2.2 Supporti magnetici

Le registrazioni magnetiche sono state inventate nel XIX secolo. I dispositivi per la registrazione che utilizzavano filo di ferro o nastro di acciaio, furono utilizzati poco rispetto ai cilindri e ai grammofoni. Questa tecnologia ha cominciato ad essere utilizzata su larga scala con lo sviluppo del nastro magnetico nella sua forma moderna a partire dal 1930.

2.2.1 Principi di registrazione

Un supporto magnetico si muove sopra una testina di registrazione elettromagnetica. La testina produce un campo magnetico che varia a seconda del segnale che riceve dal registratore. Questa informazione magnetica viene “congelata” all’interno del supporto magnetico mentre oltrepassa la testina di registrazione. I segnali registrati possono essere recuperati facendo scorrere il supporto sopra la testina di riproduzione (qualche volta identica alla testina di registrazione) che cattura il campo magnetico per riconvertirlo in segnale elettrico. Con i nastri di registrazione audio analogici la testina è statica. I segnali video analogici, come anche i segnali audio e video digitali, richiedono una larghezza di banda decisamente più alta, rispetto al segnale audio analogico. Questo lo si ottiene incrementando considerevolmente la velocità di registrazione. Questo incremento di velocità però non può essere ottenuto facendo girare più velocemente il nastro, perché richiederebbe una quantità di nastro eccessiva. Il problema viene generalmente risolto mediante una testina rotante che scrive su tutta la larghezza del nastro ad alta velocità, mentre la velocità lineare del nastro è molto più lenta.

È importante comprendere che, per recuperare il segnale di un nastro nella maniera ottimale, è essenziale un contatto ravvicinato nastro-testina, che è una delle ragioni per mantenere i nastri, le macchine, così come anche gli spazi di stoccaggio e di manipolazione puliti (vedi 3.5.1 e la figura 25).

Per le specifiche della registrazione su disco rigido, vedi 2.2.2.

Utilizzando l’effetto Kerr, le informazioni magnetiche possono essere lette anche otticamente. Questo principio viene utilizzato per i supporti magneto-ottici. Viene anche utilizzato nel processo di recupero dei nastri di back-up dei computer ad alta densità. La lettura dei nastri audio registrati convenzionalmente utilizzando questo principio non si è sviluppata oltre uno stadio sperimentale.

2.2.1.1 Nastri magnetici

2.2.1.1 Nastri magnetici. Nella sua forma presente, la registrazione su nastro magnetico si è sviluppata a partire dal 1930 ad opera della AEG Telefunken ed introdotta in ambito professionale nel 1936. Fu subito utilizzata ampiamente dalla radio tedesca. A causa della seconda guerra mondiale, però, il suo utilizzo fu circoscritto alla Germania. Dopo la guerra approdò negli USA da cui venne diffusa in tutto il mondo. Tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘50 l’utilizzo di questa tecnologia di registrazione si concentrava principalmente nelle emittenti radiotelevisive e nelle industrie discografiche. Dagli inizi degli anni ‘50 in poi, però, si svilupparono i registratori portatili da casa che funzionavano ad una velocità più bassa e impiegavano il formato a 2 e 4 piste per ridurre il costo dei nastri magnetici.

Questo avvenne a spese della qualità di registrazione. Inoltre, nel corso del 1950, divenne disponibile l’equipaggiamento portatile a transistor per la registrazione, rendendo possibile la registrazione del suono ovunque nel mondo. Questo portò alla nascita esponenziale di collezioni di documenti sonori, in particolare nel campo della documentazione culturale, linguistica, antropologica ed etno-musicologica. Negli anni ’60 si svilupparono i formati in cassetta. Tra questi, la compact cassette divenne il formato dominante sul mercato, e viene ancora utilizzata.

Oltre al nastro magnetico, negli anni ’40 negli USA si svilupparono le registrazioni a filo magnetico. Ottennero una certa popolarità anche in Europa negli anni ’50 e ’60.


Figura 7: Principio di registrazione del nastro audio magnetico. In simili registrazioni “lineari”, la velocità di registrazione è la stessa della velocità del nastro.

