metodi più delicati. Essi devono essere applicati solo dopo essersi informati presso fonti attendibili e da esperti. Poiché la composizione dei supporti, specie i nastri d’epoca e i dischi istantanei, è spesso sconosciuta e la loro reazione ai solventi imprevedibile, bisogna fare delle attente verifiche. È importante tener presente che reazioni inaspettate possono comparire in un secondo momento. Per la precisione, la rimozione dei sottoprodotti chimici del deterioramento materiale deve essere esaminata attentamente assieme a persone esperte in sostanze chimiche. L’uso di prodotti commerciali con ingredienti non dichiarati è proibito.


24. Questo paragrafo vale solo per i principi di base della pulizia dei supporti. Per i dettagli guardare le rispettive sezioni in IASA-TC04, capitolo 5.

4 Depositi e Trasporto

4.1 Ambienti di deposito

Il controllo dell’ambiente nell’area di deposito è determinato dalle condizioni predominanti nella zona circostante, dalla costruzione del deposito, dalla qualità dell’isolamento e dell’impermeabilizzazione dall’umidità e dall’impianto di condizionamento; in caso di progettazione di un’area di deposito, bisogna tener conto di questi quattro fattori. Esagerare nell’impianto di condizionamento per compensare un isolamento inadeguato, per esempio, porta a condizioni precarie e variabili. Come già spiegato in questa pubblicazione, l’equilibrio è più importante della soddisfazione di requisiti assoluti. Di seguito si trattano delle informazioni generali che possono essere valutate con personale specializzato nella corretta progettazione.

4.2 La localizzazione dell’area di deposito

Idealmente l’area di un deposito dovrebbe essere al centro di un immobile, notevolmente sollevata dal piano terra. Simile ubicazione permetterebbe un controllo efficace e autonomo su tutti i fattori ambientali, incluse temperatura, umidità e acqua, polvere e inquinamento, luce, tanto quanto i campi magnetici parassiti. Qualsiasi ubicazione ai margini di un immobile ne renderebbe più difficile il controllo e forse anche meno efficace. Qualsiasi ubicazione al di sotto del livello del suolo rende il condizionamento dell’aria più costoso, e più difficoltosa un’effettiva prevenzione dalle infiltrazioni d’acqua. I soffitti dovrebbero essere ignifughi, isolati termicamente e protetti anche dalle infiltrazioni d’acqua, che possono verificarsi per tante ragioni.

4.3 Aria condizionata e controllo ambientale

L’aria condizionata, il controllo ambientale o le tecnologie per la gestione degli edifici sono tutti termini usati per descrivere sistemi di varia complessità che controllano e gestiscono l’ambiente all’interno di un immobile. Benché tali sistemi siano sviluppati principalmente per il comfort degli abitanti dell’edificio, diventano una necessità se le aree devono mantenere determinate condizioni di stoccaggio per essere utilizzate come “magazzino” a lungo termine delle raccolte di audiovisivi, come specificato in questo testo. In via di principio, i sistemi di aria condizionata sono gli stessi, sia che servano per la conservazione e l’immagazzinamento, che per il comfort. Comunque, i sistemi di aria condizionata per la conservazione e l’immagazzinamento richiedono una maggiore resistenza e controlli più accurati.

4.3.1 Controllo della temperatura. Il controllo della temperatura si raggiunge col raffreddamento o il riscaldamento dell’aria che viene immessa nell’ambiente che deve essere tenuto in osservazione. Sensori nell’area rilevano le condizioni e questo dato serve a controllare gli elementi di raffreddamento o di riscaldamento. L’interazione coi sensori solleva dei problemi che verranno trattati in seguito.

È importante notare che il raffreddamento è l’azione di togliere calore da una zona e spostarlo in un altro ambiente.

Un sistema di raffreddamento evaporativo, che trasmette aria attraverso un ambiente umido rimuovendo energia termica tramite evaporazione, non è adatto a un archivio, specialmente perché aumenta l’umidità relativa. In ogni caso, esso risulta efficace solo in ambienti molto secchi.

Un fattore critico nella progettazione di un sistema di controllo ambientale è che il riscaldamento dell’aria riduce l’umidità relativa mentre il raffreddamento la aumenta. Temperature stabili e umidità stabile sono entrambe importanti e il loro controllo è collegato: per questa ragione il controllo della temperatura deve essere combinato col controllo dell’umidità (3.2.3).

4.3.2 Principi di deumidificazione. Quasi tutti gli ambienti di stoccaggio richiedono la deumidificazione per togliere l’umidità dall’aria in eccesso, e così rispondere alle condizioni specificate in questa pubblicazione. La necessità di umidificare, di aggiungere umidità all’aria, è molto più inusuale e, se indispensabile, si può risolvere abbastanza facilmente. L’Umidità Relativa, che è il modo più comune per definire l’umidità dell’aria, è una misura percentuale proporzionale alla quantità di umidità che l’aria potrebbe sostenere a una data temperatura e pressione, contando che quest’ultima dipende dall’altitudine.

La deumidificazione consiste nella rimozione dell’umidità dall’aria per ridurre l’umidità relativa. Come detto in precedenza, il raffreddamento dell’aria aumenta l’umidità relativa. Se si abbassa la temperatura dell’aria, si potrebbe alla fine raggiungere un punto in cui l’umidità dell’aria si condensa formando gocce di liquido. La temperatura in cui l’umidità diventa condensa è conosciuta come “punto di rugiada”.


Figura 30: tabella dei punti di rugiada (Easchiff (Own work) [CC-BY-SA-3.0-2.5-2.0-1.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/)], via Wikimedia Commons)

Il modo più comune per deumidificare un ambiente è raffreddare l’aria trattata a una temperatura ben al di sotto del “punto di rugiada”, e così rimuovere l’umidità dall’aria sotto forma di gocce d’acqua. L’aria trattata viene poi riscaldata alla temperatura richiesta e l’umidità relativa risultante è il prodotto della quantità di umidità rimossa col raffreddamento e la temperatura finale dell’aria trattata.

