2 Tipologie di Supporti, Principi di Registrazione, Composizione, Stabilità Fisica e Chimica, Deterioramento da Riproduzione

2.1 Supporti meccanici

2.1.1 Principi di registrazione

I supporti meccanici costituiscono il più antico tipo di supporto comunemente utilizzato per la registrazione e la riproduzione del suono. Il primo vero sistema di registrazione è stato il cilindro fonografico, inventato da Thomas Edison nel 1877 4, perfezionato e commercializzato a partire dal 1888. Concepito inizialmente come uno strumento per ufficio atto alla registrazione della dettatura delle lettere, diventò famoso tra i ricercatori come strumento didattico per la registrazione delle lingue e musiche delle diverse etnie. I cilindri venivano anche utilizzati dalle industrie fonografiche per la musica pre-registrata. Questo formato, comunque, come prodotto commerciale ebbe minor successo del grammofono a disco e, benché venisse ancora utilizzato per le registrazioni, i cilindri replicati svanirono dal mercato verso la fine del 1920. I dischi meccanici si imposero sul mercato della musica pre-registrata dagli inizi del XX secolo fino agli anni ‘80, quando furono soppiantati dal Compact Disc.

Nella registrazione del supporto meccanico, il suono, che è una funzione della variazione della pressione dell’aria, è tradotto nei movimenti di una puntina e inciso sulla superficie di un mezzo rotante. Questo fu originariamente ottenuto con metodi puramente meccanici: il suono veniva catturato da una tromba acustica e muoveva una membrana che chiudeva la parte finale della tromba stessa. La membrana era collegata direttamente o tramite leve ad una puntina tagliente, che incideva i movimenti della membrana sulla superficie di un cilindro di cera o di un disco rotanti. La riproduzione del suono invertiva il processo: una puntina viene mossa dai solchi modulati e fa muovere la membrana, le cui vibrazioni vengono amplificate dalla tromba.

Dalla metà del 1920 questo processo acustico meccanico fu sostituito da un sistema elettromagnetico in cui il suono veniva trasformato attraverso un microfono in un segnale elettrico che muoveva una puntina guidata elettricamente. La riproduzione del suono fu inoltre migliorata da sistemi di fonorilevazione elettrici, i cui segnali amplificati sono convertiti in movimenti meccanici da una membrana in un altoparlante o in auricolari. Recentemente è stata sviluppata la riproduzione ottica senza contatto di supporti meccanici, ma nonostante ciò, e per diverse ragioni, non ha avuto un ampio riscontro. (Per il recupero del segnale dai supporti meccanici si rimanda al IASA-TC 04, sezioni 5.2 e 5.3).


4. Questo primo “fonografo a carta stagnola” del 1877-78, che registrava imprimendo dei segni su una carta stagnola temporaneamente arrotolata intorno ad un cilindro, si distingue chiaramente dal successivo “fonografo” che registrava incidendo un solco permanente su un supporto a forma cilindrica.

2.1.1.1 Cilindri

Per i cilindri, il solco viene prodotto in modo elicoidale attorno al corpo del cilindro stesso. La modulazione del segnale del suono viene incisa verticalmente (“hill and dale”).


Figura 1: Il principio di registrazione e riproduzione dei cilindri.

Esistono cilindri istantanei e cilindri duplicati. La duplicazione dei cilindri fu possibile attraverso un processo di copiatura dai master, che consentiva di creare un numero limitato di copie. Un altro procedimento fu la copiatura da un negativo galvanoplastico, un tubo di rame con sulla sua parte interna il solco invertito. Questi negativi venivano utilizzati per produrre calchi in cera o per creare tubi positivi di celluloide (nitrato di cellulosa) sotto vapore ad alta pressione. Il tubo di celluloide veniva poi stabilizzato inserendo un nucleo di gesso o di altri materiali.


Figura 2: Cilindri duplicati: cera (a sinistra), celluloide (al centro) e cera “Pathé”.


Figura 3: Cilindri auto registrati: cera, intaccata dalla muffa (a sinistra) e “Edison Concert” (a destra)

Le varie componenti delle cere utilizzate per i cilindri sono chimicamente abbastanza stabili, se conservate correttamente. La cera, comunque, è sensibile alla proliferazione dei funghi, ed essendo i cilindri nella stragrande maggioranza dei casi stati conservati inadeguatamente nel passato, la micosi da fungo è molto frequente. I funghi intaccano aggressivamente la superficie dei cilindri e sembra che puntino alla cera come alla loro primaria fonte di nutrimento. Inoltre, il processo di digestione si accompagna alla secrezione di acidi ed enzimi, che danneggiano ulteriormente la materia dei cilindri. La rimozione completa e definitiva non è possibile. La prevenzione di una ulteriore proliferazione dei funghi è, quindi, di fondamentale importanza. Anche la degenerazione chimica può verificarsi nelle medesime condizioni che favoriscono la proliferazione dei funghi. Tipicamente questa assume la forma di “infiorescenza”, che può essere scambiata per muffa, ma sembra sia dovuta ad una concreta separazione dei materiali costituenti del sapone metallico.

I cilindri di celluloide patiscono la fragilità della loro superficie fatta di nitrato di cellulosa, ma un deterioramento nocivo come quello che si verifica nelle pellicole a base di nitrato non è stato ancora sperimentato. Meccanicamente, tutti i cilindri in cera ed i nuclei in gesso dei cilindri di celluloide sono estremamente fragili.

2.1.1.2 Dischi macrosolco (dischi per grammofono)

2.1.1.2 Dischi macrosolco (dischi per grammofono). Emile Berliner inventò il grammofono nel 1887. Il solco è sistemato a spirale sulla superficie di un disco. Generalmente la modulazione dei solchi si sviluppa in orizzontale, a differenza dei cilindri su cui è verticale. Solo alcuni formati di disco (Pathé, Edison) hanno i solchi in verticale. Il grande vantaggio della forma del disco, a parte la facilità di conservazione (sistemazione in magazzino), consiste nel fatto che i negativi galvanoplastici possano essere ottenuti facilmente e utilizzati per la duplicazione mediante stampa a pressione. Dato che il numero delle stampe è limitato, il primo negativo di metallo (“padre”) serve solo come master per un positivo di metallo (“madre”), che viene utilizzato per produrre un numero illimitato di stampi metallici (“figli”), che vengono a loro volta utilizzati negli strumenti a pressione per la duplicazione dei dischi. Questo metodo, stabilito all’inizio del XX secolo, viene ancora utilizzato per i dischi a microsolco (“vinili”), e per la produzione di CD, DVD e BD duplicati.


Figura 4: Principio di registrazione dei dischi macro- e microsolco.

2.1.1.2.1 Dischi macrosolco duplicati. La maggior parte dei dischi macrosolco – i cosiddetti dischi in gommalacca – sono costituiti da polveri minerali tenute insieme con sostanze leganti, che originariamente contenevano resina di gommalacca. Questi materiali sono in genere chimicamente stabili, se conservati in condizioni di clima secco. Essi sono, nonostante ciò, fragili: quando cadono, si rompono. Oltre a questi, sono esistiti altri tipi di dischi in quantità molto più esigue che impiegavano differenti materiali. Questi erano spesso molto meno stabili, per esempio i dischi Edison Diamond, estremamente sensibili all’umidità5.

2.1.1.2.2 I dischi “istantanei” sono stati i supporti registrabili più diffusi nelle stazioni radiofoniche, prima dell’avvento dei nastri magnetici. I dischi venivano utilizzati per registrare e riprodurre i segnali senza la necessità di ricorrere al processo elettrochimico di galvanoplastica. Le loro superfici sono sufficientemente morbide da poter incidere i solchi e allo stesso tempo talmente solide da consentire un certo numero di riproduzioni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di registrazioni uniche. Se non riconoscibili nella loro evidenza, quasi tutti questi dischi sono identificabili dalle loro etichette scritte a mano o stampate.

Esistono dischi omogenei fatti di un solo materiale componente come alluminio, zinco, PVC o gelatina, come anche i dischi laminati, composti da un substrato e da un rivestimento in superficie costituito da differenti materiali che vengono incisi con la registrazione.

2.1.1.2.2.1 I dischi acetati. I tipi di dischi istantanei più diffusi sono quelli laminati: “lacche” o “acetati”. Il rivestimento in lacca, che consiste principalmente in nitrato di cellulosa, di solito plastificato con olio di ricino o con olio di canfora, contiene le informazioni. Il substrato su cui poggia lo strato che contiene le informazioni del disco è generalmente in metallo (es: alluminio o zinco); alcuni sono di vetro, cartone o carta.