Negli anni ’80, dopo numerosi esperimenti, fu introdotta la registrazione audio digitale su nastro magnetico. Tutti questi nuovi formati professionali e semi-professionali sono ora obsoleti. Nel 1987 fu messa sul mercato la R-DAT (Rotary head Digital Audio Tape), un formato su cassetta per la registrazione digitale, che ottenne una certa popolarità negli ambiti professionali e semi-professionali. Dal 2005 circa, comunque, anche questo formato è diventato obsoleto. Oggi tutti i formati audio magnetici specifici sono in pratica superati. La registrazione audio, la post produzione e l’archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico) con i suoi specifici supporti e formati. 

Dal 1956 in poi, il nastro magnetico fu anche utilizzato per le registrazioni video e furono sviluppati molti formati professionali su bobina che vennero utilizzati fino alla fine degli anni ’70. Furono seguiti da formati in cassetta, analogici e digitali. Per le registrazioni amatoriali casalinghe, i primi formati su bobina aperta furono disponibili a partire dal 1970 circa e, verso il 1980, le cassette in formato casalingo ebbero una vasta diffusione. Di questi, il formato VHS è sopravvissuto fino a tempi recenti. Per le piccole telecamere portatili (handy-cams), divenne popolare un sistema di cassette 8mm (Video8, VideoHi8), che ha continuato ad essere utilizzato fino agli inizi degli anni 2000. I formati casalinghi digitali furono introdotti nel 1996. Il formato Mini DV ha dominato il mercato delle telecamere portatili dagli inizi del 2000, ma è poi diventato obsoleto, superato dai sistemi di registrazione ottici, su hard disk, e su memorie a stato solido (flash card). Per gli ultimi formati rimanenti di nastri video professionali è ora in corso il medesimo sviluppo.


Figura 8: Principio della registrazione video magnetica. La grande larghezza di banda dei segnali video richiede una alta velocità di registrazione, che si ottiene facendo ruotare velocemente la testina che scrive delle tracce video ristrette sopra un nastro che si muove ad una velocità lineare molto più bassa. Questo principio di registrazione a scansione elicoidale viene utilizzato anche per i formati digitali video e R-DAT.

Quindi, nella stessa maniera della registrazione audio si è sviluppata anche quella video. Formati specifici video proprietari sono stati rimpiazzati dal formato digitale su file. Registrazione, post produzione e archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico), così com’è accaduto per i formati audio.

Alcuni formati di cassette video sono stati utilizzati esclusivamente per la registrazione audio (IASA-TC 04, 5.5.7).

Oltre a specifici formati audio e video, i supporti magnetici rappresentano il più importante mezzo di memorizzazione dati nel mondo IT. Il nastro magnetico svolge un ruolo molto importante come mezzo di backup dei computer, e gli hard disk (HDD) si sono sviluppati copiosamente nell’applicazione sia in ambito professionale che non. Questi tipi di supporto sono diventati la spina dorsale dell’archiviazione professionale digitale audio e video. Mentre questa pubblicazione si concentra sui (tradizionali) nastri audio e video, i principi base descritti valgono anche per i supporti informatici magnetici.

2.2.1.1.1. Componenti dei nastri magnetici e loro stabilità

Il nastro magnetico si compone di due strati principali: la pellicola di base e lo strato magnetico. In aggiunta, molti nastri sono rivestiti sulla parte posteriore per migliorare le proprietà di avvolgimento e per ridurre le cariche elettrostatiche.


Figura 9: Strati fisici del nastro magnetico.


Figura 10: Sezione dei diversi nastri audio magnetici. Il rivestimento posteriore può essere trovato anche sui nastri LP e DP (Friedrich Engel)

2.2.1.1.1.1. Materiali del film di base. Con lo sviluppo dei nastri magnetici, sono stati utilizzati i seguenti materiali: carta, acetilcellulosa (CA), cloruro polivinilico (PVC), poliestere (polietilene tereftalato, PET o PE), come anche polietilene naftalato (PEN).

L’acetilcellulosa venne utilizzata dalla metà degli anni ’30 fino a svanire verso gli inizi degli anni ’70. Questi nastri possono essere identificati esponendoli ad una fonte luminosa: tranne alcune eccezioni, risulteranno traslucidi.