Questo approccio, benché pratico, semplice e comune, presenta un numero di problemi degni di nota. Prima di tutto, il costo energetico per raffreddare e poi scaldare di nuovo l’aria è abbastanza rilevante e dovrebbe essere considerato un fattore a lungo termine nella gestione di qualsiasi ambiente. Secondariamente, la quantità di umidità rimossa dall’aria è proporzionale al differenziale di temperatura e un sistema dovrà essere sovradimensionato per essere all’altezza di affrontare un ampio raggio di condizioni ambientali sperimentate in vari luoghi. Infine, è molto difficile ottenere controlli accurati usando questo tipo di sistemi, che possono portare a regolari aumenti o diminuzioni di temperatura e umidità, il che è dannoso per la conservazione del materiale raccolto.

La deumidificazione essiccante consiste nella rimozione dell’acqua dall’aria all’interno di un’unità di stoccaggio tramite un materiale (detto essiccante) in grado di assorbire l’acqua. Successivamente, l’essiccante viene riscaldato all’esterno dell’unità in modo da rimuovere l’acqua che ha assorbito, dopodiché può essere riutilizzato. Tali sistemi possono garantire il basso livello di deumidificazione richiesto negli archivi nella maggior parte degli ambienti climatici e sono più efficienti della comune pratica di raffreddamento e riscaldamento descritta sopra.

4.3.3 Sensori. Vengono comunemente utilizzati dei sensori per rilevare l’umidità legata a una temperatura e altri aspetti della qualità e condizione dell’aria. La maggior parte dei sensori usati negli uffici ha una tolleranza pari o maggiore del ±5%. Mentre ciò è sufficiente a controllare gli uffici, (quando vengono utilizzati) in sistemi critici come gli archivi non possono garantire i margini di tolleranza descritti in questo documento.

I sensori che rilevano le condizioni in un ambiente controllato, le comunicano all’impianto di aria condizionata. In parole povere, quando le condizioni rilevate sono al di fuori di quelle richieste, l’impianto sensoriale si accende; quando invece rientrano nelle condizioni richieste, l’impianto si spenge. Quando il sistema opera in questo modo, le condizioni dell’ambiente possono fluttuare tra alti e bassi e questo può avere effetti nocivi sui materiali nell’archivio. Allo scopo di evitare questo problema, i sistemi moderni utilizzano sensori di alta qualità che operano con avanzate tecnologie di controllo, le quali accendono e spengono gradualmente gli impianti di riscaldamento e raffreddamento, portando quindi ad un ambiente molto stabile dal punto di vista climatico.

È pratica comune posizionare i sensori nel flusso d’aria che viene estratto dall’archivio. Tuttavia, un sistema progettato male può causare dei vuoti d’aria o spazi all’interno dell’archivio al di fuori delle specifiche che i sensori non riescono a rilevare (microclimi). Si raccomanda quindi l’uso di molteplici sensori, tarati di comune accordo per determinare le condizioni climatiche dell’ambiente.

4.3.4 Qualità dell’aria e filtraggio. Solitamente, gli impianti di aria condizionata sono progettati in modo da riciclare l’aria all’interno di un ambiente e aggiungere una quantità predeterminata di aria fresca presa dall’esterno. Più ridotta è la quantità d’aria presa dall’esterno, più semplice e più economico sarà mantenere le condizioni richieste. La quantità di aria fresca presa dall’esterno è stabilita da regole di tipo sanitario, in quanto la maggior parte dei paesi ha uno standard che impone una quantità minima di 10% di aria fresca. Sebbene gli archivi possano avere una proporzione più bassa di aria fresca, sarebbe necessario installare dei sensori per rilevare l’accumulo di anidride carbonica e altri gas indesiderati all’interno dell’archivio. Inoltre, è probabile che le plastiche presenti nei supporti archiviati rilascino dei gas, che sicuramente si accumulerebbero in tali ambienti. Perciò, una percentuale intorno al 10% è un buon compromesso tra costo e aria pulita. Il flusso d’aria che attraversa la stanza deve raggiungere ogni parte di essa in modo da prevenire ogni accumulo di contaminanti.

Immettere aria in un ambiente porterà sicuramente ad un accumulo di polvere e altre particelle contenute nell’aria. Gli impianti di aria condizionata devono essere provvisti di filtri che rimuovono queste particelle. Il tipo di filtro e la dimensione delle particelle per la rimozione dipenderanno dalla qualità dell’aria sia all’interno che, soprattutto, all’esterno dell’edificio. Oltre alla corretta manutenzione dei filtri, la quantità di polvere presente in un ambiente può essere ridotta se si mantiene una pressione più alta nella stanza rispetto agli ambienti circostanti.

Secondo ISO 14644-1, per gli archivi e i laboratori l’obbiettivo da raggiungere è la classificazione delle camere bianche ISO 8, o preferibilmente ISO 7 25.

La presenza di diossido di zolfo, diossido di azoto, degli ossidi di azoto e altri gas inquinanti, diminuiranno la durata della vita dei supporti archiviati. La maggior parte dei paesi ha delle specifiche per la qualità dell’aria, e per questo vengono consigliate certe classi di filtri.

I filtri necessitano di regolare manutenzione e pulizia in modo da risultare sempre efficaci.


25. ISO 8 corrisponde alla classe 100.000 dello standard americano US FED STD 209E, ISO 7 corrisponde alla classe 10.000.

4.4 Muri, materiali, trasmissione del calore e permeabilità

Il modo più efficiente di controllare le condizioni ambientali è costruire una stanza con buon isolamento termico e fatta di materiali che siano discretamente impermeabili al trasferimento di vapore acqueo. I materiali che vengono comunemente usati nella costruzione di edifici, quali muri di intonaco, mattoni e mattoni di cemento, non forniscono un isolamento efficiente contro il cambiamento di temperatura e permettono a grandi quantità di acqua di passare nell’archivio. Se vengono usati questi materiali, devono essere applicati dei sigillanti su tutte le superfici, e tutte le aperture (anche le porte) devono essere sigillate.

Dovrebbe anche essere preso in considerazione l’utilizzo di camere di compensazione in prossimità delle porte.