I dischi acetati sono facilmente riconoscibili, essendo il materiale di base normalmente visibile tra gli strati di lacca esterni, come anche all’interno del foro centrale o sul bordo del disco (IASA-TC 04, 5.2.2.5).

Il nitrato di cellulosa è soggetto ad una costante decomposizione, reagendo con il vapore acqueo o con l’ossigeno. Questo processo produce acidi, che a causa di queste reazioni idrolitiche agiscono come catalizzatori. Temperature e livelli di umidità elevati possono accelerare ulteriormente queste reazioni. La graduale decomposizione, insieme alla perdita del plastificante, causano un progressivo infragilimento e contrazione della lacca.

Essendo il rivestimento in lacca unito ad un substrato non soggetto a contrazione, le tensioni interne si risolvono nella spaccatura del rivestimento in lacca, determinando così la perdita dello strato che contiene l’informazione sonora. L’instabilità meccanica delle basi in cartone spesso produce superfici irregolari o incrinate, mentre la fragilità delle basi in vetro spesso determina la rottura dei dischi.


Figura 5: Acetati su base metallica nel processo di deterioramento 1990 – 2001.


Figura 6: Acetati su base di cartone nel processo di deterioramento. (Stig-Lennard Molneryd)

Le tensioni interne sono difficili da rilevare. Quindi, i dischi acetati non dovrebbero essere esposti a tensioni meccaniche o termiche. Dato che la loro aspettativa di vita è imprevedibile, le registrazioni su questi dischi dovrebbero essere immediatamente trasferite su file digitali prima che vadano persi.

2.1.1.2.2.2 Altri dischi istantanei. Oltre ai dischi laccati, tutti gli altri dischi istantanei, al di là della loro specifica composizione, dovrebbero essere considerati ad alto rischio.


5. Per maggiori dettagli relativi ai primi dischi macrosolco, vedi St-Laurent 1996

2.1.1.3 Dischi microsolco (“LP” “Vinili”)

Dalla fine del 1940 in poi fu utilizzato un nuovo materiale per la duplicazione dei dischi: venne introdotto un co-polimero di cloruro di polivinile (PVC) e acetato di polivinile (PVA) per due nuovi e differenti formati. La casa discografica RCA lanciò un disco da sette pollici (17 cm) che girava a 45 1/min con una durata media di tre minuti per parte, un’evoluzione del vecchio formato del disco in gommalacca. La casa discografica Columbia realizzò l’LP da dieci pollici (25 cm), seguito più tardi dal dodici pollici (30 cm), ciascuno dei quali girava ad una velocità di 33⅓ 1/min. I tempi medi di riproduzione sono rispettivamente di 15 e 25 minuti per lato. Questo nuovo materiale, con la sua struttura quasi amorfa, consentì una migliore rappresentazione meccanica del segnale, permettendo solchi più stretti, velocità più basse e, quindi, la possibilità di una riproduzione più lunga in termini di tempo. La struttura amorfa di questa plastica produceva minori disturbi di superficie rispetto ai dischi in gommalacca.

Il co-polimero PVC/PVA, colloquialmente definito vinile, è chimicamente molto stabile. Fatta eccezione per alcuni rari dischi della prima fase di produzione, solitamente un disco in vinile è chimicamente in buono stato. Il materiale è relativamente morbido, però, e quindi vulnerabile ai danni da graffi o abrasioni.

Agli inizi della produzione di dischi a microsolco, un esiguo numero fu prodotto mediante stampaggio ad iniezione utilizzando lo stirene (o stirolo). Questi dischi possono essere identificati per il peso esiguo e per avere una superficie relativamente opaca rispetto a quella lucida dei vinili. Nella riproduzione, hanno un più alto livello di fruscio della superficie rispetto agli altri vinili. Su questo tipo di LP non sono stati osservati particolari problemi di stabilità.

2.1.2 Deterioramento da riproduzione

2.1.2.1 Suscettibilità generale. In tutti i formati meccanici, la riproduzione meccanica può in parte causare il deterioramento dei solchi. In particolar modo, i cilindri e i dischi macrosolco riprodotti con i dispositivi originali sono stati spesso danneggiati dall’elevata inerzia e dalle eccessive forze di trascinamento dei vecchi meccanismi di riproduzione. Le forme inappropriate delle puntine, l’inadeguatezza dei materiali e la scarsa funzionalità dei vecchi apparati si aggiungono ai danni materiali sopra descritti. I dischi microsolco soffrono anche della riproduzione per mezzo di apparati di bassa qualità o non adeguatamente allineati. Come risultato, la maggior parte delle registrazioni meccaniche conservate non ha mantenuto la forma del solco e la qualità del suono originali. Una scelta accurata di apparati calibrati, unita a buone conoscenze operative, però, consente la riproduzione di tutti i supporti meccanici senza ulteriore rischio di deterioramento6.

I cilindri, i primi dischi in gommalacca e tutti i dischi istantanei devono essere affidati a personale specializzato. I dischi in gommalacca dal 1930 circa in poi e i dischi microsolco possono essere riversati da uno staff qualificato adeguatamente preparato.

2.1.2.2 Allineamento e manutenzione degli apparati. Il braccio del giradischi necessita di un attento allineamento dei seguenti parametri:

  • Lunghezza effettiva del braccio del giradischi per minimizzare l’inevitabile errore dell’angolo di tracciamento tangenziale (TTA);
  • Corretto settaggio della forza d’appoggio;
  • Adeguata compensazione della forza centripeta (“anti-skate”);
  • Corretto aggiustamento dell’altezza del braccio (parallelo al disco durante la riproduzione), che assicura il corretto angolo di tracciamento verticale (VTA), (vedi IASA-TC04, 5.2.4, 5.3.4).

Per i bracci tangenziali, l’allineamento è condizionato dalla posizione della puntina e dalla forza di appoggio.

La manutenzione comprende:

  • Frequente ed accurata pulizia della puntina.
  • Occasionale pulizia del piatto e della cinghia di trasmissione.
  • Bracci tangenziali: occasionale pulizia dei binari guida.
  • Cuscinetti del piatto: occasionale lubrificazione con olio non acido a bassa viscosità.

Per la pulizia dei componenti in gomma e in plastica, può essere utilizzata solo l’acqua distillata con un delicato detergente.

Le macchine moderne per la riproduzione dei cilindri devono essere allineate e manutenute in stretta conformità alle istruzioni e ai consigli del loro costruttore.

La conservazione di diari per ogni parte dell’equipaggiamento e l’attenta documentazione di tutto il lavoro di allineamento e manutenzione sono imperativi.


6.    Persino i cilindri in cera non risentono di un basso numero di riproduzioni, se effettuate da esperti utilizzando un equipaggiamento di buona qualità, moderno e con puntine ben selezionate. La riproduzione ottica di supporti meccanici è stata sperimentata dai tecnici per decine di anni. Uno dei maggiori argomenti a favore – evitare il deterioramento del solco mediante la riproduzione meccanica – è, comunque, di valore esclusivamente teorico. Per la riproduzione ottica ed i suoi potenziali vedi IASA-TC04, 5.2.4.14)

2.1.3 Strategie di accesso alle collezioni di supporti meccanici

Data la loro tendenza al deterioramento da riproduzione, per ridurre al minimo la riproduzione dei supporti meccanici devono essere adottate alcune strategie. In epoca pre-digitale, il materiale d’archivio delle emittenti radiotelevisive e delle biblioteche nazionali veniva normalmente conservato in due copie per ciascun documento, una per il riutilizzo ed una “intoccabile” per la conservazione. Registrazioni uniche su cilindri o dischi istantanei sono state riversate su nastri magnetici di cui sono state conservate due copie – anche in questo caso, una per la conservazione e l’altra per la riproduzione. Queste strategie devono essere perseguite ed applicate fintanto che non si renda possibile la digitalizzazione per una preservazione a lungo termine. (IASA-TC 04) In alcune collezioni non ancora completamente digitalizzate, la richiesta di riutilizzo dei supporti viene spesso usata come incentivo a rendere prioritario il completamento dell’opera di digitalizzazione di quel materiale.

2.2 Supporti magnetici

Le registrazioni magnetiche sono state inventate nel XIX secolo. I dispositivi per la registrazione che utilizzavano filo di ferro o nastro di acciaio, furono utilizzati poco rispetto ai cilindri e ai grammofoni. Questa tecnologia ha cominciato ad essere utilizzata su larga scala con lo sviluppo del nastro magnetico nella sua forma moderna a partire dal 1930.