Esistono due processi di deterioramento della CA. Uno è l’idrolisi, ampiamente conosciuta e ben documentata negli studi per la conservazione della pellicola come “sindrome acetica (vinegar syndrome) “ (3.1.1.1). L’altro processo di deterioramento consiste nella perdita del plastificante: i nastri intaccati diventano fragili.

I nastri audio in CA, generalmente, sono molto meno soggetti a questo processo di deterioramento rispetto alle pellicole in CA. La sindrome acetica sembra per certi versi rappresentare un problema generale, ma si verifica meno di frequente nei nastri audio. Mentre l’idrolisi è chiaramente legata ad alti livelli di umidità relativa, che richiede infatti uno stoccaggio ad un basso livello di umidità, in contrasto con la precedente letteratura (ad es: FIAF, 1.3, 11.2.4, 11.2.11.3) che raccomandava livelli medi di RH per prevenire la perdita di plastificante. Questa raccomandazione non viene confermata dalla più recente letteratura in materia7.

I nastri audio in CA soffrono di varie deformazioni geometriche. Partendo dalla necessità di un contatto ravvicinato tra il nastro e la testina per recuperare un segnale ottimale, diremo che tali deformazioni impediscono un simile contatto. Generalmente non può essere applicata una tensione più alta del nastro per migliorare il contatto nastro-testina, dato che i nastri si rompono a causa della aumentata fragilità.

Bisognerebbe osservare che gravi casi dei due tipi di deterioramento - idrolisi e infragilimento – si verificano soprattutto sui nastri prodotti in Germania nei primi anni ’40, e, in maniera più diffusa, sui nastri della Germania dell’Est e dell’Unione Sovietica, prodotti negli anni ‘60.

Figure 11 e 12: Tipico nastro infragilito in CA prima e dopo il condizionamento (riavvolto sulla bobina). Il nastro scivolato dal nucleo può essere salvato con l’aiuto di un “Wickelretter” (vedi 3.4.2.1 e la figura 24).

Numerosi altri nastri in CA ne sono affetti. Andrebbe osservato, comunque, che alcuni nastri in CA provenienti da altre linee produttive sono ancora in ottime condizioni di flessibilità e riproducibilità.

Un rassicurante effetto collaterale dei nastri in CA è che si rompono senza allungarsi (a differenza dei nastri in PET, vedi sotto). Questo normalmente consente di ricongiungere i pezzi del nastro senza alcuna perdita del segnale registrato.

I nastri in PVC furono prodotti soprattutto in Germania tra il 1944 e il 1972 e fino ad ora non hanno patito nessun processo di deterioramento chimico sistematico. Non essendo andati incontro ad una perdita di plastificante, mantengono la loro flessibilità. A causa del loro comportamento elettrostatico, comunque, la loro capacità di avvolgimento non è ottimale.

Essendo la maggior parte dei nastri in PVC stati prodotti in Germania, l’identificazione dei nastri professionali è semplificata dalla presenza dell’ etichetta sul retro. I nastri non professionali destinati alla grande distribuzione possono essere identificati dall’etichetta in testa se ancora presente. Significativa per tutti i nastri in PVC è la loro soffice plasticità, caratteristica che risulta ancora più pregevole se paragonati ai nastri in CA o simili ad essi.

Fatta eccezione per i primi esperimenti di registrazioni magnetiche in Germania negli anni ’30 e per un uso occasionale dopo la seconda guerra mondiale, furono prodotti solo pochi nastri a base di carta verso la fine degli anni ’40 negli USA.

I nastri in PET hanno gradualmente sostituito i nastri in CA e PVC a partire dagli anni ’50 in avanti. Da quel momento, sono stati utilizzati per qualsiasi tipo di nastro magnetico. Meccanicamente è abbastanza robusto, e fino a questo momento non è stato osservato nessun deterioramento chimico sistematico delle pellicole in PET8. A differenza dei nastri in CA, il PET si estende (si allunga o “si sfilaccia”) prima di rompersi, rendendo impossibile ogni speranza di recupero del segnale. Ciò richiede l’utilizzo di macchine di riproduzione di alta precisione e un ottimale riavvolgimento del nastro, soprattutto quando si tratta di riprodurre nastri sottili.