Un buon modo per avere un archivio a temperatura controllata è costruire uno spazio o struttura isolata all’interno di un edificio già esistente (4.2). I muri di tale spazio dovrebbero essere costruiti con materiali altamente impermeabili come alluminio rigido e pannelli in polistirene come viene fatto per gli ambienti dove si conservano i cibi. Tutte le aperture, incluse porte, condotti elettrici e non, fori delle viti, devono essere sigillate in quanto è fondamentale al fine di un corretto isolamento. Nella maggior parte dei casi, i luoghi che utilizzano questo tipo di sistema all’interno di un edificio riferiscono che sono stati in grado di ridurre considerevolmente la quantità e il costo dell’aria condizionata. Nel caso di una disastrosa perdita di corrente, tali archivi mantengono le proprie condizioni per un periodo di tempo maggiore.

4.5 Come specificare le condizioni richieste a un costruttore

Spesso è difficile specificare chiaramente a un fornitore quali sono le condizioni richieste per un archivio. Illustrare semplicemente i parametri di temperatura potrebbe non essere abbastanza per avere un buon risultato. Si consiglia di prendere in considerazione i seguenti parametri.

  • Valore di riferimento della temperatura e umidità
  • Margini di tolleranza espressi in valori al di sopra e al di sotto del valore di riferimento
  • Frequenza di alterazione (la durata del ciclo tra alto e basso)
  • Tasso di alterazione (il gradiente del ciclo)
  • Quantità di aria fresca espressa in percentuale di aria circolante
  • Pulizia dell’aria espressa in percentuale, o la qualità del filtro necessaria per rimuovere tale contenuto
  • Flusso d’aria attraverso la stanza
  • Numero di sensori e la loro posizione, perché siano in grado di determinare le condizioni generali
  • Consumo energetico in una serie di condizioni

In alternativa al comune contratto di fornitura, può essere stipulato un contratto a prestazione, nel quale la prestazione è definita in termini di standard o strategie, ma il fornitore viene vincolato per un periodo di tempo a mantenere e gestire il sistema così che continui a raggiungere tali standard. Questo tipo di contratto sarà probabilmente più costoso, ma costituisce un forte incentivo per il fornitore a raggiungere le condizioni specificate a lungo termine.

4.6 Scaffalature

4.6.1 Materiali. Oggigiorno, le scaffalature in metallo sono le più usate. Non c'è alcun rischio nel loro utilizzo per archiviare i supporti magnetici (3.7.2.3). Negli anni cinquanta e sessanta venivano usate comunemente le scaffalature in legno; oggi queste sono sconsigliate in quanto alcuni componenti usati per il loro trattamento chimico potrebbero interagire con i supporti audiovisivi.

4.6.2 Carichi delle scaffalature. Gli scaffali devono essere abbastanza robusti da mantenere il peso dei supporti audiovisivi. Il peso approssimativo di un metro di supporti nei loro tipici contenitori è:

Audio
Dischi in gommalacca 78 1/min replicati, da 25cm (10”) : 72kg
Dischi in gommalacca 78 1/min replicati, da 30cm (12”) : 92kg
Dischi in vinile da 17cm (7”, singoli): 21kg
Dischi in vinile da 25cm (10”): 38kg
Dischi in vinile da 30cm (12”): 54kg
Nastri magnetici di 13cm (5”) in bobine: 12kg
Nastri magnetici di 18cm (7”) in bobine: 18kg
Nastri magnetici di 27cm (10.5”) in bobine/avvolti su nucleo: 48/40kg
Nastri magnetici di 30cm (12”) avvolti su mozzo: 50kg
CD nei loro contenitori di plastica (jewel case): 7kg

Video
Nastri magnetici da 2”, 30/45/70/90 min: 84/114/120/142kg
Nastri magnetici da 1”, 75/126 min: 75/87 kg
U-matic: 22kg
Cassette da mezzo pollice, in media: 8kg
DVD in scatole: 6kg

4.6.3 Posizione d'archiviazione. Tutti i supporti, dischi, nastri, e qualsiasi tipo di cassetta, dovrebbero essere archiviati in posizione verticale. Per quanto riguarda i dischi, dei separatori dovrebbero essere posizionati a intervalli di distanza pari alla metà del diametro del disco. I dischi non devono essere stretti fra di loro, tuttavia non devono stare larghi, in modo da evitare una posizione di inclinazione permanente. I divisori usati per i nastri sono solitamente della stessa dimensione del loro diametro. Durante l'assenza di un supporto quando viene utilizzato, devono essere usati dei sostituti fasulli in modo da mantenere la posizione verticale dei supporti finché il supporto mancante non viene rimesso al proprio posto.

Solamente i dischi istantanei morbidi, come quelli in gelatina o in Decelith, dovrebbero essere archiviati in posizione orizzontale in piccole pile di dieci pezzi al massimo.

4.7 Contenitori

Idealmente, i supporti dovrebbero essere conservati in contenitori chimicamente inerti progettati per proteggerli da danni meccanici dovuti al normale maneggiamento e proteggerli dalla luce. Con l'avanzamento della ricerca sulla conservazione negli ultimi decenni, sono state studiate e comprese le azioni autocatalitiche di vari processi di degenerazione polimerica. Di conseguenza, non viene consigliato l'uso di contenitori a tenuta stagna in quanto potrebbe intrappolare derivati endogeni degradanti, e quindi aumentare il tasso di degradazione.

Generalmente, la protezione dalla polvere può essere raggiunta tramite un corretto isolamento e filtraggio dell'aria nell'intero ambiente dell'archivio. Questo consentirà al flusso d'aria di scorrere intorno ai supporti e questo aiuterà a ritardare, se non a prevenire, la deteriorazione autocatalizzata. Ove una prevenzione efficiente della polvere non è possibile, una decisione riguardo alla protezione dei supporti dalla polvere dipenderà dai relativi rischi derivanti da cambiamenti interni al supporto contro gli inevitabili rischi esterni26.