2.2.1 Principi di registrazione

Un supporto magnetico si muove sopra una testina di registrazione elettromagnetica. La testina produce un campo magnetico che varia a seconda del segnale che riceve dal registratore. Questa informazione magnetica viene “congelata” all’interno del supporto magnetico mentre oltrepassa la testina di registrazione. I segnali registrati possono essere recuperati facendo scorrere il supporto sopra la testina di riproduzione (qualche volta identica alla testina di registrazione) che cattura il campo magnetico per riconvertirlo in segnale elettrico. Con i nastri di registrazione audio analogici la testina è statica. I segnali video analogici, come anche i segnali audio e video digitali, richiedono una larghezza di banda decisamente più alta, rispetto al segnale audio analogico. Questo lo si ottiene incrementando considerevolmente la velocità di registrazione. Questo incremento di velocità però non può essere ottenuto facendo girare più velocemente il nastro, perché richiederebbe una quantità di nastro eccessiva. Il problema viene generalmente risolto mediante una testina rotante che scrive su tutta la larghezza del nastro ad alta velocità, mentre la velocità lineare del nastro è molto più lenta.

È importante comprendere che, per recuperare il segnale di un nastro nella maniera ottimale, è essenziale un contatto ravvicinato nastro-testina, che è una delle ragioni per mantenere i nastri, le macchine, così come anche gli spazi di stoccaggio e di manipolazione puliti (vedi 3.5.1 e la figura 25).

Per le specifiche della registrazione su disco rigido, vedi 2.2.2.

Utilizzando l’effetto Kerr, le informazioni magnetiche possono essere lette anche otticamente. Questo principio viene utilizzato per i supporti magneto-ottici. Viene anche utilizzato nel processo di recupero dei nastri di back-up dei computer ad alta densità. La lettura dei nastri audio registrati convenzionalmente utilizzando questo principio non si è sviluppata oltre uno stadio sperimentale.

2.2.1.1 Nastri magnetici

2.2.1.1 Nastri magnetici. Nella sua forma presente, la registrazione su nastro magnetico si è sviluppata a partire dal 1930 ad opera della AEG Telefunken ed introdotta in ambito professionale nel 1936. Fu subito utilizzata ampiamente dalla radio tedesca. A causa della seconda guerra mondiale, però, il suo utilizzo fu circoscritto alla Germania. Dopo la guerra approdò negli USA da cui venne diffusa in tutto il mondo. Tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘50 l’utilizzo di questa tecnologia di registrazione si concentrava principalmente nelle emittenti radiotelevisive e nelle industrie discografiche. Dagli inizi degli anni ‘50 in poi, però, si svilupparono i registratori portatili da casa che funzionavano ad una velocità più bassa e impiegavano il formato a 2 e 4 piste per ridurre il costo dei nastri magnetici.

Questo avvenne a spese della qualità di registrazione. Inoltre, nel corso del 1950, divenne disponibile l’equipaggiamento portatile a transistor per la registrazione, rendendo possibile la registrazione del suono ovunque nel mondo. Questo portò alla nascita esponenziale di collezioni di documenti sonori, in particolare nel campo della documentazione culturale, linguistica, antropologica ed etno-musicologica. Negli anni ’60 si svilupparono i formati in cassetta. Tra questi, la compact cassette divenne il formato dominante sul mercato, e viene ancora utilizzata.

Oltre al nastro magnetico, negli anni ’40 negli USA si svilupparono le registrazioni a filo magnetico. Ottennero una certa popolarità anche in Europa negli anni ’50 e ’60.


Figura 7: Principio di registrazione del nastro audio magnetico. In simili registrazioni “lineari”, la velocità di registrazione è la stessa della velocità del nastro.

Negli anni ’80, dopo numerosi esperimenti, fu introdotta la registrazione audio digitale su nastro magnetico. Tutti questi nuovi formati professionali e semi-professionali sono ora obsoleti. Nel 1987 fu messa sul mercato la R-DAT (Rotary head Digital Audio Tape), un formato su cassetta per la registrazione digitale, che ottenne una certa popolarità negli ambiti professionali e semi-professionali. Dal 2005 circa, comunque, anche questo formato è diventato obsoleto. Oggi tutti i formati audio magnetici specifici sono in pratica superati. La registrazione audio, la post produzione e l’archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico) con i suoi specifici supporti e formati. 

Dal 1956 in poi, il nastro magnetico fu anche utilizzato per le registrazioni video e furono sviluppati molti formati professionali su bobina che vennero utilizzati fino alla fine degli anni ’70. Furono seguiti da formati in cassetta, analogici e digitali. Per le registrazioni amatoriali casalinghe, i primi formati su bobina aperta furono disponibili a partire dal 1970 circa e, verso il 1980, le cassette in formato casalingo ebbero una vasta diffusione. Di questi, il formato VHS è sopravvissuto fino a tempi recenti. Per le piccole telecamere portatili (handy-cams), divenne popolare un sistema di cassette 8mm (Video8, VideoHi8), che ha continuato ad essere utilizzato fino agli inizi degli anni 2000. I formati casalinghi digitali furono introdotti nel 1996. Il formato Mini DV ha dominato il mercato delle telecamere portatili dagli inizi del 2000, ma è poi diventato obsoleto, superato dai sistemi di registrazione ottici, su hard disk, e su memorie a stato solido (flash card). Per gli ultimi formati rimanenti di nastri video professionali è ora in corso il medesimo sviluppo.


Figura 8: Principio della registrazione video magnetica. La grande larghezza di banda dei segnali video richiede una alta velocità di registrazione, che si ottiene facendo ruotare velocemente la testina che scrive delle tracce video ristrette sopra un nastro che si muove ad una velocità lineare molto più bassa. Questo principio di registrazione a scansione elicoidale viene utilizzato anche per i formati digitali video e R-DAT.

Quindi, nella stessa maniera della registrazione audio si è sviluppata anche quella video. Formati specifici video proprietari sono stati rimpiazzati dal formato digitale su file. Registrazione, post produzione e archiviazione sono diventati parte del mondo IT (informatico), così com’è accaduto per i formati audio.

Alcuni formati di cassette video sono stati utilizzati esclusivamente per la registrazione audio (IASA-TC 04, 5.5.7).

Oltre a specifici formati audio e video, i supporti magnetici rappresentano il più importante mezzo di memorizzazione dati nel mondo IT. Il nastro magnetico svolge un ruolo molto importante come mezzo di backup dei computer, e gli hard disk (HDD) si sono sviluppati copiosamente nell’applicazione sia in ambito professionale che non. Questi tipi di supporto sono diventati la spina dorsale dell’archiviazione professionale digitale audio e video. Mentre questa pubblicazione si concentra sui (tradizionali) nastri audio e video, i principi base descritti valgono anche per i supporti informatici magnetici.

2.2.1.1.1. Componenti dei nastri magnetici e loro stabilità

Il nastro magnetico si compone di due strati principali: la pellicola di base e lo strato magnetico. In aggiunta, molti nastri sono rivestiti sulla parte posteriore per migliorare le proprietà di avvolgimento e per ridurre le cariche elettrostatiche.


Figura 9: Strati fisici del nastro magnetico.


Figura 10: Sezione dei diversi nastri audio magnetici. Il rivestimento posteriore può essere trovato anche sui nastri LP e DP (Friedrich Engel)

2.2.1.1.1.1. Materiali del film di base. Con lo sviluppo dei nastri magnetici, sono stati utilizzati i seguenti materiali: carta, acetilcellulosa (CA), cloruro polivinilico (PVC), poliestere (polietilene tereftalato, PET o PE), come anche polietilene naftalato (PEN).

L’acetilcellulosa venne utilizzata dalla metà degli anni ’30 fino a svanire verso gli inizi degli anni ’70. Questi nastri possono essere identificati esponendoli ad una fonte luminosa: tranne alcune eccezioni, risulteranno traslucidi.

Esistono due processi di deterioramento della CA. Uno è l’idrolisi, ampiamente conosciuta e ben documentata negli studi per la conservazione della pellicola come “sindrome acetica (vinegar syndrome) “ (3.1.1.1). L’altro processo di deterioramento consiste nella perdita del plastificante: i nastri intaccati diventano fragili.