Lo spessore delle pellicole varia da 30 μm per i nastri audio standard a 6 μm per nastri di cassette audio e video. Le basi più sottili realizzate in CA e PVC sono per bobine aperte a doppia durata (15 μm spessore), mentre basi più sottili sono possibili con PET e PEN. Il PEN viene utilizzato per i nastri video digitali e per nastri di backup per computer.

Per ottenere un legame stabile con gli strati del pigmento e con il rivestimento posteriore, le pellicole di base sono ricoperte da sottili strati (frazioni di μm) di primer (strato di base) che viene applicato dal fabbricante stesso o durante l’applicazione dello strato magnetico.  

2.2.1.1.1.2  Pigmenti magnetici. Il primo vero pigmento magnetico utilizzato negli anni ’30 era di ferro carbonile. Venne subito rimpiazzato però da un ossido ferroso (γFe2O3), che venne utilizzato per tutti i nastri magnetici su bobina aperta, le cassette compatte del tipo IEC I ed il primo formato video (2 pollici Quadruplex). γFe2O3 è di colore ruggine e chimicamente stabile. A causa della misura dei suoi magneti basilari, però, la sua capacità di registrare l’aumentata densità di dati dovuta alla riduzione della velocità di registrazione e della larghezza del nastro risultò limitata. Per consentire lo sviluppo di nastri più piccoli capaci di gestire la larghezza di banda dei segnali video, dagli inizi degli anni ’70 venne utilizzato il diossido di cromo (CrO2). Questo rese possibile una maggiore densità di dati, una minore velocità di registrazione e nastri più stretti. Il diossido di cromo ed i suoi sostituti (cobalto stimolato Fe3O4) sono di colore grigio scuro e sono stati utilizzati principalmente per la registrazione di video analogici e per le cassette compatte del tipo IEC II. Fino a questo momento non sono state rilevate particolari criticità relative ad una instabilità chimica. Dalla metà degli anni ’70, furono prodotte le cassette a doppio strato: uno strato di ossido di ferro venne coperto con un sottile strato di CrO2. Standardizzate come tipo IEC III, queste cassette hanno migliorato il rapporto segnale-disturbo (S/N).

L’ultimo pigmento magnetico è composto di pure particelle di ferro (MP). Viene utilizzato per formati video digitali, R-DAT e cassette compatte del tipo IEC IV. A causa della sua natura chimica è potenzialmente soggetto all’ossidazione. Dopo i problemi di ossidazione delle cassette di prima produzione, sono stati sviluppati alcuni metodi per prevenire l’ossidazione. Nonostante ciò, nel medio e lungo periodo, i nastri MP così come gli ME (nastri con uno strato magnetico prodotto mediante evaporazione sottovuoto) possono considerarsi potenzialmente a rischio. I nastri MP sono di un colore simile ai nastri in cromo, però con un riflesso metallico sulla superficie.

2.2.1.1.1.2.1 Stabilità delle informazioni magnetiche. Un fattore costituente della stabilità dell’informazione magnetica è la coercitività9. Nel corso del loro sviluppo, sono stati impiegati i pigmenti magnetici con la più alta coercitività. La coercitività del ferro carbonile misura intorno ai 150 Oersted; la media dei nastri γFe2O3 è misurata tra 300 e 400 Oe; i nastri CrO2 sono tipicamente tra 600 e 700 Oe; gli MP e ME oltre i 1500 Oe. Per le cassette per la registrazione dei dati la coercitività può essere sopra 2500 Oe10.

Oltre ai campi magnetici esterni, le temperature superiori al punto di Curie (3-2-1-5) e l’azione magnetostrittiva possono destabilizzare l’orientamento magnetico.

La magnetostrizione consiste nel disorientamento dell’allineamento magnetico mediante impatti meccanici. Comunque, fatta eccezione per i primi nastri Fe3O4, questo effetto è insignificante. La magnetostrizione viene impiegata positivamente per la cancellazione dei segnali indesiderati stampati sul nastro magnetico (IASA-TC04, 5.4.13).  

Contrariamente alle paure più diffuse, le informazioni magnetiche non svaniscono con il tempo. Se prodotti, conservati e manipolati correttamente i nastri magnetici non perderanno le loro proprietà magnetiche per periodi storicamente rilevanti.