I materiali preferiti per realizzare contenitori progettati per sostituire quelli originali in quanto danneggiati o inadeguati, sono il polipropilene e il polibutilene per le scatole dei nastri magnetici, sacchetti in polietilene o custodie in carta senza acidi per i dischi in vinile, e custodie in carta senza acidi per i dischi in gommalacca. Per l'archiviazione dei cilindri, la Association for Recorded Sound Collections (ARSC), in collaborazione con Library of Congress, ha realizzato un "Archival Cylinder Box"27.

I contenitori originali spesso presentano una serie di problemi: potrebbe essere stato usato un cartone contenente acidi per le scatole dei nastri e custodie dei dischi; potrebbero essere stata utilizzata carta contenente acidi per i libretti degli LP e CD, oppure per gli inserti di qualsiasi tipo di cassette audio e video vergini. Nella fase iniziale della produzione degli LP, a volte venivano usate delle custodie in PVC che potrebbero danneggiarne la superficie.

Tenendo a mente l'ottimizzazione della durata dei supporti, idealmente tutti i supporti dovrebbero essere rimossi da contenitori originali inadeguati e separati da qualsiasi materiale che li accompagna ritenuto inadeguato. Tuttavia, tutto questo deve essere attentamente considerato cercando di bilanciare il miglioramento delle condizioni di archiviazione e la sfida economica e organizzativa che un compito del genere presenterebbe. La stragrande maggioranza dei contenitori e materiali che accompagna i supporti contiene informazioni che sono di per sé parte del documento. La perdita o la confusione creata da erronei riferimenti incrociati tra parti separate del documento generalmente causerà molti più danni all'integrità e all'utilità del documento rispetto a qualsiasi teorica ottimizzazione della durata del supporto. Perciò, in generale, viene consigliato che questi cambiamenti siano limitati ai casi di minacce ovvie e immediate, come ad esempio le custodie in PVC o in altri materiali inadeguati per gli LP, o la rimozione dei nastri in acetato di cellulosa da sacchetti di plastica.


26. Perciò gli archivi situati in zone dal clima moderato possono arrivare a soluzioni differenti da quelli in zone dal clima caldo e arido.

27. Questo contenitore è stato progettato per archiviare un singolo cilindro fonografico di dimensioni standard. Per maggiori informazioni, contattare Bill Klinger (Presidente della commissione ARSC per questo progetto) a klinger@modex.com

4.8 Trasporto

Il trasporto richiede adeguate misure contro gli urti, cambiamenti climatici e campi magnetici parassiti.

4.8.1 Prevenzione dei danni causati dagli urti. I supporti più sensibili agli urti sono i cilindri e i dischi in gommalacca. Questi richiedono un imballaggio resistente agli urti, particolarmente quando i supporti vengono spediti per posta o via cargo. L'imballaggio dei cilindri richiede un attento equilibrio tra l'evitare il loro movimento all'interno della scatola, evitare il movimento della scatola all'interno di contenitori più grandi e l’adozione di adeguate misure contro gli urti. Inoltre, bisogna prestare attenzione alla protezione contro temperature elevate, nello specifico contro radiazioni solari.

A causa della loro importanza, il trasporto dei cilindri viene spesso affidato a specialisti del trasporto di opere d’arte (4.8.4). I dischi in gommalacca richiedono un imballaggio di varie scatole una dentro l'altra. Sia le scatole interne che quelle esterne devono essere di cartone resistente, e devono essere separate in ogni direzione da uno strato di polistirolo o altri materiali simili che assorbono gli urti. È fondamentale che i dischi siano stretti fra di loro all'interno della scatola in modo da evitare qualsiasi urto. I dischi in vinile sono meno sensibili agli urti, ma è auspicabile un livello di protezione simile per evitare danni alle loro copertine. Le stesse misure, in particolare l'imballaggio stretto, sono fondamentali per i nastri magnetici avvolti su nuclei aperti per evitare qualsiasi movimento all'interno del nastro avvolto, o movimento del nastro sul nucleo, o persino lo scivolamento del nastro via dal nucleo.

4.8.2 Calore e umidità. Qualsiasi trasporto esporrà i supporti a condizioni climatiche al di fuori dei parametri ottimali per l'archiviazione. Una prima misura è quella di scegliere un metodo e una rotta di trasporto che prenda in considerazione la stagione in cui esso avviene in modo da evitare i rischi dovuti all'esposizione a condizioni climatiche estreme. Inoltre, un imballaggio adeguato deve prevenire cambiamenti di temperature inevitabili e l'esposizione all'umidità. Una minaccia tipica è quella della penetrazione di acqua nei supporti dopo lunghi periodi in ambienti freddi e la successiva esposizione a condizioni climatiche più calde e umide. Esempi di questo sono il trasporto nelle stive degli aerei che atterrano in aree climatiche calde e umide. Le contromisure includono un isolamento termico sufficiente dei materiali di imballaggio durante il trasporto, dopo il trasporto i supporti dovrebbero essere lasciati ad aerare per prevenire l'intrappolamento di grandi quantità di condensa, e le temperature dovrebbero essere lentamente riportate al livello normale. Quando è possibile, i supporti audio/video dovrebbero essere trasportati nella cabina degli aerei. Il trasporto in stive non pressurizzate dovrebbe essere evitato il più possibile.

4.8.3 Campi magnetici parassiti. I campi magnetici prodotti dai metal detector per il controllo dei bagagli a mano negli aeroporti normalmente sono troppo deboli per interferire con i segnali registrati sui nastri audio o video. Dato che i metal detector usati per il controllo dei bagagli destinati al trasporto in stiva potrebbero produrre campi magnetici più potenti, viene generalmente consigliato di trasportare nastri magnetici registrati come bagaglio a mano. Non si hanno informazioni riguardo a possibili pericoli derivanti da campi magnetici parassiti con altri sistemi di trasporto, come ferrovie elettriche, metro e autobus, o altri mezzi elettrici. Tali rischi dovrebbero essere molto bassi, in quanto non sono stati registrati incidenti che facciano pensare a fonti di pericolo. Tuttavia, in modo da eliminare questo rischio, potrebbe essere consigliabile proteggere i supporti di valore straordinario trasportandoli in scatole metalliche di materiale altamente permeabile.