I nastri audio in CA, generalmente, sono molto meno soggetti a questo processo di deterioramento rispetto alle pellicole in CA. La sindrome acetica sembra per certi versi rappresentare un problema generale, ma si verifica meno di frequente nei nastri audio. Mentre l’idrolisi è chiaramente legata ad alti livelli di umidità relativa, che richiede infatti uno stoccaggio ad un basso livello di umidità, in contrasto con la precedente letteratura (ad es: FIAF, 1.3, 11.2.4, 11.2.11.3) che raccomandava livelli medi di RH per prevenire la perdita di plastificante. Questa raccomandazione non viene confermata dalla più recente letteratura in materia7.

I nastri audio in CA soffrono di varie deformazioni geometriche. Partendo dalla necessità di un contatto ravvicinato tra il nastro e la testina per recuperare un segnale ottimale, diremo che tali deformazioni impediscono un simile contatto. Generalmente non può essere applicata una tensione più alta del nastro per migliorare il contatto nastro-testina, dato che i nastri si rompono a causa della aumentata fragilità.

Bisognerebbe osservare che gravi casi dei due tipi di deterioramento - idrolisi e infragilimento – si verificano soprattutto sui nastri prodotti in Germania nei primi anni ’40, e, in maniera più diffusa, sui nastri della Germania dell’Est e dell’Unione Sovietica, prodotti negli anni ‘60.

Figure 11 e 12: Tipico nastro infragilito in CA prima e dopo il condizionamento (riavvolto sulla bobina). Il nastro scivolato dal nucleo può essere salvato con l’aiuto di un “Wickelretter” (vedi 3.4.2.1 e la figura 24).

Numerosi altri nastri in CA ne sono affetti. Andrebbe osservato, comunque, che alcuni nastri in CA provenienti da altre linee produttive sono ancora in ottime condizioni di flessibilità e riproducibilità.

Un rassicurante effetto collaterale dei nastri in CA è che si rompono senza allungarsi (a differenza dei nastri in PET, vedi sotto). Questo normalmente consente di ricongiungere i pezzi del nastro senza alcuna perdita del segnale registrato.

I nastri in PVC furono prodotti soprattutto in Germania tra il 1944 e il 1972 e fino ad ora non hanno patito nessun processo di deterioramento chimico sistematico. Non essendo andati incontro ad una perdita di plastificante, mantengono la loro flessibilità. A causa del loro comportamento elettrostatico, comunque, la loro capacità di avvolgimento non è ottimale.

Essendo la maggior parte dei nastri in PVC stati prodotti in Germania, l’identificazione dei nastri professionali è semplificata dalla presenza dell’ etichetta sul retro. I nastri non professionali destinati alla grande distribuzione possono essere identificati dall’etichetta in testa se ancora presente. Significativa per tutti i nastri in PVC è la loro soffice plasticità, caratteristica che risulta ancora più pregevole se paragonati ai nastri in CA o simili ad essi.

Fatta eccezione per i primi esperimenti di registrazioni magnetiche in Germania negli anni ’30 e per un uso occasionale dopo la seconda guerra mondiale, furono prodotti solo pochi nastri a base di carta verso la fine degli anni ’40 negli USA.

I nastri in PET hanno gradualmente sostituito i nastri in CA e PVC a partire dagli anni ’50 in avanti. Da quel momento, sono stati utilizzati per qualsiasi tipo di nastro magnetico. Meccanicamente è abbastanza robusto, e fino a questo momento non è stato osservato nessun deterioramento chimico sistematico delle pellicole in PET8. A differenza dei nastri in CA, il PET si estende (si allunga o “si sfilaccia”) prima di rompersi, rendendo impossibile ogni speranza di recupero del segnale. Ciò richiede l’utilizzo di macchine di riproduzione di alta precisione e un ottimale riavvolgimento del nastro, soprattutto quando si tratta di riprodurre nastri sottili.

Lo spessore delle pellicole varia da 30 μm per i nastri audio standard a 6 μm per nastri di cassette audio e video. Le basi più sottili realizzate in CA e PVC sono per bobine aperte a doppia durata (15 μm spessore), mentre basi più sottili sono possibili con PET e PEN. Il PEN viene utilizzato per i nastri video digitali e per nastri di backup per computer.

Per ottenere un legame stabile con gli strati del pigmento e con il rivestimento posteriore, le pellicole di base sono ricoperte da sottili strati (frazioni di μm) di primer (strato di base) che viene applicato dal fabbricante stesso o durante l’applicazione dello strato magnetico.  

2.2.1.1.1.2  Pigmenti magnetici. Il primo vero pigmento magnetico utilizzato negli anni ’30 era di ferro carbonile. Venne subito rimpiazzato però da un ossido ferroso (γFe2O3), che venne utilizzato per tutti i nastri magnetici su bobina aperta, le cassette compatte del tipo IEC I ed il primo formato video (2 pollici Quadruplex). γFe2O3 è di colore ruggine e chimicamente stabile. A causa della misura dei suoi magneti basilari, però, la sua capacità di registrare l’aumentata densità di dati dovuta alla riduzione della velocità di registrazione e della larghezza del nastro risultò limitata. Per consentire lo sviluppo di nastri più piccoli capaci di gestire la larghezza di banda dei segnali video, dagli inizi degli anni ’70 venne utilizzato il diossido di cromo (CrO2). Questo rese possibile una maggiore densità di dati, una minore velocità di registrazione e nastri più stretti. Il diossido di cromo ed i suoi sostituti (cobalto stimolato Fe3O4) sono di colore grigio scuro e sono stati utilizzati principalmente per la registrazione di video analogici e per le cassette compatte del tipo IEC II. Fino a questo momento non sono state rilevate particolari criticità relative ad una instabilità chimica. Dalla metà degli anni ’70, furono prodotte le cassette a doppio strato: uno strato di ossido di ferro venne coperto con un sottile strato di CrO2. Standardizzate come tipo IEC III, queste cassette hanno migliorato il rapporto segnale-disturbo (S/N).

L’ultimo pigmento magnetico è composto di pure particelle di ferro (MP). Viene utilizzato per formati video digitali, R-DAT e cassette compatte del tipo IEC IV. A causa della sua natura chimica è potenzialmente soggetto all’ossidazione. Dopo i problemi di ossidazione delle cassette di prima produzione, sono stati sviluppati alcuni metodi per prevenire l’ossidazione. Nonostante ciò, nel medio e lungo periodo, i nastri MP così come gli ME (nastri con uno strato magnetico prodotto mediante evaporazione sottovuoto) possono considerarsi potenzialmente a rischio. I nastri MP sono di un colore simile ai nastri in cromo, però con un riflesso metallico sulla superficie.

2.2.1.1.1.2.1 Stabilità delle informazioni magnetiche. Un fattore costituente della stabilità dell’informazione magnetica è la coercitività9. Nel corso del loro sviluppo, sono stati impiegati i pigmenti magnetici con la più alta coercitività. La coercitività del ferro carbonile misura intorno ai 150 Oersted; la media dei nastri γFe2O3 è misurata tra 300 e 400 Oe; i nastri CrO2 sono tipicamente tra 600 e 700 Oe; gli MP e ME oltre i 1500 Oe. Per le cassette per la registrazione dei dati la coercitività può essere sopra 2500 Oe10.

Oltre ai campi magnetici esterni, le temperature superiori al punto di Curie (3-2-1-5) e l’azione magnetostrittiva possono destabilizzare l’orientamento magnetico.

La magnetostrizione consiste nel disorientamento dell’allineamento magnetico mediante impatti meccanici. Comunque, fatta eccezione per i primi nastri Fe3O4, questo effetto è insignificante. La magnetostrizione viene impiegata positivamente per la cancellazione dei segnali indesiderati stampati sul nastro magnetico (IASA-TC04, 5.4.13).  

Contrariamente alle paure più diffuse, le informazioni magnetiche non svaniscono con il tempo. Se prodotti, conservati e manipolati correttamente i nastri magnetici non perderanno le loro proprietà magnetiche per periodi storicamente rilevanti.

2.2.1.1.1.3  Leganti per pigmenti. I pigmenti magnetici sono polveri che hanno bisogno di essere legate tra loro e fissate sul nastro. Agli albori della produzione dei nastri a tale scopo veniva utilizzato l’acetato di cellulosa, subito seguito dai polimeri di poliuretano. I vecchi leganti in CA sono responsabili della perdita di pigmenti secchi e sono, quindi, considerati a rischio, così come generalmente i nastri in CA. La maggior parte dei nastri degli ultimi anni ’50 e degli anni ’60 non ha mostrato seri problemi di deterioramento dei leganti. I nastri degli anni ’70 e ’80, però, soffrono frequentemente di una instabilità degli strati pigmentosi. Questa instabilità si manifesta con una trasformazione degli strati pigmentosi in un sedimento colloso – generalmente noto come nastro appiccicoso o sindrome da nastro colloso (2.2.1.1.2).