2.2.1.1.1.3  Leganti per pigmenti. I pigmenti magnetici sono polveri che hanno bisogno di essere legate tra loro e fissate sul nastro. Agli albori della produzione dei nastri a tale scopo veniva utilizzato l’acetato di cellulosa, subito seguito dai polimeri di poliuretano. I vecchi leganti in CA sono responsabili della perdita di pigmenti secchi e sono, quindi, considerati a rischio, così come generalmente i nastri in CA. La maggior parte dei nastri degli ultimi anni ’50 e degli anni ’60 non ha mostrato seri problemi di deterioramento dei leganti. I nastri degli anni ’70 e ’80, però, soffrono frequentemente di una instabilità degli strati pigmentosi. Questa instabilità si manifesta con una trasformazione degli strati pigmentosi in un sedimento colloso – generalmente noto come nastro appiccicoso o sindrome da nastro colloso (2.2.1.1.2).

2.2.1.1.1.4  Lubrificanti. I rivestimenti magnetici contengono anche lubrificanti, generalmente acidi grassi ed esteri, per ridurre al minimo la frizione tra il nastro e le testine. Il rivestimento agisce come una spugna che distribuisce il lubrificante attraverso i pori. La quantità di lubrificante è maggiore per il video rispetto all’audio a causa della maggiore velocità di scrittura e lettura. I pori e, quindi, la adeguata distribuzione del lubrificante, sono determinati dalla calandratura in fase di produzione. Alcuni lubrificanti hanno la tendenza a trasudare e cristallizzare sulla superficie del nastro, in particolar modo l’acido stearico ad una temperatura inferiore agli 8° C. Questo causa il blocco delle testine di riproduzione. Il lubrificante in eccesso può essere rimosso meccanicamente, con l’aiuto di elevate temperature. La ri-lubrificazione, come menzionato in numerosi siti web e pubblicazioni, deve essere considerata con molta cautela, essendo impossibile limitare i lubrificanti aggiunti anche per piccole quantità attualmente necessarie. Il lubrificante in eccesso diventa difficile da rimuovere dalle guide del nastro, dalle testine e dal capstan e potrebbe interferire successivamente con altri nastri riprodotti sulle stesse macchine (Schüller 2014).  

2.2.1.1.1.5 Lo strato protettivo posteriore ebbe origine in Germania per migliorare la capacità di gestire in sicurezza i nastri su nuclei senza flangia negli studi radiofonici. Lo strato protettivo posteriore assicura un confezionamento teso e sicuro del nastro senza rischi di svolgimento del nastro stesso. Dagli anni ‘70 in poi, lo strato protettivo posteriore venne applicato più diffusamente per i nastri audio e video, generalmente aggiungendo nero di carbonio per migliorare la conduttività utile a rimuovere cariche elettrostatiche che, insieme alla leggera ruvidità della superficie, migliora le proprietà di avvolgimento.


7. Molti autori, comunque, riferiscono che la riproduzione dei nastri più fragili può essere migliorata mediante la conservazione per un certo periodo in condizioni di alta umidità: il vapore temporaneamente compensa la perdita di plastificante. Recentemente sono stati sviluppati alcuni processi per rendere riproducibili i nastri fragili, ricostituendo l’elasticità in maniera permanente mediante la sostituzione del plastificante (Oesterreichische Akademie der Wissenschaften 2012, Wallaszkovits et al. 2014.

8. Un dibattito del 1990 su una teorica previsione di deterioramento, non ha trovato riscontro nella realtà.

9. La coercitività è la proprietà di un dato pigmento magnetico di resistere ai cambiamenti dell’orientamento magnetico o (ri)orientamento (cancellazione). Viene definita dal livello del campo magnetico necessario per il (ri-) orientamento, espresso in Oersted (Oe - una unità di forza del campo magnetico pari a 79.58 ampere per metro). Maggiore è la coercitività, maggiore sarà la resistenza delle informazioni magnetiche al (ri)-orientamento (o cancellazione) causato da campi magnetici esterni.

10. Nella registrazione audio analogica questi differenti valori di coercitività sono stati la ragione più importante per la necessità di adeguare la polarizzazione per i vari tipi di nastri.