Tuttavia, una minaccia maggiore potrebbe essere quella delle sempre più comuni automobili elettriche. Prima che siano disponibili misurazioni concrete riguardo ai loro campi magnetici parassiti, viene consigliata la massima cautela. Si dovrebbe evitare l'uso di tali veicoli finché non si sappia di più sui possibili pericoli; nel caso si decida di usare l’automobile elettrica per il trasporto è importante che i nastri magnetici siano trasportati in scatole metalliche.

4.8.4 Collaborazione con trasportatori speciali. Il trasporto di grandi quantità di supporti (ad esempio, il trasferimento di intere collezioni) dovrebbe essere pianificato e programmato con specialisti nel campo del trasporto di tesori d'arte.

5 Prevenzione Degli Incidenti : Fuoco, Acqua , e Disponibilità di Corrente Elettrica

5.1 In generale

Essere pronti al disastro include ogni misura per prevenire, o almeno ridurre al minimo, gli effetti negativi di incidenti imprevedibili di ogni tipo, che siano di origine naturale, come terremoti o condizioni climatiche estreme (che sembrano essere diventate più comuni negli ultimi anni), o causate dall'uomo, come guerre civili e non, etc. Gli elementi di base per essere pronti al disastro cominciano con fattori come la scelta del sito dove costruire nuovi edifici per gli archivi. Dovrebbe anche essere condotta una sistematica ricerca di qualsiasi pericolo intrinseco a edifici per gli archivi già esistenti e i loro quartieri. Devono essere preparati piani dettagliati per reagire in maniera appropriata nel caso di disastri ineluttabili. Questi devono avere come principi cardine la salvaguardia del personale e dei visitatori e la salvaguardia della collezione presente nell'archivio.

Una dettagliata esposizione del come fare a essere pronti ai disastri va oltre lo scopo di questa pubblicazione. Le influenze ambientali e le specifiche misure preventive sono state discusse nelle rispettive parti del capitolo 3. Tuttavia, a causa dei particolari rischi che presentano gli incendi e l'acqua per i supporti audiovisivi, questi due aspetti vengono affrontati qui di seguito.28

Infine, a causa dell'assoluta dipendenza dall'energia elettrica, viene sottolineata la necessità di un'alimentazione elettrica continua nel caso di disastro.


28. Vedere la bibliografia per gli aspetti generali della riduzione degli incidenti.

5.2 Incendi

La prevenzione degli incendi e il loro spegnimento sono di importanza assoluta. Oltre alla salvaguardia di materiale inestimabile, si deve comprendere che quando i supporti audiovisivi bruciano essi rilasciano esalazioni altamente tossiche, considerevolmente nocive alla salute. Oltre alla perdita di materiale insostituibile, il risultato di tali incidenti potrebbe essere una bonifica complicata e costosa della sede.

Idealmente, l'intero edificio contenente l'archivio dovrebbe essere diviso in parti o zone più piccole di dimensioni appropriate ed equipaggiate con un sistema di rilevamento degli incendi.

I muri, il pavimento e il soffitto di ogni parte dell'archivio dovrebbero essere ignifughi ed equipaggiati con un impianto automatico per lo spegnimento di incendi. Negli anni 70 e 80, il gas Halon29 veniva usato comunemente come agente per lo spegnimento di incendi di materiali culturali sensibili.

Quest'ultimo è stato anche consigliato da IASA nel 1981 (IASA-TC 02). A causa del suo effetto nocivo sul buco dell'ozono, il gas Halon e altri agenti idrocarburi fluoroclorinati sono stati proibiti dal protocollo di Montreal nel 1989. Oggi sono disponibili un gran numero di sostituti del gas Halon. Sono più ecologici e vengono usati sia per materiali tradizionali che per le stanze dei server degli archivi digitali. Questi vengono anche consigliati per i materiali audiovisivi.

I cosiddetti sistemi a "nebbia secca", che spruzzano acqua in una nebbiolina molto fine nell'ambiente, stanno acquistando popolarità, dato che l'effetto di raffreddamento è di grande aiuto per proteggere i supporti dal calore di un incendio, mentre i danni causati dall'acqua sono minimi. Tali sistemi possono essere usati per qualsiasi tipo di archivio. Tuttavia, non sono idonei per installazioni elettriche come gli archivi digitali (server).  Alcuni stanno cominciando ad usare archivi a basso contenuto di ossigeno, una tecnologia che riduce il livello di ossigeno nell'aria dell'archivio sotto il punto nel quale si può sviluppare un incendio.

Gli estintori a mano dovrebbero contenere CO2. Non devono essere utilizzati i più comuni estintori presenti negli uffici, ovvero quelli ad acqua, schiuma o polvere. Anche se sono chimicamente innocui, la rimozione della polvere sottile proveniente dagli estintori a polvere dai supporti audiovisivi richiede moltissimo tempo e a volte non risulta possibile.


29. Il gas Halon e i suoi sostituti estinguono gli incendi in una concentrazione che non è pericolosa per le persone che rimangono intrappolate inavvertitamente in un archivio in caso di allagamento. L'anidride carbonica (CO2) sarebbe più efficiente e più economica, ma il suo uso è fortemente sconsigliato, e spesso è proibito dalla legge, a causa del suo enorme rischio per il personale, particolarmente nel caso di falso allarme.

5.3 Acqua

A parte il mantenere l’umidità bassa (3.1), speciale attenzione deve essere prestata alla prevenzione di flussi d’acqua, che potrebbero provenire da varie fonti. Perciò, gli archivi dovrebbero essere protetti da eventuali flussi d’acqua da ogni lato. Questo si può realizzare facilmente se l’archivio è situato in una posizione elevata, al di sopra del piano terra. Un soffitto impermeabile bloccherà flussi d’acqua provenienti da perdite delle tubature, piogge pesanti e acqua usata per estinguere incendi al piano di sopra. Non ci dovrebbe essere alcun collegamento con l’impianto fognario il quale, in caso di allagamento, causerebbe un riflusso d’acqua. 