2.2.1.1.1.4  Lubrificanti. I rivestimenti magnetici contengono anche lubrificanti, generalmente acidi grassi ed esteri, per ridurre al minimo la frizione tra il nastro e le testine. Il rivestimento agisce come una spugna che distribuisce il lubrificante attraverso i pori. La quantità di lubrificante è maggiore per il video rispetto all’audio a causa della maggiore velocità di scrittura e lettura. I pori e, quindi, la adeguata distribuzione del lubrificante, sono determinati dalla calandratura in fase di produzione. Alcuni lubrificanti hanno la tendenza a trasudare e cristallizzare sulla superficie del nastro, in particolar modo l’acido stearico ad una temperatura inferiore agli 8° C. Questo causa il blocco delle testine di riproduzione. Il lubrificante in eccesso può essere rimosso meccanicamente, con l’aiuto di elevate temperature. La ri-lubrificazione, come menzionato in numerosi siti web e pubblicazioni, deve essere considerata con molta cautela, essendo impossibile limitare i lubrificanti aggiunti anche per piccole quantità attualmente necessarie. Il lubrificante in eccesso diventa difficile da rimuovere dalle guide del nastro, dalle testine e dal capstan e potrebbe interferire successivamente con altri nastri riprodotti sulle stesse macchine (Schüller 2014).  

2.2.1.1.1.5 Lo strato protettivo posteriore ebbe origine in Germania per migliorare la capacità di gestire in sicurezza i nastri su nuclei senza flangia negli studi radiofonici. Lo strato protettivo posteriore assicura un confezionamento teso e sicuro del nastro senza rischi di svolgimento del nastro stesso. Dagli anni ‘70 in poi, lo strato protettivo posteriore venne applicato più diffusamente per i nastri audio e video, generalmente aggiungendo nero di carbonio per migliorare la conduttività utile a rimuovere cariche elettrostatiche che, insieme alla leggera ruvidità della superficie, migliora le proprietà di avvolgimento.


7. Molti autori, comunque, riferiscono che la riproduzione dei nastri più fragili può essere migliorata mediante la conservazione per un certo periodo in condizioni di alta umidità: il vapore temporaneamente compensa la perdita di plastificante. Recentemente sono stati sviluppati alcuni processi per rendere riproducibili i nastri fragili, ricostituendo l’elasticità in maniera permanente mediante la sostituzione del plastificante (Oesterreichische Akademie der Wissenschaften 2012, Wallaszkovits et al. 2014.

8. Un dibattito del 1990 su una teorica previsione di deterioramento, non ha trovato riscontro nella realtà.

9. La coercitività è la proprietà di un dato pigmento magnetico di resistere ai cambiamenti dell’orientamento magnetico o (ri)orientamento (cancellazione). Viene definita dal livello del campo magnetico necessario per il (ri-) orientamento, espresso in Oersted (Oe - una unità di forza del campo magnetico pari a 79.58 ampere per metro). Maggiore è la coercitività, maggiore sarà la resistenza delle informazioni magnetiche al (ri)-orientamento (o cancellazione) causato da campi magnetici esterni.

10. Nella registrazione audio analogica questi differenti valori di coercitività sono stati la ragione più importante per la necessità di adeguare la polarizzazione per i vari tipi di nastri.

2.2.1.1.2 I cosiddetti nastri appiccicosi o sindrome da nastro colloso (Sticky Shed Syndrome)

Dalla metà degli anni ’70 in poi, si sono verificati spesso casi di nastri collosi e di perdita di pigmento. Questi nastri spesso durante la riproduzione stridono a causa della frizione dovuta ai pigmenti collosi e alle particelle leganti depositate sulle guide dei nastri e sulle testine audio e video. Ciò blocca le testine e porta ad una significativa perdita delle alte frequenze (audio), o ad una completa interruzione del segnale (video).

L’idrolisi dei leganti dei pigmenti è stata la spiegazione più frequente di questi problemi. Essendo questo tipo di idrolisi parzialmente reversibile, questi nastri generalmente possono essere rimessi a nuovo per la riproduzione esponendoli ad una bassa umidità ed elevate temperature (o una combinazione delle due: per dettagli vedi IASA-TC04, 5.4.3.4).

Recenti ricerche11, però, rivelano che la collosità dei nastri può dipendere da numerose altre ragioni: trasudamento del primer, eccedenza di agenti di dispersione, trasudamento di lubrificante, e, infine, una dispersione variabile di indurente. Fatta eccezione per l’ultimo caso citato, che è irrisolvibile, può essere applicato un trattamento simile a quello dell’idrolisi dei leganti: elevate temperature12 associate ad una pulizia meccanica. Questo consentirà di produrre nastri riproducibili per una durata tale da consentire il trasferimento delle informazioni in essi contenute.


11. Schüller 2014.

12. Le temperature impiegate in tali processi variano tra i 60°C (solo per l’audio) e i 40°C. Dato che le elevate temperature possono distorcere i nastri meccanicamente, problema particolarmente serio per i nastri video, e possono avere anche una influenza negativa sulla vita futura
del nastro, attualmente si suggerisce di utilizzare le più basse temperature possibili, che siano tuttavia ancora efficaci.

2.2.1.1.3 Processo produttivo e integrità individuale di un dato nastro come fattori di stabilità

Mentre la composizione chimica costituisce una base indispensabile, il processo produttivo è considerato di importanza ancora maggiore per la stabilità del nastro: la velocità del rivestimento, la giusta dispersione dei componenti, temperatura e pressione delle calandre sono solo alcuni dei fattori che determinano la stabilità degli strati pigmentosi. Questo può portare ad una differente prestazione tra lotti dello stesso tipo di nastro, talvolta anche tra nastri appartenenti allo stesso lotto. Inoltre, l’integrità fisica della superficie del nastro gioca un ruolo importante. Apparati di riproduzione mal revisionati possono graffiare la superficie del nastro e creare accessi per agenti destabilizzanti, come l’umidità.

Le analisi chimiche risultano, quindi, di scarso valore per valutare la qualità e predire l’aspettativa di vita futura dei nastri. Inoltre: dato che la composizione e produzione dei nastri variano significativamente, i risultati della ricerca e le raccomandazioni valide per un tipo di nastro, o anche solo per un particolare lotto di nastri, non possono essere estesi anche ad altri tipi, per non parlare di tutti i nastri. In questo senso, considerare genericamente valide affermazioni e/o raccomandazioni prese da pubblicazioni basate su un campione di nastri in numero limitato e spesso non ben identificato, è altamente sconsigliabile (Schüller 2014).


Figura 13: Perdita di pigmento: deterioramento chimico o produzione mediocre.

 


Figura 14: Raro caso di perdita totale di pigmento. In questo caso si tratta generalmente di un problema di produzione

2.2.1.1.4 Deterioramento da riproduzione

A differenza dei supporti meccanici, i nastri magnetici moderni e ben conservati possono essere riprodotti centinaia di volte senza perdita di qualità quantificabile. Una condizione di base è la buona manutenzione dell’apparecchiatura di riproduzione di più recente generazione, che consente una accurata gestione dei supporti. Le macchine più datate o mal revisionate possono danneggiare gravemente, se non distruggere, un nastro in fase di riproduzione.

2.2.1.1.4.1  Allineamento e manutenzione dell’apparecchiatura (solo per la riproduzione). I lettori di nastri magnetici necessitano di un accurato allineamento dei seguenti parametri:

  • Posizione verticale, azimut, e angolo di avvolgimento della testina di riproduzione (tutte le volte che gli aggiustamenti della testina sono modificati per compensare gli errori di allineamento della testina di registrazione, è imperativo che la testina sia riallineata al suo corretto settaggio immediatamente dopo che la riproduzione è stata completata);
  • Posizione verticale delle guide del nastro, per assicurare un trasporto orizzontale del nastro ed evitare posizioni asimmetriche nelle bobine sui nuclei aperti;
  • Calibratura della tensione del nastro nella modalità di riproduzione e avvolgimento, soprattutto se devono essere riprodotti nastri in acetato di cellulosa sottili (non professionali) o fragili;
  • Calibratura degli amplificatori di riproduzione tenendo conto dello standard di velocità e di equalizzazione (la calibrazione è testina-dipendente, per cui cambiare il blocco della testina per i differenti formati di traccia richiederà la ricalibratura degli amplificatori di riproduzione, o amplificatori che possano adattarsi a differenti pre-settaggi).