2.2.1.1.2 I cosiddetti nastri appiccicosi o sindrome da nastro colloso (Sticky Shed Syndrome)

Dalla metà degli anni ’70 in poi, si sono verificati spesso casi di nastri collosi e di perdita di pigmento. Questi nastri spesso durante la riproduzione stridono a causa della frizione dovuta ai pigmenti collosi e alle particelle leganti depositate sulle guide dei nastri e sulle testine audio e video. Ciò blocca le testine e porta ad una significativa perdita delle alte frequenze (audio), o ad una completa interruzione del segnale (video).

L’idrolisi dei leganti dei pigmenti è stata la spiegazione più frequente di questi problemi. Essendo questo tipo di idrolisi parzialmente reversibile, questi nastri generalmente possono essere rimessi a nuovo per la riproduzione esponendoli ad una bassa umidità ed elevate temperature (o una combinazione delle due: per dettagli vedi IASA-TC04, 5.4.3.4).

Recenti ricerche11, però, rivelano che la collosità dei nastri può dipendere da numerose altre ragioni: trasudamento del primer, eccedenza di agenti di dispersione, trasudamento di lubrificante, e, infine, una dispersione variabile di indurente. Fatta eccezione per l’ultimo caso citato, che è irrisolvibile, può essere applicato un trattamento simile a quello dell’idrolisi dei leganti: elevate temperature12 associate ad una pulizia meccanica. Questo consentirà di produrre nastri riproducibili per una durata tale da consentire il trasferimento delle informazioni in essi contenute.


11. Schüller 2014.

12. Le temperature impiegate in tali processi variano tra i 60°C (solo per l’audio) e i 40°C. Dato che le elevate temperature possono distorcere i nastri meccanicamente, problema particolarmente serio per i nastri video, e possono avere anche una influenza negativa sulla vita futura
del nastro, attualmente si suggerisce di utilizzare le più basse temperature possibili, che siano tuttavia ancora efficaci.

2.2.1.1.3 Processo produttivo e integrità individuale di un dato nastro come fattori di stabilità

Mentre la composizione chimica costituisce una base indispensabile, il processo produttivo è considerato di importanza ancora maggiore per la stabilità del nastro: la velocità del rivestimento, la giusta dispersione dei componenti, temperatura e pressione delle calandre sono solo alcuni dei fattori che determinano la stabilità degli strati pigmentosi. Questo può portare ad una differente prestazione tra lotti dello stesso tipo di nastro, talvolta anche tra nastri appartenenti allo stesso lotto. Inoltre, l’integrità fisica della superficie del nastro gioca un ruolo importante. Apparati di riproduzione mal revisionati possono graffiare la superficie del nastro e creare accessi per agenti destabilizzanti, come l’umidità.

Le analisi chimiche risultano, quindi, di scarso valore per valutare la qualità e predire l’aspettativa di vita futura dei nastri. Inoltre: dato che la composizione e produzione dei nastri variano significativamente, i risultati della ricerca e le raccomandazioni valide per un tipo di nastro, o anche solo per un particolare lotto di nastri, non possono essere estesi anche ad altri tipi, per non parlare di tutti i nastri. In questo senso, considerare genericamente valide affermazioni e/o raccomandazioni prese da pubblicazioni basate su un campione di nastri in numero limitato e spesso non ben identificato, è altamente sconsigliabile (Schüller 2014).


Figura 13: Perdita di pigmento: deterioramento chimico o produzione mediocre.

 


Figura 14: Raro caso di perdita totale di pigmento. In questo caso si tratta generalmente di un problema di produzione

2.2.1.1.4 Deterioramento da riproduzione

A differenza dei supporti meccanici, i nastri magnetici moderni e ben conservati possono essere riprodotti centinaia di volte senza perdita di qualità quantificabile. Una condizione di base è la buona manutenzione dell’apparecchiatura di riproduzione di più recente generazione, che consente una accurata gestione dei supporti. Le macchine più datate o mal revisionate possono danneggiare gravemente, se non distruggere, un nastro in fase di riproduzione.