Se non si può evitare che l’archivio sia interrato, bisogna considerare attentamente la protezione dell’archivio dalle alluvioni, particolarmente nelle zone tropicali, dove i temporali possono produrre quantità inaspettatamente alte d’acqua in breve tempo. Potrebbe essere consigliabile installare pompe automatiche. In ogni caso, i materiali dovrebbero essere conservati un po’ al di sopra del pavimento per agevolare la loro salvaguardia almeno per un periodo in caso di allagamento e dare tempo alle misure preventive di entrare in azione (vedere 3.1.2 su come asciugare e pulire materiali alluvionati).

5.4 Disponibilità di corrente elettrica

L’operatività degli archivi audiovisivi dipende dalla disponibilità di corrente elettrica. Un’alimentazione elettrica continua è essenziale per mantenere un archivio digitale ed è anche essenziale affinché gli allarmi antincendio e i sistemi per lo spegnimento di incendi siano operativi. Anche nelle aree ad elevato sviluppo tecnologico, una alimentazione elettrica continua deve sempre fare parte dei rispettivi sistemi. Inoltre, per far fronte alle singole situazioni che vengono affrontate nei paesi in via di sviluppo, devono essere installate unità indipendenti di alimentazione elettrica che producano corrente a sufficienza per tenere l’archivio in operazione nel caso di frequenti e prolungati black-out elettrici.

Tuttavia, si deve tenere presente che anche nelle aree con alimentazione elettrica pubblica e normalmente affidabili, incendi o altri insoliti disastri naturali causerebbero probabilmente problemi all’alimentazione elettrica e per questo dovrebbero essere messe in atto misure preventive. La più importante di queste è la presenza di luci di emergenza operate da batterie che permetterebbero l’evacuazione in sicurezza dei visitatori e del personale, e che assisterebbero l’organizzazione durante la fase di salvataggio. Inoltre devono essere presenti dei generatori sufficientemente potenti con meccanismi di avviamento automatico, in modo che nel caso di necessità le attrezzature possano rimanere operative, come ad esempio le pompe automatiche per tenere l’acqua al di fuori dell’archivio. Questi sistemi in standby devono essere testati periodicamente.

6 Conclusioni

Anche se vengono seguiti attentamente tutti i consigli e le raccomandazioni fornite in questa pubblicazione, c’è un rischio statistico di perdite che non può essere escluso. Questo vuol dire che anche in un archivio con il più alto standard professionale, la perdita di un qualsiasi supporto è possibile. L’unica misura per ridurre i rischi al minimo è di avere almeno due copie di ogni documento presente nell’archivio.

“Una sola copia non è una copia”

è il principio guida degli archivi audiovisivi, e questo principio è fondamentale tanto per i supporti analogici quanto per quelli digitali.

 

Bibliografia

1. Principi generali

  • BOSTON, G.  (Ed):  Safeguarding the Documentary Heritage.  A guide to Standards, Recommended Practices and Reference Literature Related to the Preservation of Documents of all Kinds. UNESCO, Paris 1998. http://www.unesco.org/webworld/mdm/administ/en/guide/guidetoc.htm extended CD-ROM version UNESCO, Paris 2000
  • IASA Task Force on Selection, Marcella Breen et al (Ed): Selection criteria of analogue and digital audio contents for transfer to data formats for preservation purposes. International Association of Sound and Audiovisual Archives (IASA) 2004. http://www.iasa-web.org/task-force
  • IASA Technical Committee: The Safeguarding of the Audio Heritage: Ethics, Principles and Preservation Strategy, edited by Dietrich Schüller (=IASA Technical Committee - Standards, Recommended Practices and Strategies, IASA-TC 03), Version 3, 2005. http://www.iasa-web.org/tc03/ethics-principles-preservation-strategy disponibile anche in Francese, Tedesco, Svedese, Spagnolo, Italiano, Russo e Cinese.
  • IASA Technical Committee: Guidelines on the Production and Preservation of Digital Audio Objects, edited by Kevin Bradley (=IASA Technical Committee - Standards, Recommended Practices and Strategies, IASA-TC 04), 2004. Second edition 2009. http://www.iasa-web.org/tc04/audio-preservation
  • WARD, A.: A manual of sound archive administration. Gower Publishing, England, 1990.

2. Atti delle conferenze sull’archiviazione degli audiovisivi.

  • Proceedings of the Joint Technical Symposia (JTS).
    • Joint Technical Symposia have been organised 1987 – 2000 by the Technical Coordination Committee (TCC) of the Audiovisual Archives Associations IASA, FIAF and FIAT; from 2004 onward by the Coordinating Council of the Audiovisual Archives Associations (CCAAA). Topics of articles cover all subsections of this bibliography.
    • JTS 1987 Berlin - Orbanz, E. (Ed): Archiving the Audio-visual Heritage. Proceedings of the (Second) Joint Technical Symposium, Berlin 1987. Berlin 1988.
    • JTS 1990 Ottawa - Boston, G. (Ed): Archiving the Audio-visual Heritage. Proceedings of the Third Joint Technical Symposium, Ottawa 1990. Milton Keynes 1992.
    • JTS 1995 London - Boston, G. (Ed): Archiving the Audio-visual Heritage. Proceedings of the Fourth Joint Technical Symposium, London 1995. Milton Keynes 1999.
    • JTS 2000 Paris - Aubert, M. and R. Billieud (Eds): Image and Sound Archiving and Access: The Challenges of the 3rd Millennium. Proceedings of the (Fifth) Joint Technical Symposium, Paris, 2000. Paris 2000.
    • JTS 2004 Toronto - (website closed).
    • JTS 2007 Toronto - http://www.jts2010.org/jts2007/proceedings.html (programme only, contents unavailable).
    • JTS 2010 Oslo - http://www.jts2010.org
  • Proceedings of the AES 20th International Conference Archiving, Restoration, and New Methods of Archiving, Budapest, 5-7 October 2001, AES New York 2001.