La manutenzione comprende:

  • La pulizia delle testine e del percorso del nastro (la frequenza della pulizia dipende dalla abrasività dei nastri in uso. Tutte le superfici del percorso del nastro devono essere mantenute in condizioni perfette per evitare l’abrasione della superficie del nastro (2.2.1.1.3) così come per evitare irregolari fluttuazioni di velocità e per garantire un contatto morbido tra la testina e il nastro);
  • Frequente (giornaliera) smagnetizzazione delle testine e delle guide del nastro (3.7.2.1.1);
  • Controllo completo dell’allineamento e ricalibratura ogni 50-100 ore del tempo di riproduzione (non di scorrimento).

Il mantenimento di diari per ciascuna apparecchiatura e una accurata documentazione di tutto il lavoro di allineamento e manutenzione sono imperativi (IASA-TC04, 5.4.).

2.2.1.1.5 Strategia di accesso alle collezioni di nastri magnetici

Benché, contrariamente ai supporti meccanici, i nastri magnetici possono essere riprodotti numerose volte senza alcun significativo deterioramento della registrazione, purché venga utilizzato un equipaggiamento moderno e ben manutenuto, esiste statisticamente un rischio di danneggiamento dei nastri dovuto ad un imprevisto malfunzionamento degli apparecchi di riproduzione. In particolar modo, i sottili nastri su bobine aperte e tutti i formati di cassetta (LP, DP e TP) sono oggetto di questi rari ed imprevedibili eventi dannosi. Nell’era analogica, questo ha portato ad una strategia di copiatura dei nastri originali vulnerabili su nastri più solidi da studio e a produrre copie per l’ascolto delle registrazioni maggiormente richieste. Che siano stati allestiti archivi digitali o no, questa strategia è ancora valida nell’era digitale, dato che anche le prime registrazioni audio e video digitali sono estremamente vulnerabili. CD e DVD hanno dimostrato di essere i supporti ideali per le copie di consultazione (ma non per i master o per le copie destinate alla conservazione). Come per le collezioni di supporti meccanici, una richiesta di accesso al materiale può rappresentare un incentivo ad accelerarne il processo di digitalizzazione.

2.2.2 Dischi rigidi (Hard Disk drives – HDD)

I dischi rigidi (generalmente chiamati hard disk drives o HDDs) sono stati sviluppati a partire dalla metà degli anni ’50 come strumenti di archiviazione informatica. Il prototipo dell’odierno disco rigido fu il “Winchester” sviluppato nel 1973. Dalla metà degli anni ’80, lo sviluppo tecnologico ha portato ad un progressivo miglioramento dell’efficienza con una diminuzione dei costi, ciò che ha reso l’HDD il principale spazio di archiviazione, sia per i computer ad uso privato che per i sistemi di archiviazione di massa. Questo sviluppo ha portato anche ad un calo nell’utilizzo dei dischi ottici registrabili come dispositivi di archiviazione dopo la grande popolarità che questi stessi dischi hanno avuto tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000.

2.2.2.1 Principi di registrazione e componenti. Il disco rigido consiste di uno o più piatti o dischi rotanti, di solito in alluminio, vetro o ceramica, ricoperti di un sottile (10-20 nm) strato ferromagnetico,  montati su un perno. Quando vengono utilizzati, gli attuali dischi girano ad una velocità che va tra i 4,200 e i 15,000 1/min. Una testina magnetica ( di solito una, talvolta numerose ) per ciascun piatto, scrive e legge le informazioni dello strato magnetico.

La testina viene montata su un braccio motorizzato, che consente un facile accesso ad ogni parte del disco. Per consentire la maggiore prossimità al disco possibile, ed evitare il danneggiamento dello strato magnetico, la testina magnetica è stata progettata con una forma aerodinamica che le consenta di muoversi su di un cuscino pneumatico che la mantiene in aria (o in altri gas) lontana dalla superficie. La testina “vola” ad una distanza di frazioni di nanometro (poche molecole di gas di profondità) dalla superficie del disco in modo da assicurare la lettura di segnali con lunghezza d’onda corta. Questa distanza è importante per evitare pericolosi incidenti causati dall’impatto della testina sulla superficie del disco. Gli HDD, quindi, non devono essere esposti a shock meccanici durante le operazioni.

Fino a tempi recenti, la registrazione longitudinale, comparabile con la registrazione su nastri magnetici convenzionali, era lo standard. Dal 2005, è stata introdotta la registrazione perpendicolare che consente una densità di dati tre volte superiore o più rispetto alla registrazione longitudinale convenzionale.

I piatti in origine ruotavano in aria, ma nei dischi moderni sono anche inseriti in una atmosfera di elio. Il disco è sigillato, in modo da proteggerlo dall’intrusione di particelle di polvere. Anche la temperatura costituisce un fattore critico: i produttori stimano in 40-55°C la massima temperatura perché il disco possa operare in sicurezza.

2.2.2.2 Dimensioni del disco. Oggi, le dimensioni più diffuse del disco rigido sono 3.5 e 2.5 pollici. I dischi più piccoli, sviluppati per computer portatili ultraleggeri, stanno scomparendo, pur non essendo ancora obsoleti, e sono stati sostituiti da dischi a stato solido (SSD).

2.2.2.3 Aspettativa di vita. L’aspettativa di vita (LE Life Expectancy) dei dischi rigidi è spesso indicata come “Mean Time Between (to) Failure” (MTBF o MTTF) (Tempo medio fra i guasti) che per i prodotti più recenti è stimata essere tra 1 e 1.5 milioni di ore. Comunque, tali cifre sono estrapolate da test di laboratorio e nulla dicono sulla reale aspettativa di vita di un dato supporto. Un sistema più realistico di misurazione del grado di deperimento di un disco è l’AFR o Tasso di Fallimento Annualizzato, che determina la probabilità del deperimento stesso, espressa come percentuale dei dischi risultati guasti o difettosi considerati tra un largo numero di unità e messi in relazione alla loro vita media. I valori standard rilevati risultano inferiori al 10% per i primi cinque anni. Tuttavia, nessuno di questi valori consente una significativa previsione della attuale aspettativa di vita di un dato disco singolo. Gli avvisi di pre-guasto segnalati con la tecnica SMART sono, però, fortemente indicativi di possibili guasti futuri se adeguatamente monitorati.

Un fattore chiave è dato dall’effettiva vita commerciale di un disco rigido residente in ambiente server, più precisamente dal suo stato di efficienza inteso in termini economici. Normalmente, i dischi rigidi vengono utilizzati per un periodo di tempo che va dai tre ai sette anni.

I dibattiti sullo stoccaggio degli HDD per periodi più lunghi (diversi decenni) non hanno portato a nessun risultato conclusivo.

Per sintetizzare, un singolo disco rigido è un supporto dati per sua natura inaffidabile. Conservare (o archiviare) più copie di ciascun file in un sistema di archiviazione di massa ben gestito, costituito da numerosi dischi rigidi con protocolli di autocontrollo e autoriparazione, rappresenta un metodo di archiviazione a lungo termine efficiente e sicuro (IASA-TC0 4.6.3.14-21)

2.2.3 Supporti magneto-ottici (MODs)

Mentre le informazioni vengono archiviate magneticamente, la registrazione ed il processo di lettura sono ottici. Data la loro architettura molto simile a quella dei dischi ottici, i MODs vengono approfonditi nel paragrafo 2.3.1.4.

2.3 Supporti ottici

I supporti ottici rappresentano la prima formulazione dei supporti audiovisivi. Sono stati utilizzati per la rappresentazione delle immagini analogiche per più di 170 anni. Per l’archiviazione dei segnali audio e video, però, si annoverano tra i gruppi di supporti più recenti. Nonostante siano stati sviluppati formati in nastro ottico, questi non hanno mai avuto presa sul mercato. Questa è la ragione per cui i supporti ottici audio e video si limitano ai formati su disco 13.


13. Scrittura di disc vs. disk; questa pubblicazione segue l’ortografia dello IASA-TC 04, seconda edizione: dove tutti i dischi analogici ed ottici vengono trascritto come discs; i dischi magnetici invece come disk.