2.2.1.1.4.1  Allineamento e manutenzione dell’apparecchiatura (solo per la riproduzione). I lettori di nastri magnetici necessitano di un accurato allineamento dei seguenti parametri:

  • Posizione verticale, azimut, e angolo di avvolgimento della testina di riproduzione (tutte le volte che gli aggiustamenti della testina sono modificati per compensare gli errori di allineamento della testina di registrazione, è imperativo che la testina sia riallineata al suo corretto settaggio immediatamente dopo che la riproduzione è stata completata);
  • Posizione verticale delle guide del nastro, per assicurare un trasporto orizzontale del nastro ed evitare posizioni asimmetriche nelle bobine sui nuclei aperti;
  • Calibratura della tensione del nastro nella modalità di riproduzione e avvolgimento, soprattutto se devono essere riprodotti nastri in acetato di cellulosa sottili (non professionali) o fragili;
  • Calibratura degli amplificatori di riproduzione tenendo conto dello standard di velocità e di equalizzazione (la calibrazione è testina-dipendente, per cui cambiare il blocco della testina per i differenti formati di traccia richiederà la ricalibratura degli amplificatori di riproduzione, o amplificatori che possano adattarsi a differenti pre-settaggi).

La manutenzione comprende:

  • La pulizia delle testine e del percorso del nastro (la frequenza della pulizia dipende dalla abrasività dei nastri in uso. Tutte le superfici del percorso del nastro devono essere mantenute in condizioni perfette per evitare l’abrasione della superficie del nastro (2.2.1.1.3) così come per evitare irregolari fluttuazioni di velocità e per garantire un contatto morbido tra la testina e il nastro);
  • Frequente (giornaliera) smagnetizzazione delle testine e delle guide del nastro (3.7.2.1.1);
  • Controllo completo dell’allineamento e ricalibratura ogni 50-100 ore del tempo di riproduzione (non di scorrimento).

Il mantenimento di diari per ciascuna apparecchiatura e una accurata documentazione di tutto il lavoro di allineamento e manutenzione sono imperativi (IASA-TC04, 5.4.).

2.2.1.1.5 Strategia di accesso alle collezioni di nastri magnetici

Benché, contrariamente ai supporti meccanici, i nastri magnetici possono essere riprodotti numerose volte senza alcun significativo deterioramento della registrazione, purché venga utilizzato un equipaggiamento moderno e ben manutenuto, esiste statisticamente un rischio di danneggiamento dei nastri dovuto ad un imprevisto malfunzionamento degli apparecchi di riproduzione. In particolar modo, i sottili nastri su bobine aperte e tutti i formati di cassetta (LP, DP e TP) sono oggetto di questi rari ed imprevedibili eventi dannosi. Nell’era analogica, questo ha portato ad una strategia di copiatura dei nastri originali vulnerabili su nastri più solidi da studio e a produrre copie per l’ascolto delle registrazioni maggiormente richieste. Che siano stati allestiti archivi digitali o no, questa strategia è ancora valida nell’era digitale, dato che anche le prime registrazioni audio e video digitali sono estremamente vulnerabili. CD e DVD hanno dimostrato di essere i supporti ideali per le copie di consultazione (ma non per i master o per le copie destinate alla conservazione). Come per le collezioni di supporti meccanici, una richiesta di accesso al materiale può rappresentare un incentivo ad accelerarne il processo di digitalizzazione.

2.2.2 Dischi rigidi (Hard Disk drives – HDD)

I dischi rigidi (generalmente chiamati hard disk drives o HDDs) sono stati sviluppati a partire dalla metà degli anni ’50 come strumenti di archiviazione informatica. Il prototipo dell’odierno disco rigido fu il “Winchester” sviluppato nel 1973. Dalla metà degli anni ’80, lo sviluppo tecnologico ha portato ad un progressivo miglioramento dell’efficienza con una diminuzione dei costi, ciò che ha reso l’HDD il principale spazio di archiviazione, sia per i computer ad uso privato che per i sistemi di archiviazione di massa. Questo sviluppo ha portato anche ad un calo nell’utilizzo dei dischi ottici registrabili come dispositivi di archiviazione dopo la grande popolarità che questi stessi dischi hanno avuto tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000.

2.2.2.1 Principi di registrazione e componenti. Il disco rigido consiste di uno o più piatti o dischi rotanti, di solito in alluminio, vetro o ceramica, ricoperti di un sottile (10-20 nm) strato ferromagnetico,  montati su un perno. Quando vengono utilizzati, gli attuali dischi girano ad una velocità che va tra i 4,200 e i 15,000 1/min. Una testina magnetica ( di solito una, talvolta numerose ) per ciascun piatto, scrive e legge le informazioni dello strato magnetico.