3. Supporti, loro composizione, stabilità fisica e chimica.

Questa sezione include i “classici”: articoli e saggi di base e generali che hanno introdotto e discusso le questioni principali riguardanti la conservazione nel loro periodo. Si noti che i materiali usati per la produzione dei supporti audio/video e la loro composizione specifica varia molto, così come le procedure di produzione, le quali influenzano la stabilità dei supporti. I risultati di questi saggi si riferiscono a i supporti specifici in esame e, entro questi limiti, i risultati e le conclusioni dovrebbero essere validi. Tuttavia, estrapolazioni e generalizzazioni potrebbero essere fuorvianti e per questo dovrebbero essere visti con occhio critico. Vedi anche 2.2.1.1.2 -2.2.1.1.3.

  • ADDIS. M. and G.VERES: Knowledge data base and report on [U-Matic] tape condition. PrestoSpace Deliverable D 6.2, 2007.            http://www.prestospace.org/project/deliverables/D6.2.pdf
  • BERTRAM, N. and A. ESHEL: Recording Media Archival Attributes (Magnetic), New York 1980.
  • BRADLEY, K.: Restoration of Tapes with a Polyester Urethane Binder. In: Phonographic Bulletin 61/1992. http://www.iasa-web.org/restoration-tapes-polyester-urethane-binder
  • BREMS, K.: The Archival Quality of Film Bases. In JTS 1987, Berlin.
  • BURT, L S.: Chemical Technology in the Edison Recording Industry. In: Journal of the Audio     Engineering Society 10-11/1977.
  • EDGE, M.: Approaches to the Conservation of Film and Sound Materials. In JTS 2000, Paris.
  • FONTAINE, J.-M.: Eléments de caractérisation de la qualité initiale et du vieillissement des disques CD-R. In JTS 2000, Paris.
  • GILMOUR, I. and V.FUMIC: Recent Developments in Decomposition and Preservation of Magnetic Tape, in: Phonographic Bulletin 61/1992. http://www.iasa-web.org/magnetic-tape-decomposition
  • HAYAMA, F. et al: Study of Corrosion Stability on DAT Metal Tape. Paper read at the 92nd AES Convention, Vienna, March 1992. AES Preprint 3237.
  • ISOM, W.R.: Evolution of the Disc Talking Machine. In: Journal of the Audio Engineering Society 10-11/1977.
  • KHANNA, S.K.: Vinyl Compound for the Phonographic Industry. In: Journal of the Audio Engineering Society 10-11/1977.
  • KUNEJ, D.: Instability and Vulnerability of CD-R Carriers to Sunlight. In: Proceedings of the AES 20th International Conference Archiving, Restoration, and New Methods of Archiving, Budapest, 5-7 October 2001, AES New York 2001, 18-25.
  • MÜLLER, R.: On Improvements of Magnetic Tape. Shown by Measurements on Early and Newer Tapes. In: Journal of the Audio Engineering Society 10/1988.
  • NAUMANN, K.E. and E.D. DANIEL: Audio Cassette Chromium Dioxide Tape. In: Journal of the Audio Engineering Society 10/1971.
  • Oesterreichische Akademie der Wissenschaften: Method for Reconditioning Data Carriers. Inventors: P.  Liepert, L.  Spoljaric-Lukacic,  N. Wallaszkovits. Appl. filed 23.12.2011, published 05.07.2012. IPC: G11B 23/50 (2006.01), G03D 15/00 (2006.01). Pub. No.: WO/2012/088553.
  • PINHEIRO, E., W.-D. WEBER and L. A. BARROSO: Failure Trends in a Large Disk Drive Population.  In: Proceedings  of  the  5th  USENIX  Conference  on  File  and  Storage Technologies (FAST’07), February 2007. http://static.googleusercontent.com/media/research.google.com/de/archive...
  • RUDA, J.C.: Record Manufacturing: Making the Sound for Everyone. In. Journal of the Audio Engineering Society 10-11/1977.
  • SCHROEDER, B., and C.A. GIBSON: Disk Failure in the real World: What does an MTTF of 1,000.000 Hours mean to you?”. Proceedings of the 5thUSENIX Conference on File Storage and Technologies, 2007. http://static.usenix.org/events/fast07/tech/schroeder/schroeder.pdf
  • SCHÜLLER, D.: Archival Tape Test. In: Phonographic Bulletin 27/1980.
  • SCHÜLLER, D.: Magnetic Tape Stability. Talking to Experts of Former Tape Manufacturers. In IASA Journal 42, 2014.
  • SMITH, L.E.: Factors Governing the Long Term Stability of Polyester-Based Recording Media. National Institute of Standards and Technology (NIST), Washington 1989.
  • SONY: Archived Stability of Metal Video Tapes, MPG Technical Report, vol. 6.
  • THIÉBAUT, B., L.B.VILMONT and B. LAVÉDRINE: Report on video and audio tape deterioration mechanisms and considerations about implementation of a collection condition assessment method. PrestoSpace Deliverable D6.1, 2006. http://www.prestospace.org/project/deliverables/D6-1.pdf
  • WALLSZKOVITS, N., P. LIEPERT, L. SPOLJARIC, and L. LUKACIC: Some not so well considered facts about ageing of plastics in audiovisual media.  http://www.forum-kunststoffgeschichte.de/Forthcoming 2014.