2.3.1 Il principio di registrazione

2.3.1 Il principio di registrazione. In questo caso non funziona come per i supporti fotografici, che lavorano mediante l’assorbimento di una certa quantità di luce. I dischi ottici si basano sulla creazione di tracce di dimensioni microscopiche che cambiano il riflesso di un raggio laser, permettendo in questa maniera il recupero del segnale registrato.

L’antenato dei dischi ottici è stato il Laser Vision Disc, che venne sviluppato per segnali video analogici verso la fine degli anni ’70. I parametri tecnologici e di formato, ma non la dimensione, furono soppiantati dal Compact Disc che fu immesso sul mercato nel 1982 per la distribuzione di massa di audio in formato digitale (CD-A, definito come Red book standard). Si scoprì presto che, oltre all’audio, i CD potevano essere un mezzo ideale per la diffusione dei dati in generale, come i testi, la grafica e i film, ciò che diede vita nel 1985 al CD di dati i (CD-ROM14, Yellow book standard). Nel 1987 seguì il CD interattivo (CD-I, Green book). Dal 1991 vennero sviluppati i CD registrabili (CD-Rs, Orange book standard) e quelli riscrivibili (CD-RW, sempre Orange book standard). Infine, nel 1993 fu definito un CD video standard (CD-V o VCD, White book standard), che ha avuto molto successo nell’Asia orientale.

Allo scopo di accrescere la capacità dei dischi ottici, soprattutto per renderli adatti all’archiviazione dei film, nel 1995 fu introdotto il DVD (Digital Versatile o Video Disc), utilizzando gli stessi principi di registrazione validi per i CD. Riducendo la lunghezza d’onda del laser e di conseguenza la dimensione della traccia, la capacità di archiviazione fu incrementata di un fattore di 7 per ogni strato del DVD. Dal 2005/2006, la capacità di archiviazione fu accresciuta ulteriormente per consentire ai dischi ottici di archiviare i segnali HDTV. Dei due formati in competizione, l’HD DVD e il disco Blu-ray (BD), il Blu-ray alla fine ebbe la meglio, mentre l’HD DVD venne sospeso. Il Blu-ray utilizza laser ad onda corta (“blu-violet-laser”), il che consente un miglioramento nella riduzione della rappresentazione del segnale e quindi un incremento della densità dei dati.

Infine, in questo contesto dovrebbero essere menzionati i dischi magneto-ottici (MOD). Utilizzati inizialmente in informatica per archiviare dati, hanno man mano perso la loro importanza in seguito al forte accrescimento della capacità di archiviazione dei dischi rigidi (HDD) ad un prezzo sempre inferiore. Nel mercato del consumo, comunque, hanno ottenuto la loro popolarità nella forma dei MiniDisc (MD) riscrivibili.

2.3.1.1 CD, DVD e BD (-ROM) replicati industrialmente. Questi dischi sono costituiti da un corpo trasparente in policarbonato, spesso 1.2 mm, replicati mediante stampaggio ad iniezione, utilizzando uno “Stamper” in metallo negativo. La superficie superiore del disco ha una traccia a spirale fatta di “pits” (i fori che costituiscono le zone stampate) e “lands” (gli spazi fra i fori che costituiscono le zone non stampate) di diverse lunghezze. La superficie “forata” è ricoperta da uno strato di alluminio riflettente, a sua volta ricoperto da una lacca protettiva. Questa superficie presenta anche l’etichetta che reca le informazioni sui contenuti. Un laser legge le informazioni contenute sulla superficie metallica: si concentra in modo tale da colpire le zone stampate e le zone non stampate che formano la traccia. La profondità dei fori è pari a ¼ della lunghezza d’onda del laser, ciò impone una modifica del riflesso del raggio laser mentre passa tra le zone stampate e quelle non stampate. I cambiamenti si rappresentano con l’1 mentre nessun cambiamento si rappresenta con lo 0.


Figura 15: La partizione di un CD-ROM; numeri in mm.


Figura 16: Struttura stratificata e principio di lettura di un CD-ROM.

I DVD hanno tracce più strette e lunghezze di pit/land ridotte rispetto ai CD: utilizzano un laser con una minore lunghezza d’onda. Lo strato base del disco è spesso 0.6 mm. Con i DVD a lato singolo, un secondo strato di carbonato vuoto è incollato allo strato che trasporta le informazioni. Con i dischi a lato doppio, è presente un ulteriore strato che contiene le informazioni. Inoltre, è possibile aggiungere un livello aggiuntivo semi-trasparente (doppio strato) ad ogni lato del disco. Questo consente di avere due strati leggibili per ogni lato, quadruplicando quasi la capacità di archiviazione.


Figura 17: Strutture stratificate dei DVD.

I dischi Blu-ray (BD) replicati industrialmente consistono di due corpi laminati in policarbonato di differente spessore. Il più in basso e sottile porta la traccia pit-land sulla propria superficie superiore ricoperta da uno strato riflettente. La traccia è più stretta di quelle dei DVD o dei CD. Il corpo superiore, più spesso in policarbonato, presenta l’etichetta sulla superficie. A differenza dei DVD, non esistono dischi a doppio lato, ma sono disponibili i BD a doppio strato.


Figura 18: Struttura stratificata di un disco Blu-ray.


Figura 19: Punti di messa a fuoco di CD, DVD e BD.

2.3.1.2 Dischi ottici registrabili (“Dye Discs”, CD-Rs, DVD-Rs, BD-Rs). Lo strato che contiene le  informazioni consiste in un solco sulla superficie superiore del corpo in policarbonato contenente uno strato di colorante organico. La registrazione avviene mediante l’utilizzo di un laser con una capacità energetica decisamente maggiore rispetto a quella del laser di lettura, che scalda (“brucia”) il pigmento. Mediante questo processo, viene creata una sequenza di punti bruciati e non. Il passaggio tra le aree bruciate e non, viene riconosciuto dal laser di lettura proprio come avviene per il riconoscimento dei pits e lands dei dischi ROM replicati. Gli strati riflettenti sono in oro, argento, o in lega d’argento.


Figura 20: Stampaggio ad iniezione di pits e lands (a sinistra) contro i loro equivalenti bruciati (al centro e a destra) nei CD-Rs (Jean-Marc Fontaine).

2.3.1.3 Dischi ottici riscrivibili (CD-RW, DVD-RW, BD-RW). Lo strato delle informazioni è composto da una lega di metallo a cambiamento di fase. La registrazione avviene mediante un lettore laser che surriscaldando lo strato in lega di metallo in un punto preciso, lo induce ad un cambiamento di fase che passa da cristallina ad amorfa e viceversa, controllato dall’elevata temperatura del laser di scrittura. Gli strati dielettrici su entrambi i lati della superficie in lega di metallo causano un rapido raffreddamento; i punti riscaldati mantengono il cambiamento di fase dopo il raffreddamento. I punti dello strato amorfi riflettono la luce del laser di lettura con una intensità inferiore rispetto alle aree cristalline consentendo il riconoscimento del passaggio tra i due stati. I dati possono essere cancellati e riscritti per un numero limitato di volte (fino a 1000 volte).

2.3.1.4 Dischi magneto-ottici (MOD o Magneto-optical disc). Lo strato di informazioni è magnetico mentre i processi di registrazione e di lettura sono ottici. La registrazione si ottiene mediante il riscaldamento dello strato magnetico di informazioni con un raggio laser oltre il suo punto di Curie (3.2.1.5), che consente un ri-orientamento magnetico applicando un campo magnetico molto basso. Il processo di riproduzione utilizza l’effetto Kerr (vedi anche 2.2.1), mediante il quale l’orientamento magnetico dello strato di informazioni produce differenti angoli di riflesso del laser di lettura. In realtà i supporti magnetici, per la gestione e l’archiviazione dei dischi magneto-ottici, vengono raggruppati assieme ai dischi ottici veri e propri, data la loro struttura molto simile.

I dischi magneto-ottici (più comunemente chiamati dischi) venivano utilizzati in ambito professionale per il back-up e il trasferimento dei dati negli anni ’90.

Ne esistevano di differenti dimensioni (90 e 130 mm) e di diverse capacità di archiviazione, ed erano contenuti in una cassetta in modo da proteggerli da danneggiamenti meccanici e/o da agenti esterni. Con lo sviluppo dei dischi rigidi (HDD, 2.2.2) e l’accrescimento delle loro capacità di archiviazione ad un prezzo sempre inferiore, i dischi magneto-ottici hanno perso man mano la loro importanza.