La testina viene montata su un braccio motorizzato, che consente un facile accesso ad ogni parte del disco. Per consentire la maggiore prossimità al disco possibile, ed evitare il danneggiamento dello strato magnetico, la testina magnetica è stata progettata con una forma aerodinamica che le consenta di muoversi su di un cuscino pneumatico che la mantiene in aria (o in altri gas) lontana dalla superficie. La testina “vola” ad una distanza di frazioni di nanometro (poche molecole di gas di profondità) dalla superficie del disco in modo da assicurare la lettura di segnali con lunghezza d’onda corta. Questa distanza è importante per evitare pericolosi incidenti causati dall’impatto della testina sulla superficie del disco. Gli HDD, quindi, non devono essere esposti a shock meccanici durante le operazioni.

Fino a tempi recenti, la registrazione longitudinale, comparabile con la registrazione su nastri magnetici convenzionali, era lo standard. Dal 2005, è stata introdotta la registrazione perpendicolare che consente una densità di dati tre volte superiore o più rispetto alla registrazione longitudinale convenzionale.

I piatti in origine ruotavano in aria, ma nei dischi moderni sono anche inseriti in una atmosfera di elio. Il disco è sigillato, in modo da proteggerlo dall’intrusione di particelle di polvere. Anche la temperatura costituisce un fattore critico: i produttori stimano in 40-55°C la massima temperatura perché il disco possa operare in sicurezza.

2.2.2.2 Dimensioni del disco. Oggi, le dimensioni più diffuse del disco rigido sono 3.5 e 2.5 pollici. I dischi più piccoli, sviluppati per computer portatili ultraleggeri, stanno scomparendo, pur non essendo ancora obsoleti, e sono stati sostituiti da dischi a stato solido (SSD).

2.2.2.3 Aspettativa di vita. L’aspettativa di vita (LE Life Expectancy) dei dischi rigidi è spesso indicata come “Mean Time Between (to) Failure” (MTBF o MTTF) (Tempo medio fra i guasti) che per i prodotti più recenti è stimata essere tra 1 e 1.5 milioni di ore. Comunque, tali cifre sono estrapolate da test di laboratorio e nulla dicono sulla reale aspettativa di vita di un dato supporto. Un sistema più realistico di misurazione del grado di deperimento di un disco è l’AFR o Tasso di Fallimento Annualizzato, che determina la probabilità del deperimento stesso, espressa come percentuale dei dischi risultati guasti o difettosi considerati tra un largo numero di unità e messi in relazione alla loro vita media. I valori standard rilevati risultano inferiori al 10% per i primi cinque anni. Tuttavia, nessuno di questi valori consente una significativa previsione della attuale aspettativa di vita di un dato disco singolo. Gli avvisi di pre-guasto segnalati con la tecnica SMART sono, però, fortemente indicativi di possibili guasti futuri se adeguatamente monitorati.

Un fattore chiave è dato dall’effettiva vita commerciale di un disco rigido residente in ambiente server, più precisamente dal suo stato di efficienza inteso in termini economici. Normalmente, i dischi rigidi vengono utilizzati per un periodo di tempo che va dai tre ai sette anni.

I dibattiti sullo stoccaggio degli HDD per periodi più lunghi (diversi decenni) non hanno portato a nessun risultato conclusivo.

Per sintetizzare, un singolo disco rigido è un supporto dati per sua natura inaffidabile. Conservare (o archiviare) più copie di ciascun file in un sistema di archiviazione di massa ben gestito, costituito da numerosi dischi rigidi con protocolli di autocontrollo e autoriparazione, rappresenta un metodo di archiviazione a lungo termine efficiente e sicuro (IASA-TC0 4.6.3.14-21)

2.2.3 Supporti magneto-ottici (MODs)

Mentre le informazioni vengono archiviate magneticamente, la registrazione ed il processo di lettura sono ottici. Data la loro architettura molto simile a quella dei dischi ottici, i MODs vengono approfonditi nel paragrafo 2.3.1.4.