4. Gestione, fattori ambientali, condizioni di archivio.

  • AES-Standards, available from http://www.aes.org/publications/standards/list.cfm
    • AES-11id (2006): AES Information document for Preservation of audio recordings - Extended term storage environment for multiple media archives (= ISO 18934 2011).
    • AES22-1997 (2003): AES recommended practice for audio preservation and restoration -- Storage and handling -- Storage of polyester-base magnetic tape (= ISO 18923 2000).
    • AES49-2005 (r2010): AES standard for audio preservation and restoration - Magnetic tape - Care and handling practices for extended usage (=ISO 18933 2012).
  • ASCHINGER, E.: Report on Measurements of Magnetic Stray Fields in Sound Archives. In: Phonographic Bulletin 27/1980.
  • British Standards Institution: Guide for the storage and exhibition of archival materials, 2012. PD 5454:2012.
  • BYERS, F. R.: Care and Handling of CDs and DVDs - A guide for Librarians and Archivists. NIST Special Publication 500-252. National Institute of Standards and Technology, Washington DC, 2003. http://www.itl.nist.gov/div895/carefordisc/
  • CALAS, M.-F. et J.-M.FONTAINE (Eds): La conservation des documents sonores. Paris 1996.
  • COPELAND, P.:   Manual of analogue audio restoration techniques. The British Library. London 2008. http://www.bl.uk/reshelp/findhelprestype/sound/anaudio/manual.html
  • DIN 45 519, Teil 1: Magnetbänder für Schallaufzeichnung, Bestimmung der Kopierdämpfung, Februar 1976.
  • FIAF (Ed): Preservation and Restoration of Moving Images and Sound, Brussels 1986.
  • FONTAINE, J.-M.: Conservation des Enregistrements Sonores sur Bandes Magnétiques: Etude Bibliographique. In: Analyse et Conservation des Documents Graphiques et Sonores: Travaux du Centre des Recherches sur la Conservation des Documents Graphiques 1982-1983. Paris 1984.
  • GELLER, S.B.: Erasing Myths about Magnetic Media. In: Datamation, March 1976.
  • ISO 18923 2000 Imaging materials – Polyester-base magnetic tape – storage practices.
  • ISO 18933:2012Imaging materials -- Magnetic tape -- Care and handling practices for extended usage.
  • ISO 18934:2011Imaging materials -- Multiple media archives -- Storage environment.
  • ISO 18938:2008Imaging materials -- Optical discs -- Care and handling for extended storage.
  • ISO 18925:2013Imaging materials -- Optical disc media -- Storage practices.
  • KNIGHT, G.A.: Factors Relating to Long Term Storage of Magnetic Tape. In: Phonographic Bulletin 18/1977.
  • Library of Congress: Cylinder, Disc, and Tape Care in a Nutshell.  http://www.loc.gov/preservation/care/record.html
  • McWILLIAMS, J.: The Preservation and Restoration of Sound Recordings, Nashville, 1979.
  • PICKETT, A.G. and M.M. LEMCOE: Preservation and Storage of Sound Recordings, Washington 1959. Reprint by ARSC, 1991.
  • SCHÜLLER, D.: Preservation of Audio and Video Materials in Tropical Countries. In IASA Journal 7/1996, 35-45. Revised edition in: International Preservation News 54, 31-43. http://www.ifla.org/files/pac/ipn/IPN54def.pdf
  • St-LAURENT, G.: The care and handling of recorded sound materials.1996. http://palimpsest.stanford.edu/byauth/st-laurent/care.html
  • WELZ, G.: On the Problem of Storing Videotapes. In JTS 1987.

5. Archiviazione, edifici, aria condizionata, sicurezza generale, prevenzione delle calamità.

  • American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers (ASHRAE) (Ed): ASHRAE Handbook. Four volumes. http://www.techstreet.com/ashrae/ashrae_handbook.html
  • HÄFNER, A.: Disaster Preparedness, Response and Recovery. In IASA Journal 42/2014.
  • IEC: Protection of structures against lighting IEC 1024-1.
  • ISO 10456:2007 - Building materials and products -- Hygrothermal properties -- Tabulated design values and procedures for determining declared and design thermal values.
  • ISO 14644-1:1999 - Cleanrooms and associated controlled environments -- Part 1: Classification of air cleanliness.
  • LOTICHIUS, D.: Sicherheit zuerst - auch für Tonträger. In Phonographic Bulletin 4/1972.
  • LOTICHIUS, D.: Measures for the Preservation and for the Protection of Archived Program Property on Sound Carriers. In: Phonographic Bulletin 31/1981.
  • MATTHEWS, G.and J.  FEATHER (Ed): Disaster management for libraries and archives. Ashgate 2003. http://www.bl.uk/services/npo/journal/0504/disaster.html
  • SEIBERT, A.: Guidelines for a comprehensive emergency preparedness plan including risk assessment, communication system, training and supplies. Library of Congress, Washington DC. http://www.loc.gov/preserv/pub/seibert

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Elenco dei membri TC

Elenco  dei membri TC (in ordine alfabetico)

  • George Boston
  • Kevin Bradley, National Library of Australia
  • Mike Casey, Indiana University, Bloomington, USA
  • Stefano S. Cavaglieri, Fonoteca Nazionale Svizzera
  • Matthew Davies, National Film and Sound Archive, Australia
  • Carl Fleischhauer, Library of Congress, USA
  • Jean-Marc Fontaine, Laboratoire d’Acoustique Musicale, France
  • Jouni Frilander, Finish Broadcasting Corporation
  • Lars Gaustad, National Library of Norway
  • Ian Gilmour, National Film and Sound Archive, Australia
  • Bruce Gordon, Harvard University, USA
  • Albrecht Häfner
  • Clifford Harkness, Ulster Folk and Transport Museum, UK
  • Jörg Houpert, Cube-Tec International, Germany
  • Jean Christophe Kummer, NOA Audio Solutions, Austria
  • Drago Kunej, Slovenian Academy of Sciences and Arts
  • Chris Lacinak, AVPreserve, USA
  • Franz Lechleitner, Phonogrammarchiv Austrian Academy of Sciences
  • Hermann Lewetz, Östereichische Mediathek, Austria
  • Xavier Loyant, Bibliothèque nationale de France
  • Guy Marechal
  • Michel Merten, Memnon Archiving Services, Belgium
  • Stig-Lennard Molneryd, National Library of Sweden
  • Greg Moss, National Film and Sound Archive, Australia
  • Yvonne Ng, WITNESS, USA
  • Marie O’Connell, New Zealand Film Archive
  • Bronwyn Officer, National Library of New Zealand
  • Will Prentice, British Library
  • Richard Ranft, British Library
  • Dietrich Schüller
  • Tommy Sjöberg, Folkmusikens Hus, Sweden
  • Gilles St-Laurent, Library and Archives Canada
  • Adolph Thal
  • Nadja Wallaszkovits, Phonogrammarchiv Austrian Academy of Sciences
  • Eduardo Sánchez Zamorano, Fundación Harp, Mexico