2.3.1.5 MiniDisc (MD). Il MiniDisc fu introdotto nel 1992 come sostituto della cassetta analogica. Ebbe una grande popolarità per oltre un decennio, per poi scomparire negli anni 2000. Fu prodotto in due versioni: come disco magneto-ottico (2.3.1.4) per la registrazione, e come disco replicato per contenuti pre-registrati, tecnicamente simile ad un CD-ROM. I MiniDisc misurano 2.5 pollici (64 mm) di diametro e sono conservati in una cassetta, cosa che li rende relativamente resistenti ai danneggiamenti meccanici e agli agenti esterni. Per la loro riproduzione, vedi IASA-TC 04, 5.6.10.


14. Per la terminologia della classificazione dei dischi ottici, questa pubblicazione segue i recenti sviluppi: in origine i CD non destinati all’audio vennero chiamati CD-ROM (ROM= Read Only Memory). Con l’avvento dei CD registrabili e riscrivibili, questa terminologia divenne incompatibile. In recenti pubblicazioni i dischi ottici vengono suddivisi in –ROM (duplicato), -R (registrabili) e –RW o –RAM (riscrivibili). Tutte e tre le tipologie possono contenere audio, video o general data.

2.3.2 I componenti dei dischi ottici e la loro stabilità

Il policarbonato utilizzato per i corpi dei dischi ottici è un polimero trasparente con un basso fattore di espansione termica. È resistente alla deformazione da calore e resiste fino a 130°C di temperatura. I primi dischi, specialmente i dischi LV, sono qualche volta soggetti a screpolature, ciò rende il polimero opaco ed illeggibile. Per l’esperienza accumulata fin dalla nascita dei CD nel 1982, si può prevedere che i moderni dischi in policarbonato potranno godere di una buona stabilità per molti decenni.

A parte l’oro, tutti i metalli utilizzati per gli strati riflettenti, sono soggetti all’ossidazione. Questa è la ragione per cui lo strato di lacca protettiva dei CD gioca un ruolo importante. Deve essere resistente all’infiltrazione di umidità, una funzione che spesso non fu assolta perfettamente nei primi CD. Gli strati riflettenti ossidati, particolarmente quelli in alluminio, resero i dischi ottici illeggibili.

Non si conosce quale sia la stabilità della sostanza adesiva che tiene unite le due parti in policarbonato dei DVD e dei BD.

La stabilità dello strato colorante utilizzato nei CD, DVD e BD registrabili costituisce un dato estremamente incerto. Esistono tre differenti tipi di pigmenti che vengono utilizzati: cianina, ftalocianina e azo. Tutte le tinte sono sensibili alla luce, soprattutto ai raggi uv: un’esposizione di un disco registrabile alla luce del giorno può renderlo illeggibile in un paio di settimane. Altro fattore di incertezza è il calo della quantità di tinta utilizzata per i dischi creati per girare ad alte velocità di registrazione.

L’aspettativa di vita delle tinte è di solito stimata essere tra 5 e 100 anni, informazione che può risultare abbastanza utile. La stabilità degli strati semi trasparenti di DVD-Rs e BD è sconosciuta. Infine, la stabilità dei dischi riscrivibili è anch’essa sconosciuta, e la loro potenziale aspettativa di vita se comparata ai dye discs non è chiara.

2.3.3 Deterioramento da riproduzione

Per i dischi ottici non esiste un (misurabile) deterioramento dovuto alla riproduzione.

2.3.4 Allineamento e manutenzione delle apparecchiature

I lettori di dischi ottici sono prodotti in serie e non sono aggiustabili (prodotti usa e getta), ciò rappresenta parte del problema spiegato di seguito (2.3.5). La manutenzione si limita ad una occasionale pulizia delle lenti con l’aiuto di un disco di pulizia, e del vassoio di caricamento.

2.3.5 La qualità di registrazione come fattore costitutivo dell’aspettativa di vita dei dischi ottici registrabili

I dischi ottici registrabili (CD-Rs, DVD-Rs, BD-Rs) sono diventati molto popolari come mezzi per la registrazione di audio, video e dati. Così come per molti altri supporti digitali, la loro affidabilità dipende da un sofisticato sistema di correzione d’errore che permette la completa ricostruzione dell’informazione anche quando piccole parti del supporto sono diventate illeggibili per danni o deterioramento causati dall’invecchiamento. La capacità di correzione è limitata, quindi la qualità della registrazione diventa un importante fattore che condiziona l’aspettativa di vita. Una registrazione perfetta, sostanzialmente priva di errori permette una maggiore capacità di correzione per compensare gli effetti della gestione del supporto e del suo invecchiamento, aumentando così l’aspettativa di vita.

Se però i dischi ottici iniziano la loro vita con un tasso di errore molto alto, rimane una esigua capacità di correzione degli eventuali nuovi errori. La vita di questi dischi sarà più breve. Di conseguenza, IASA ha definito una serie di raccomandazioni per una soglia massima di accettazione degli errori per i dischi ottici, allo scopo di rendere massima la loro aspettativa di vita, qualunque essa possa essere (IASA-TC04, 8.1.9).

Un grave problema nella masterizzazione dei dischi ottici registrabili è l’interazione tra i dischi vergini e i masterizzatori. Non è stato definito alcuno standard, e i processi di aggiustamento automatico non sempre funzionano correttamente. Alcuni test hanno dimostrato che una scelta casuale di combinazioni tra dischi vergini e masterizzatori produce il 50% di risultati accettabili e il restante 50% di risultati sfavorevoli. Di conseguenza, per masterizzare in modo affidabile i dischi ottici registrabili sarebbero necessari ulteriori test sulle varie combinazioni possibili, controlli di ogni singolo disco prodotto e successivi controlli periodici ad intervalli regolari. Essendo i test molto dispendiosi sotto il profilo delle risorse umane ed economiche, per un uso professionale nell’archiviazione di dati vengono utilizzati sistemi di stoccaggio molto più affidabili ed economici dei dischi ottici registrabili15.


15. J.M.Fontaine, 2000.

2.3.6 Formati e dimensioni

I dischi Laser Vision analogici vennero prodotti nelle dimensioni di 300 e 200 mm, principalmente a lato doppio, in effetti due dischi incollati insieme back-to-back. Per la famiglia dei dischi digitali, i diametri sono di 120 mm per tutti i tipi di dischi tranne che per alcuni CD e BD che sono invece disponibili con un diametro di 80 mm. 

2.4 Supporti allo stato solido

Le memorie allo stato solido (solid state) sono dispositivi di archiviazione a circuito elettronico senza parti mobili. Questi supporti sono stati sviluppati dagli anni ’50 utilizzando varie tecnologie. Di particolare interesse nel contesto di questa pubblicazione sono le cosiddette flash-card, sviluppate sin dagli anni ’90. Come supporti di dati rimovibili esistono in vari formati (SD e molti altri), come le cosiddette chiavette USB. Con una accresciuta capacità di archiviazione e un importante calo del prezzo, sono diventati popolari come dispositivi rimovibili e, più recentemente, come sostituti degli HDD nei notebook portatili.

2.4.1 Principio di registrazione e stabilità. Le memorie flash appartengono al gruppo delle memorie allo stato solido non volatili cioè che conservano le loro informazioni senza bisogno di alimentazione. Le cellule di memoria sono costituite da transistor capaci di conservare le informazioni per molti anni. Mentre la capacità di lettura risulta generalmente illimitata, è stato calcolato che in scrittura/cancellazione possano arrivare a compiere da un minimo di diverse migliaia fino ad un milione di cicli. Data la loro relativa resistenza agli shock meccanici e ad una vasta gamma di temperature, in origine vennero impiegate in ambito militare.

Riguardo alla loro aspettativa di vita, non esistono ancora stime realistiche. Si tratta di un dato però di scarso interesse fintanto che i prezzi saranno significativamente più alti di quelli degli HDD. Questo li rende ancora poco interessanti per una archiviazione a lungo termine. Nonostante, generalmente, le memorie flash abbiano dimostrato la loro solidità per l’archiviazione a breve termine, soprattutto per conservare registrazioni anche in condizioni avverse, è imperativo non affidarsi ad un unico supporto ed è necessario alla prima opportunità copiare i contenuti su un'altra piattaforma di archiviazione in attesa di poter attuarne il trasferimento su un sistema di archiviazione digitale sicuro.